Prima pagina » Cronaca » Roma cafona: dov’è finita la Roma paciosa che ti conquistava con un “volemose bene”?

Roma cafona: dov’è finita la Roma paciosa che ti conquistava con un “volemose bene”?

Un tempo non era cafona: era la Roma dei Castelli e delle fettuccine di Squarciarelli, uno dei simboli di un tempo felice per la Capitale

Roma, rione Monti

Dov’è finita la Roma paciosa e tollerante, quella che ti conquistava con una battuta e un “volemose bene”? Cresce il comportamento cafone, forse anche per le difficoltà economiche. C’è tanto menefreghismo ed egoismo e la furbizia di chi vuole approfittare di ogni situazione per guadagnare la giornata.

Era la Roma dei Castelli e delle fettuccine di Squarciarelli

Il ristorante Squarciarelli di Grottaferrata, venne decantato da Renato Rascel in Arrivederci Roma: “Se ritrova a pranzo a Squarciarelli, fettuccine e vino dei castelli, come ai tempi belli che Pinelli immortalò.”

È stato uno dei simboli di un tempo felice per la Capitale. Venne distrutto da un incendio doloso nel ’97 e ne rimase un mucchio di cenere. Così della Roma di Vacanze romane, del soldo nella Fontana di Trevi, delle sciumachelle, dei poveri ma belli, non rimane che un mucchio di polvere o di immondizia, che nemmeno portano più via.

Rosario Fiorello ha cercato di recuperare quello spirito con la battuta per cui al mattino, a Roma, ti sorridono anche i cinghiali. Magari. Ci farebbe piacere se potessimo contare sulla speranza di rivivere quel tempo, come le cose belle del passato che hanno segnato la nostra gioventù. Pur sapendo che quello che il tempo s’è portato via difficilmente tornerà. C’è la guerra, i migranti, ci sono i poveri e i più poveri. I prezzi salgono e siamo tutti bersagliati dagli aumenti della elettricità, del gas, della benzina, delle multe, dei generi alimentari. Gli stipendi non bastano nemmeno per sopravvivere, figuriamoci per mettere da parte un gruzzolo con il desiderio di comprarsi casa. La gente chiede prestiti per curarsi o per fare una vacanza di una settimana. Ci hanno tolto la speranza.

Dovremmo chiedere scusa ai cinghiali

A tutto c’è una risposta. Ogni problema ha una sua motivazione. Gli animali selvatici in città possono essere un pericolo. Capisco chi prova pena per quelle famigliole di cinghiali che rovistano tra l’immondizia che da giorni o settimane nessuno ritira. Abbiamo invaso i loro territori. Le periferie urbane si mangiano la campagna. D’altra parte, lo sapete, abbiamo alterato l’equilibrio della natura favorendo certe specie o debellandone altre. Il cinghiale non ha un nemico se non il cacciatore. Ma la caccia è sotto accusa e i suini si riproducono rapidamente, sono resistenti, onnivori, hanno bisogno di sempre nuovi spazi. Rendiamoci conto che tutto è collegato.

Se oggi sono in via Baldo degli Ubaldi è colpa nostra, non loro. Ci si allarma se un orso assale un uomo che corre da solo nei boschi di una valle nel Trentino. Chissà perché il plantigrado ha assalito lo sportivo? Quella però è casa sua. Forse si è spaventato, forse si è sentito in pericolo. Noi umani siamo una minaccia anche per gli orsi. Già ne abbiamo sottratto molto di territorio a lui e ai suoi simili.

Volpi e donnole, anche qualche serpente e i cinghiali vengono a cercare da mangiare. È la vita. Cosa facciamo per aiutarli? Se sparissero tutti dai boschi sarebbe auspicabile per noi? Evidentemente no. Corriamo un grosso pericolo con la lenta, degradante, riduzione degli alveari e la morte delle api, per motivi di inquinamento e di sostanze insetticide nei campi. L’agricoltura intensiva non fa male sono a noi ma per primi ai selvatici che vivono a contatto con noi. Sparite le api in 3,4 anni finisce l’umanità.

Prova oggi a fare la “zuppetta” nel cappuccino di un altro

Roma ha 4 milioni di abitanti tra residenziali e temporanei, più una presenza costante di turisti che sono una delle sue risorse più importanti. La vocazione turistica di Roma è stata compromessa dalla imposizione del suo ruolo di Capitale.

