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Remain in Light dei Talking Heads è il disco della quarantena di oggi

Oggi per i dischi della quarantena ci addentriamo nei sentieri impervi di Remain in Light dei Talking Heads, uscito l’8 ottobre del 1980

Talking Heads, Remain in light

Talking Heads, Remain in light

Oggi  per i dischi della quarantena ci addentriamo nei sentieri impervi di Remain in Light dei Talking Heads. L’occasione per parlarne ce la da purtroppo la recentissima scomparsa di Tony Allen, batterista inventore dei ritmi afrobeat. Il quarto album in studio dei Talking Heads  osa quello che nel rock nessuno aveva mai osato fare. La band di David Byrne e soci assorbe e rielabora a suo  modo la lezione di Tony Allen e degli altri pionieri della musica afrobeat innestandola alla propria peculiare new wave nervosa degli esordi.

Un incrocio di stili come il jazz

Il  risultato sbalorditivo di questo incrocio di stili dà origine a  Remain in Light, uno dei dischi fondamentali per la contaminazione del rock con musiche “altre”. Per trovare qualcosa di simile nel passato bisogna ad esempio guardare al jazz per trovare qualcuno che usasse le tradizioni in un modo nuovo, pensando al presente con i piedi però  ben saldi nel il passato. Tutti i brani del disco sono permeati da un ritmo percussivo, dove il funk nevrotico ben si miscela a un ricercato suono di chitarra.

Racconta David Byrne in merito: “E’ chiaro che in alcune delle canzoni, Houses in Motion  ad esempio, non esiste uno strumento che abbia la linea guida, o faccia qualsiasi cosa per essere chiamato  melodia o riff principale: quello che senti è una combinazione di circa cinque parti diverse mixate insieme. Il suono che ascolti, la melodia, il ritmo, sono tutti composti da diverse parti che si incastrano, quindi nessuna delle parti può davvero stare da sola, il che è molto diverso dalla maggior parte della musica rock”.

I testi di Remain in light con la tecnica del flusso di coscienza

Per quanto riguarda i testi, Byrne adotta la tecnica del flusso di coscienza per tutti i brani del disco  tranne che in Once in Lifetime. In questa canzone il  testo è influenzato da un sermone di un predicatore e il cui senso può  essere interpretato come una descrizione della crisi della mezza età, durante la quale si vedono svanire gran parte degli ideali giovanili e dei sogni di successo. Finiamo col dire che  Houses in motion ha dato il nome a una delle serate più gettonate degli ultimi anni nella scena della club-culture romana. Poi se impazzite per il revival del revival dell’afrobeat dei nostrani I Hate My Village allora ascoltate Remain in light per scoprire davvero da dove viene il tutto.

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