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Roma, moria pesci nel Tevere. Arpa pubblica le prime analisi: acque nella norma

Effettuate a oggi le indagini chimiche e microbiologiche dei parametri significativi e dell’ossigeno disciolto in acqua

moria di pesci nel Tevere

Arrivano i primi risultati delle analisi effettuate sul Tevere, a seguito della moria di pesci che ha interessato le acque del fiume della capitale. Quello che emerge dalle prime note riportate è che, a dispetto di quanto si credeva, le analisi del corpo idrico non presenterebbero particolari criticità. I dati mostrano infatti una normale presenza di ossigeno disciolto al suo interno. Anche le analisi chimiche e microbiologiche non si discostano in maniera significativa dai dati generalmente riscontrati durante le attività di monitoraggio del fiume. I quintali di pesci deceduti non sarebbero morti quindi per soffocamento, come invece si credeva.

Dati da integrare: parametri nella norma

Per ora i dati non sono completi, devono essere integrati con ulteriori analisi. I primi parametri significativi osservati però, sono in ordine di importanza e non presenterebbero anomalie. A essere presi in considerazione sono, in particolare, quelli riguardanti ammoniaca non ionizzata, cianuri e carico di materiale organico. Tutti appaiono “sostanzialmente nella norma”. Lo comunica Arpa, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale all’interno del fascicolo delle conclusioni provvisorie contenute nella relazione sui primi esiti dei campionamenti effettuati.

Il fatto

Tali analisi hanno interessato le acque del fiume Tevere a seguito dell’accumularsi delle carcasse di pesci morti in alcuni tratti del corso d’acqua. I tratti in cui gli animali sono emersi sono tutti urbani, questo ha sollecitato l’intervento da parte degli enti di competenza. Le conclusioni tratte a oggi, precisa Arpa, saranno comunque soggette a rivalutazione una volta che il quadro analitico sarà completo. I risultati, infatti, sono al momento soltanto parziali.

Ulteriori analisi: dati su pesticidi e su carcasse

Le analisi ancora significative dei pesticidi o valutazioni necroscopiche sulle carcasse sono in corso, e potrebbero comunque essere determinanti. “Al fine di una migliore comprensione del fenomeno – si legge nel report – si ritiene utile effettuare un confronto con i due eventi di moria ittica avvenuti nello stesso tratto di fiume. I due eventi (30-31 maggio 2020 e 4-5 luglio 2020) sono intervenuti in giorni immediatamente successivi a intensi fenomeni piovosi preceduti da un periodo di relativa siccità. Anche quest’anno la moria ittica è avvenuta a circa 48 ore di distanza dal 24 agosto, giorno in cui intense piogge cadute dopo un periodo di siccità e di magra in termini di portata del fiume”.

Le precedenti ipotesi

In quelle occasioni, si ipotizzò che la pioggia trasportasse nelle acque del fiume inquinanti presenti sulle strade, ma ora i risultati delle prime analisi mostrano un quadro diverso, almeno per il momento. Marco Lupo, direttore di Arpa, aveva rilasciato una dichiarazione a Repubblica in cui spiegava che le abbondanti precipitazioni di qualche giorno prima avevano causato una contaminazione fecale, a seguito della quale avrebbe avuto luogo un’importante riduzione dell’ossigeno presente in acqua. La stessa, avrebbe così portato alla morte degli animali per soffocamento. Ma i dati ora rilevati parlano chiaro.

Una necessaria rivalutazione

La nota prosegue: “è possibile pertanto, in questa fase, ipotizzare un meccanismo simile a quello descritto lo scorso anno: dopo un periodo di siccità, intense ed improvvise precipitazioni possono in breve tempo convogliare nel corpo idrico recettore una notevole quantità di sostanza organica dilavata dai terreni, fossi di scolo e piccoli tributari. La degradazione della sostanza organica convogliata repentinamente e in quantità massicce nel corpo idrico recettore può generare una forte sottrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua, facendone crollare la concentrazione e causando anossia dei pesci. Tale valutazione preliminare dovrà tuttavia essere rivalutata, come già detto, sia alla luce dei risultati delle analisi chimiche ancora in corso (pesticidi; ecc.), che delle evidenze anatomopatologiche e biochimiche ottenute dalle carcasse di pesce”.

Intanto la Regione Lazio ha inviato una nota d’urgenza all’Amministrazione capitolina, con cui è richiesto un pronto intervento al fine di rimuovere e smaltire i quintali di carcasse dei pesci dal fiume Tevere, proprio nel tratto urbano del corso d’acqua, al fine di tutelare la salute pubblica e scongiurare situazioni di degrado ambientale.

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