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Ritirato il Salva Roma, i conti del Campidoglio a rischio default

Ostruzionismo in Aula e il Pd chiede di ritirare il decreto. Forse un nuovo provvedimento a breve

Ritirato il decreto Salva Roma poco prima della sua conversione in legge (fissata al 28 febbraio), che già ieri aveva incontrato la presentazione di oltre 300 emendamenti a firma di Lega e M5S in Commissione Bilancio. La comunicazione l'aveva già data il neo-ministro per le Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi, e oggi è arrivata la decisione finale: il governo ha appoggiato la richiesta del Partito Democratico in Aula e ha ritirato il provvedimento. Motivazione formale: l'ostruzionismo avrebbe reso impossibile la discussione del decreto entro i termini fissati per legge.

Il Salva Roma, tra le altre cose, prevedeva che la metà del debito ereditato dall'amministrazione Marino fosse scaricato sulla gestione commissariale (485 milioni di euro circa, 320 nel bilancio approvato del 2013 e circa 165 in quello del 2014, non ancora approvato). Inoltre, sempre secondo le norme del decreto, i crediti che il commissaria vantava nei confronti delle municipalizzate, tra cui Ama e Atac, sarebbero stati ceduti al Campidoglio (circa 200 milioni di euro). 
Al momento, quindi, sembra che per il Comune di Roma non ci siano alternative, se non il commissariamento. Il ritiro e la mancata conversione del decreto in legge, potrebbero quindi comportare consguenze gravi per il Campidoglio e per tutti i cittadini romani.  

Secondo quanto si apprende, però, il Governo potrebbe ora valutare un nuovo provvedimento, che potrebbe contenere anche norme sull'Expo e sulla Sardegna. 
Di certo, c'è che il nuovo Esecutivo non chiederà la fiducia sul decreto. A monte della decisione, sembra ci sia la volontà di interrompere la pratica della fiducia, che annulla il dibattito parlamentare. Ma le lingue più maliziose già parlano di un piano preciso: far saltare Marino, magari portandolo a chiedere le dimissioni.

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