Sesso e prostituzione, tutte le differenze tra uomini e donne
Ci sono paesi in cui le donne rappresentano un livello sociale molto più basso di quello degli uomini. Donne alla continua ricerca di emancipazione e libertà

Sesso, sessualità, pexels, yankrukov
Avevo 16 anni, era il 1986, e abitavo con i miei nonni paterni già da quando di anni ne avevo cinque, da quando in sostanza i miei genitori avevano deciso di separarsi. Un giorno tornai a casa con la mia fidanzatina del momento. Aveva bisogno della toilette così chiesi il permesso a mia nonna la quale, vedendola, esclamò scandalizzata in arabo (nonna era libanese) “Ma è più grande di te!”.
La ragazza in effetti era già maggiorenne e mentre era in bagno, mia nonna continuò i propri commenti, questa volta in italiano. Con tono indignato e contrariato mi disse: “Sei un puttano come tuo padre! “. Già, perché mio padre aveva sposato mia madre che aveva nove anni più di lui. In più, bello come il sole, di spasimanti ne aveva avute davvero tante.
E tutto questo, agli occhi di una donna già anziana, estremamente religiosa (Cristiana maronita) e devotissima a Dio, Gesù, Sant’Antonio e tutti i Santi rappresentava un comportamento inappropriato e disdicevole al punto da meritare, mio padre e me, l’appellativo di puttani.
La cosa mi fece molto ridere perché nonna parlava meglio l’arabo dell’italiano e istintivamente aveva tradotto al maschile il termine sharmuta (puttana), che in lingua araba si declina esclusivamente al femminile.
In realtà, se ci riflettete, non usiamo termini come prostituta, puttana, troia o mignotta, declinandoli al maschile. Probabilmente perché da un lato viviamo ancora in un mondo maschiocentrico, dall’alto la prostituzione è il mestiere più antico del mondo ed è stato praticamente sempre esercitato dalle donne. Poi per carità, esistono anche i gigolò.
Ma già nel termine di origine francese si ha quasi la sensazione di una certa eleganza, quasi un’accezione romantica e professionalmente degna di rispetto. Per indicare un uomo che offre ad una donna dei servizi sessuali in cambio di denaro, fino ad alcuni decenni fa si tendeva, in Italia, tuttalpiù ad usare il termine “mantenuto”. Quasi a sottolinearne uno status di bisognoso, di povero indigente.
A volte certi uomini si sentono benevoli e generosi e usano termini quali escort, hostess, accompagnatrici, ma solo in circostanze in cui è doveroso utilizzare un linguaggio appropriato o per reverenza nei confronti di certi clienti importanti o comunque quando fa loro comodo. Così le ragazze che si diceva frequentassero la villa di Silvio Berlusconi erano definite “vallette”, a volte “escort”, quasi a sottolinearne il ruolo di vittime dell’orco Berlusca, mentre il Cavaliere era apostrofato con termini meno indulgenti tra i quali “porco” o “puttaniere”, appunto.
Se ci pensate bene, quando un uomo e una donna si lasciano, soprattutto quando questo accade in maniera estremamente negativa, traumatica, sofferta, difficilmente sentirete dire da parte della donna nei confronti dell’ex “quel puttano” o “quello zoccolo”. Casomai “puttaniere”. Quindi alla fine si ritorna sempre a una terminologia negativa riferita al femminile. Così accade appunto che da parte dell’uomo la propria ex, magari rea di averlo preferito ad un altro, viene apostrofata con termini quali troia, puttana, zoccola, o quant’altro di più sessualmente volgare e negativo nell’accezione.
Questa demonizzazione del sesso è sempre e solo a senso unico, nei confronti delle donne. Pensateci bene e immaginate la seguente scena: un uomo è alla guida della propria automobile e un’automobilista donna gli taglia la strada o non rispetta uno stop. Nella maggior parte dei casi l’epiteto da parte dell’uomo sarà legato alla sfera sessuale o riferito alla prostituzione. Al contrario, quando è un’automobilista donna ad essere vittima di un comportamento imprudente o prepotente da parte di un guidatore maschio, questi sarà bersaglio di insulti abbastanza comuni beccandosi magari del deficiente o dello stronzo.
Tra molte disparità in termini di diritti, alcune donne godono tuttavia di un potentissimo vantaggio: la bellezza.
Ancora oggi, nel 2025, anche nel mondo occidentale, presunto emblema della civiltà e della democrazia, la donna, rispetto all’uomo, non gode in egual misura di determinati diritti in ambito sociale, sul piano del divario retributivo, nella minore possibilità di trovare un impiego e alla conseguente disparità pensionistica.