Poi dalla scelta di investire sull’industria cinematografica e dalla presenza della televisione. Industrie culturali che hanno segnato un indirizzo economico importante. La politica. L’informazione e lo spettacolo, generi che si compenetrano e che si alimentano in maniera spesso anche perversa. Questi fenomeni hanno fatto di Roma uno strano luogo, dove succede di tutto, dove il peggio non muore mai e dove ti aspetti di tutto: dal successo improvviso al fallimento totale.

L’incremento urbano, dagli anni ’60 in poi, ha fatto di Roma la città più melting pot d’Italia. Il centro Italia e il Sud sono emigrati soprattutto qui. In parte hanno cambiato il volto cittadino, in parte la città ha cambiato i nuovi residenti. Li ha adattati allo stile romano. Roma ti conquista e ti fa romano, si diceva. Anche questo non è più vero. Magari fosse.

Non era male quello spirito sornione che si vede nei film di Totò e Aldo Fabrizi, nelle pellicole del neorealismo, nei film di Alberto Sordi, Gassman e Manfredi e un po’ anche nei primi film di Carlo Verdone. Lo Specchio segreto di Nanni Loy metteva in mostra i nostri pregi e i nostri vizi. Ma la gente era tollerante, ironica. Prova oggi a zuppare un cornetto nel cappuccino di un altro! Se non ti assale a sganassoni poco ci manca.

Ci si ruba tra disperati per vivere un giorno in più

Roma vive gli stessi drammi del resto del Paese e delle altre metropoli d’Europa. In più con una serie di problemi strutturali che attanagliano le grandi città. Traffico, immondizia, violenza per strada, le baby gangs che assaltano i turisti e i cittadini quando scendono dalla metropolitana. Una volta erano gruppi di “zingarelli”, gestiti da qualche adulto a distanza, che accerchiavano le signore come un branco di licaoni, frastornando la vittima per sottrarle la poca pensione appena prelevata in banca.

Gli scippi, i furti in casa, ci sono sempre stati. Sono mali congeniti delle città perché la miseria e l’approfittarsi dei più deboli convivono sempre con le situazioni del benessere borghese. Bisogna “svoltare la giornata”, del doman non v’è certezza.

Erano in tre i malviventi che puntavano forbici o coltelli alla gola dei passeggeri per poi derubarli. Sono gravemente indiziati a vario titolo dei reati di rapina aggravata e violazione della legge sulle armi. La notizia è del 3 aprile di quest’anno. Erano tre ragazzi che prendevano di sorpresa la vittima alle spalle e poi la derubavano. Il modus operandi della baby gang della metropolitana di Roma è sempre lo stesso: tre adolescenti capaci di mettere a segno diverse rapine alle fermate del metrò e sui mezzi pubblici. A inchiodarli le immagini della videosorveglianza: così le forze dell’ordine hanno individuato i tre minori, e li hanno chiusi in comunità. Ormai ci sono telecamere dappertutto, la privacy ce la siamo giocata per la sicurezza, ma quelle telecamere sono tutte funzionanti?

Rubavano principalmente soldi e smartphone ma anche vestiti e orologi di lusso. La loro carriera di ladri è solo all’inizio invece quello che tocca al cittadino è una crescente e continua apprensione che non ti succeda mentre vai al lavoro o quando torni. Che non ti sottraggano soldi, i documenti o il telefono che ti è costato tanto. Certo sempre meglio che rimetterci la pelle ma a un certo punto pensi che forse sarebbe quasi meglio rimetterci la pelle che continuare a vivere in questa maniera. Queste cose fanno pensare a una guerra tra poveri. Ci si ruba tra disperati per vivere un giorno in più.

La cresta sul conto, una brutta immagine per la Capitale

Centro storico, ristorante famoso. Due turisti giapponesi si vedono arrivare un conto da 579,50€, più altri 115 euro di mancia prelevati senza autorizzazione. E’ successo a Roma e non è la prima né sarà l’ultima volta. Succede più facilmente ai giapponesi perché abituati a fidarsi del prossimo e non parlano bene la lingua. I prezzi in Giappone sono poi abbastanza alti rispetto ai nostri. Così il “furbetto” ci prova.

