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Sanità Lazio, ombre sulle nomine dei nuovi direttori ASL

Fabrizio Santori: “Dieci domande al presidente Zingaretti”

E’ subito bufera sulle nomine della Sanità nel Lazio. Qualche giorno fa, avevamo segnalato il caso – prontamente denunciato dal consigliere grillino Davide Barillari – di Ilde Coiro, neodirettrice del San Giovanni e condannata dalla Corte dei Conti al pagamento di 300 mila euro all’Azienda Asl RMC, “per la condotta dolosa-gravemente colposa tenuta (non solo da lei, ndr) in occasione dello svolgimento del concorso interno a 12 posti di dirigente amministrativo”.

Ma le irregolarità non si fermano qui. A denunciarle, stavolta Fabrizio Santori, che ha scritto una lettera al presidente Zingaretti, rivolgendosi a lui con alcune domande. Con una lettera aperta ho voluto mettere di fronte alle sue responsabilità il presidente della Regione Lazio, Zingaretti“. 10 in tutto le domande che il consigliere del gruppo misto vuole rivolgere a Zingaretti. Di queste, tramite un comunicato, ne sono state rese note 5. “Ho voluto rendere note le prime cinque domande – si legge – che hanno l’obiettivo di evidenziare i vizi di legittimità delle nomine dei nuovi direttori delle Asl regionali. Nei prossimi giorni renderemo note le cinque restanti. Se la Regione Lazio intende andare avanti, come annunciato, anche noi non ci fermeremo. E’ una battaglia di trasparenza, di legalità e di meritocrazia”.

IL CASO FABRIZIO D’ALBA – Ed ecco la prima domanda. “Sig. presidente è in grado di affermare con assoluta certezza che il Dott. Fabrizio D’Alba, da Lei proposto per la ASL Roma H (Castelli Romani, ndr), possieda i requisiti per fare il Direttore Generale ed, in particolare, ‘l’esperienza quinquennale di direzione di struttura complessa?’ “.

Secondo quanto si apprende, infatti, Fabrizio D’Alba avrebbe accumulato solo 2 anni di esperienza nella direzione d’una struttura ospedaliera complessa, e precisamente – secondo quanto si legge nel suo curriculum, consultabile anche online – presso il San Camillo-Forlanini. Precedentemente, era stato dirigente amministrativo presso il Policlinico di Tor Vergata.

Non solo. Sempre per quanto riguarda D’Alba, Fabrizio Santori chiede: “Sig. presidente, gentile Dott. D’Amato, non Vi pare inopportuno che una ASL (nella specie, la ASL Roma H) venga affidata ad un soggetto (il Dott. Fabrizio D’Alba), che nell’ambito della vicenda a tutti nota come ‘Lady ASL’ (vicenda sulla quale Lei, Dott. D’Amato, ha anche pubblicato un libro) riceveva consulenze in quanto ‘figlio della Melaragno’ ?”.

Come riferisce Il Fatto Quotidiano, nel caso “Lady Asl” comunque sia la Melaragno (per oltre un decennio ai vertici della Sanità nel Lazio a vario titolo) sia suo figlio D’Alba non risultano direttamente coinvolti.

IL CASO ISABELLA MASTROBUONO – E siamo alla seconda domanda. “Sig. Presidente è davvero convinto che la Dott.ssa Isabella Mastrobuono, da Lei proposta per la ASL Frosinone, possa ricevere l’incarico? – prosegue Santori – Quale è la natura giuridica della ‘Fondazione Policlinico Tor Vergata’? Si tratta cioè di un ente di diritto privato come da Lei sostenuto o di un ente di diritto pubblico come invece ritenuto dal suo collaboratore, Dott. D’Amato?”.

Sempre con riferimento alla Dott.ssa Mastrobuono, il comunicato di Santori continua: “Il consigliere Storace ha messo in luce una seconda causa di inconferibilità dell’incarico, avendo essa esercitato negli ultimi due anni la funzione di sub-commissario alla Sanità della Regione Molise. Sig. presidente Lei è in grado di affermare con assoluta certezza che la Dott.ssa Mastrobuono possa ricevere l’incarico e, quindi, di non smentire il Dott. Alessio D’Amato, secondo cui la Dott.ssa Mastrobuono sarebbe cessata dall’incarico di sub-commissario nel mese di gennaio 2012?”.

Isabella Mastrobuono, infatti, direttrice sanitaria della Fondazione Tor Vergata, è stata nominata direttrice generale della Asl di Frosinone. La legge, però, impedisce di diventare direttore generale a chi nei 2 anni precedenti la nomina abbia ricoperto “cariche in enti di diritto privato, regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale”, ciò che è la Fondazione Tor Vergata, presieduta dallo stesso Zingaretti. Non solo. La seconda causa di incompatibilità per la Mastrobuono, deriverebbe proprio dall’esser stata sub-commissario alla Sanità nel Molise, dall’ottobre del 2009 al febbraio 2012. Sempre la legge, infatti stabilisce che chi nei 2 anni precedenti la nomina abbia ricoperto il ruolo di “presidente del Consiglio dei Ministri, di Ministro, Viceministro o sottosegretario nel Ministero della Salute o in altra amministrazione dello Stato”, non possa diventare direttore generale.

Oltre tutto questo, c’è un altro particolare. A finire nel mirino del pm Roberto Felici i maxi stipendi di Tor Vergata e, in particolare, dell’ex governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo (nel 2008 presidente della Fondazione Tor Vergata), dell’allora rettore dell’atenero Alessandro Finazzi Agrò, e di 3 (all’epoca dei fatti) manager dell’azienda: il direttore generale Enrico Bollero, il direttore amministrativo Mauro Pirazzoli e il direttore sanitario Isabella Mastrobuono. Abuso d’ufficio: questo il reato contestato dai magistrati ai 5 indagati. La direzione della struttura ospedaliera di Tor Vergata, infatti, avrebbe violato i tetti massimi retributivi per beneficiare di compensi e di premi maggiori, oltre il limite stabilito per legge.

Secondo quanto si apprende dalle carte della Procura, così come riportato dal quotidiano La Repubblica, sembra che il sodalizio nato in quegli anni tra Regione Lazio e Tor Vergata, che ha dato alla luce la Fondazione di Tor Vergata, abbia portato indebito vantaggio economico e finanziario con corrispondente grave danno a chi ne era a capo, ovvero proprio Regione e Università, che avevano assunto il controllo dell’ente, nonché agli stessi manager dell’azienda ospedaliera. Insomma, compensi che superavano per un importo pari al 30% il tetto massimo di spesa – in caso di raggiungimento degli obiettivi – nonostante la normativa prevedesse il 20%, e solo ad obiettivi raggiunti.

Tutta la vicenda, finita direttamente sul tavolo dell’VIII sezione penale del Tribunale di Roma, si è chiusa con 1 condanna, 3 assoluzioni e 2 proscioglimenti. Il direttore generale Enrico Bollero è stato condannato a 1 anno e 6 mesi. Assolti Piero Marrazzo, Mauro Pirazzoli e Isabella Mastrobuono. Quest’ultima, dopo il rinvio a giudizio, aveva chiesto il patteggiamento.

“Sig. Presidente Zingaretti – conclude il comunicato del consigliere Santori – è consapevole che nel caso in cui le nomine del Dott. D’Alba e della Dott.ssa Mastrobuono dovessero essere annullate dall’autorità giudiziaria Lei sarà chiamato a rispondere, con il Suo patrimonio personale, dei danni arrecati?”.

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