E questo stride come unghie sulla lavagna.
Per non parlare poi di certi paesi nei quali per cultura e religione le donne sono decisamente considerate inferiori al maschio.
Tuttavia il gentil sesso gode rispetto agli uomini di un vantaggio straordinario e potentissimo, di cui si parla sempre molto poco perché sulla bilancia dei diritti l’argomento ha poco peso rispetto alle disparità che fanno scendere il piatto verso il basso.
Mi riferisco al fatto che molte donne assurgono ad una vita agiata e privilegiata, diventano quindi ricche e potenti solo perché la natura ha riservato loro un corpo e un viso meravigliosi. Quante volte avrete visto donne dalla bellezza travolgente sposate a uomini non belli ma ricchi, potenti o famosi? Donne che magari non brillano sul piano culturale, professionale, che non vantano insomma particolari doti o talenti a parte l’avvenenza e la giovane età, la cui unica qualità è una bellezza di fronte alla quale questi uomini non hanno saputo resistere e che loro, magari, hanno usato come unica arma di seduzione.
Quante attrici sono diventate famose solo perché belle ma in realtà dotate di scarso talento? Le donne poco attraenti fanno più fatica ad imporsi nella società e questo è un fatto. E anche questo è tremendamente ingiusto.
Non bisogna però cadere nella trappola della donna intesa solo e sempre come anello debole e vedere sessismo e patriarcato ovunque e a tutti costi.
Perché dire al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che è una “bella e giovane donna” non significa sminuirne le capacità professionali e non si può accusare automaticamente di sessismo l’autore del complimento. Anche perché se si utilizzasse lo stesso metro di valutazione, sarebbero ree di atteggiamento sessista tutte le donne che considerano il Presidente del movimento 5 Stelle, Antonio Conte, “un bell’uomo che veste bene” e magari anche per questa ragione gli destinano il proprio voto alle urne.
La verità è che poiché il sesso è demonizzato da quando esistono le grandi religioni monoteiste, la società, anche quella laica, ne ha assorbito l’accezione più negativa al punto che ci sono addirittura termini e modi di dire riferiti al sesso che se analizzati di senso ne hanno ben poco: cagare il ca**o, rompere il ca**o , dire o fare una ca**ata oppure fregnaccia, minchiata.
Per non parlare poi di tutti quegli insulti che ruotano attorno agli organi sessuali maschili e femminili di cui si potrebbe riempire un dizionario fino agli improperi di natura “puttanesca” rivolte alla Eva biblica o alla Madonna.
E se gli organi sessuali non fossero considerati qualcosa di scabroso e peccaminoso ma al pari di mani e piedi?
Mi sono sempre chiesto perché debba essere considerato da molti disdicevole il fatto che una donna decida di prostituirsi. In fin dei conti si tratta di offrire piacere fisico dietro compreso. Se ci pensate, la professione del massaggiatore non è poi così diversa. Questi utilizza le proprie mani, a volte anche i gomiti o le ginocchia, sul corpo di un cliente allo scopo di procurargli piacere che può essere tradotto in rilassante, rassodante, decontratturante.
E per questo, riceve un compenso in denaro. In sostanza si può manipolare e massaggiare qualunque parte del corpo tranne il pene o la vagina. Se lo si fa, diventa prostituzione.
Chi si prostituisce che cosa fa? dà piacere attraverso il proprio corpo intervenendo al contrario soprattutto sull’organo genitale. Vedete, il pene rappresenta mediamente il 3% del volume del corpo di un uomo. Questo significa che la differenza tra una prostituta e una massaggiatrice sta in quel 3% di corpo sul quale il professionista si concentra oppure evita.
La maggior parte degli uomini poi, utilizzano termini ben precisi e distinti, in base alle circostanze, per indicare una donna che usa il sesso per ottenere dei benefici.
Caso A: prostituzione intesa come attività lavorativa che prevede la chiara offerta di servizi sessuali in cambio di denaro.
Caso B: il comportamento che invece una donna adotta allo scopo di ottenere vantaggi sotto varie forme in cambio del proprio corpo, ma in maniera subdola, truffaldina e ingannevole. In malafede.
Nel caso A gli uomini utilizzano il termine prostituta o il più popolare “puttana”, meno elegante ma non per questo con accezione negativa. Nel caso B tutta una serie di fantasiosi e meno gentili epiteti che vanno da troia, zoccola, mignotta, baldracca, cagna.
Proviamo a spiegare meglio questo concetto.
Da un lato c’è la donna che si prostituisce per strada, nel proprio appartamento oppure, come avviene in molti paesi, svolge la professione in strutture riconosciute dallo Stato, viene considerata semplicemente una prostituta, una professionista del sesso.