Il titolare del locale è stato denunciato alla Polizia. Gli agenti hanno fatto le dovute verifiche ed è emerso che i prezzi applicati ai due giapponesi non corrispondevano a quelli sul menu.

Le truffe abbondano in città. Non solo al ristorante. È capitato con i taxi, sempre a stranieri o a italiani sprovveduti, in visita a Roma. La cosa purtroppo è risaputa e non è una buona immagine per la Capitale italiana. Già come Italiani siamo vissuti sempre con quel “marchio” della mafia che ci portiamo dietro da diversi lustri e che non ci abbandonerà tanto facilmente.

È obbligatorio esporre i prezzi praticati nonché eventuali supplementi per servizio notturno o al tavolo (relativamente ai bar) e tali prezzi non possono essere maggiorati arbitrariamente. Il ristoratore è obbligato ad applicare i prezzi indicati nel menu. Se quest’obbligo viene trasgredito è possibile richiedere l’intervento della Polizia Municipale. Oppure se si è conservato lo scontrino, si può chiedere il rimborso della differenza con una lettera raccomandata A/R di messa in mora.

Le furbate del ristoratore con il cliente, straniero o forestiero, sono anche più scaltre. C’è la questione del pane e coperto che certi applicano ma non scrivono sul menù. Devono fornire l’acqua del rubinetto se il cliente la chiede e invece adeso ti mettono una bottiglia aperta sul tavolo e non sai se era minerale o del sindaco. La carta di credito non sempre viene accettata e quando va bene c’è chi chiede un aumento sul prezzo.

La cafonaggine di “quello che tu non esisti”

Sono tante le esperienze cafone in città. Quello che salta la fila allo sportello. Quello che resta seduto sull’autobus anche se ha vicino una signora anziana o una donna incinta. I bambini del piano di sopra giocano col pallone in casa. Il vicino ha fatto una festa e il rumore e la musica non terminano a mezzanotte ma molto più in là, poi proseguono i tacchi e le risate nell’androne di casa. Le moto che passano a tutto gas facendo tremare le mura. La convivenza nei condomini è una delle prove più dure dell’era moderna. Non eravamo fatti per vivere nei palazzi ma ciascuno in una casa propria, nel villaggio.

Per strada ti passano sui piedi, ti scavalcano, ti urtano quasi fossi trasparente. Nessuno ti saluta quando ti incontra. Non si sente più un buongiorno o un come sta? come succedeva un tempo. Hai la sensazione di non esistere o di essere trasparente.

Quello che ti ruba il parcheggio

Quello che ti ruba il parcheggio in cui stavi entrando. Quello che ti ha chiuso con la sua auto e non puoi uscire finché non torna. Se protesti, ti manda a quel paese. Mai che ti chieda scusa. Quello che quando stai per attraversare, strisce o non strisce, ti punta per metterti paura e se hai da ridire è capace di fermarsi a litigare. Quello che ti suona il clacson e vuole sorpassarti a destra perché ha fretta o magari perché con la moto ci può passare. Quello che ti raggiunge, ti sorpassa e poi rallenta e volta a destra. Non poteva aspettare?

Quello che al casello corre per superarti proprio mentre stavi per metterti in fila al pedaggio. Quello che cambia fila repentinamente per entrare davanti alla tua auto. Quello che vuole passare per primo anche se viene da sinistra. Quello che, quando piove, passa con le ruote sulla pozzanghera, inzaccherandoti tutto mentre cammini sul marciapiede.

Quello che sul treno urla al telefono, parlando dei fattacci suoi e tutto il vagone è costretto ad ascoltare le sue imprecazioni. Quello che butta per terra qualsiasi cosa, cicche e cartacce oppure sputa. Quello che si siede a tavola e poggia sulla tovaglia due telefonini, un mazzo di chiavi, gli occhiali… come se fosse a casa sua. Quello che al ristorante ordina il vino più caro che c’è, perché non ci capisce niente e pensa di fare bella figura.

In vacanza al Grand Hotel occupano le sdraio e l’ombrellone in spiaggia con un sasso, perché sono andati in piscina e tu non li puoi utilizzare anche se nessuno tornerà per ore oppure fino al mattino seguente.

La Roma Cafonal che ha una sua rubrica su Dagospia è l’emblema della Capitale oggi.