Un mestiere onesto, in fondo, al punto che giuridicamente in Italia non viene considerato reato: una donna che decide di offrire piacere sessuale in cambio di denaro e lo fa in un contesto di libera scelta e non di coercizione, maggiorenne e senza alcun tipo di sfruttamento, non commette un crimine. Non può essere perseguita dalla legge. In fondo è anche giusto.
Dall’altro ci sono quelle che lo fanno in maniera subdola, fingendosi magari innamorate. Per la verità ci sono anche uomini che coltivano relazioni con donne delle quali non sono innamorati e spesso tanto meno attratti, il tutto al solo scopo di ottenere dei vantaggi economici, sociali, professionali. Ma è più complicato. Nel senso che un uomo, a meno che non faccia ricorso ad aiuti di natura chimica (Viagra, Cialis) difficilmente è protagonista di un’erezione naturale di fronte a una donna che fisicamente lo attira per nulla.
Al contrario una donna può “ricevere” un uomo “tappandosi il naso e chiudendo gli occhi”, anche se questi non è di suo gradimento. Badate bene, è una constatazione puramente biomeccanica.
Ci sono paesi in cui le donne rappresentano un livello sociale molto più basso di quello degli uomini. Queste donne sono alla continua ricerca di emancipazione e libertà e spesso vedono nel matrimonio con uno straniero una via di fuga, una speranza, un sogno di una vita migliore. Non è raro incontrare in questi paesi coppie miste in cui l’uomo straniero può avere anche fino a 50 anni in più rispetto alla propria moglie. Uomini di 70 anni che sposano ragazze ventenni.
Nella nostra cultura potrebbe apparire disdicevole, quasi immorale mentre in altre, come quella arabo musulmana, la differenza d’età non è molto importante. Perché lo scopo del matrimonio è quello di mettere al mondo dei figli ed un uomo, anche in tarda età, è in grado di fecondare una donna, mentre una donna è fertile tanto più è giovane.
Il problema è che quasi sempre questi uomini anziani sposano, pensando di essere ricambiati sentimentalmente, queste giovani bellissime e sensuali che hanno per cultura un atteggiamento di devozione e reverenza nei confronti del proprio uomo. Per lui cucinano, lavano, gli tolgono le scarpe, gli massaggiano i piedi e gli infilano le pantofole.
Per noi italiani sono il lontano ricordo di un tipo di donna che non esiste quasi più e che oggi si sentirebbe sottomessa in una situazione del genere. Queste ragazze, attraverso il matrimonio con un uomo straniero sperano di ottenere vantaggi economici, un visto per emigrare, ma anche, perché no, quel tipo di attenzioni che soprattutto noi italiani siamo in grado di offrire in maniera naturale ad una donna, in termini di romanticismo, galanteria, eleganza. tutte qualità decisamente meno presenti in uomini di altre culture e aree geografiche
Non è difficile comprendere questo fenomeno e per certi versi provare anche un senso di solidarietà e compassione per queste ragazze. Ma è anche vero che spessissimo queste giovani mogli fingono di essere innamorate di questi poveri anziani occidentali che invece hanno per loro perso completamente la testa.
Il il dramma è dietro l’angolo perché, ottenuto il matrimonio, un visto per espatriare, spesso anche l’intestazione di una casa e non ultima la cittadinanza italiana, queste chiedono il divorzio e al povero ingenuo vanno in frantumi il cuore ed il conto in banca. Questa è una forma di prostituzione a lungo termine e disonesta perché travestita di sentimenti inesistenti.
Un po’ come la differenza che passa tra l’amico in difficoltà che ti chiede un piccolo aiuto in denaro ed in cambio si offre di rasarti il prato per un mese e quello che hai invitato a cena perché è stato licenziato e mentre tu sei in bagno a fare pipì ti sfila 200 Euro dal portafoglio…
La prostituzione esisterà finche ci saranno uomini e donne.
Il punto non è stabilire se sia morale o immorale. Perché sarebbe una valutazione troppo soggettiva.
Il punto è stabilire se sia un reato oppure no. E dal momento che in Italia non lo è, allora il mondo della politica dovrebbe decidersi a riconoscerla come libera professione e a regolamentarla e i sindacati a tutelarla, come un qualsiasi altro lavoro.
Per evitare sfruttamenti, tratta delle schiave e orrori annessi alla criminalità che orbita attorno al mondo della prostituzione.
La religione, il moralismo, la sudditanza al potere clericale non possono valere più di migliaia di vite perdute, di donne e minori schiavizzati e obbligati a una vita disumana.