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Proprietà privata: mentre le elites censurano le parole di Papa Bergoglio, le forze della tecno finanza restaurano il potere globalista

Mentre gli alfieri del politicamente corretto censurano l’espressione di Papa Bergoglio sulla proprietà privata, avanza il potere globalista

Proprietà privata, euro

Proprietà privata, euro

Mentre gli alfieri del politicamente corretto censurano l’espressione di Papa Bergoglio sulla proprietà privata, le forze che governano la tecno finanza si adoperano per restaurare il potere globalista.

Discorso del Papa ai giudici per i diritti sociali di Africa e America Latina

Oggi desta molto scalpore l’ultimo discorso di papa Bergoglio rivolto ai giudici della Conferenza per i diritti sociali di Africa e America Latina, sui temi della giustizia, delle diseguaglianze e della proprietà privata. Soprattutto su quest’ultimo.

Il Papa dichiara che la tradizione cristiana non ha mai ritenuto assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata che, anzi, ha un valore sociale.

Il principio che sta alla base di essa è quello che afferma la destinazione universale dei beni creati, cioè di tutte le risorse della terra a disposizione dell’uomo; perciò il diritto di proprietà ha un valore naturale secondario.

Quindi, non può esserci giustizia sociale basata sulla disuguaglianza, che implichi la concentrazione di ricchezza. Il Vangelo ci chiede di essere popolo di Dio, non élite; dobbiamo impegnarci a rimuovere le cause di diseguaglianza, lottare contro la cultura che consente a pochi di usare gli altri e renderli schiavi.

Di qui, l’appello ai giudici ad agire di conseguenza: una sentenza non è giusta se perpetua le disuguaglianze. Fare giustizia non significa donare agli altri, ma restituire ciò che loro è stato tolto.

La questione sociale e la posizione della Chiesa

Visto così, il discorso di papa Francesco appare come un’uscita improvvisa; eppure, era già inscritto nell’enciclica Fratelli tutti, promulgata ad Assisi il 3 ottobre, che si riallaccia anche

alla precedente Laudato si’, nella quale faceva l’appello per “uno sviluppo sostenibile e integrale”.

Certamente gli procurerà l’accusa di essere un rivoluzionario di tipo marxista, ovvero di voler riportare in auge la teologia della liberazione, già condannata come eretica da un suo predecessore .

Riesaminando la storia della Chiesa di Roma negli ultimi due secoli, si può forse trovare un filo conduttore. Già agli inizi dell’Ottocento si era imposta al centro del dibattito la cosiddetta questione sociale, in seguito alla rivoluzione industriale nata in Inghilterra e poi sviluppatasi in Europa e nell’America del Nord. La disponibilità di materie prime e le applicazioni scientifiche avevano fatto nascere gli opifici, prime realizzazioni delle moderne fabbriche, con la distinzione tra i possessori dei mezzi di produzione e i prestatori d’opera, gli operai. Si accrebbe enormemente la ricchezza della borghesia imprenditoriale e finanziaria ed insieme l’impoverimento del proletariato urbano, come si poteva visibilmente riscontrare nella differenziazione delle strutture edilizie delle nuove città.

La nascita delle prime associazioni sindacali

Nacquero le prime associazioni sindacali moderne di lavoratori, insieme allo sviluppo del pensiero anarchico e socialista. Nel 1848 fu pubblicato il Manifesto del partito comunista.

La chiesa sviluppò, aggiornandole alle esigenze che l’epoca richiedeva, le sue organizzazioni assistenzialistiche e caritatevoli.

Infine, espresse la propria posizione nell’enciclica Rerum Novarum, promulgata nel 1891 da papa Leone XIII.

Questa enciclica è ritenuta il fondamento della Dottrina sociale cattolica, che da allora in poi ha alimentato i movimenti sindacali e politici di ispirazione cristiana.

La dignità del lavoratore e la condanna degli eccessi

In essa si rigettano i principi della lotta di classe ed il collettivismo, fondamento dei sindacati socialisti e dei gruppi rivoluzionari. Non si condanna la proprietà privata come principio, ma l’eccesso di concentrazione di ricchezza e di povertà che ne consegue.

Si afferma che il lavoratore deve vedere riconosciuta la sua dignità nel salario e nel trattamento; netta condanna per lo sfruttamento del lavoro delle donne e dei ragazzi. Si riconosce ai lavoratori il diritto di formare libere associazioni aventi per scopo la loro tutela.

In più, si avanza l’ipotesi di corporazioni del lavoro miste, formate da imprenditori e lavoratori dello stesso settore, aventi per scopo il benessere generale della società.

Purtroppo, questa teoria è stata variamente attuata da governi fascisti o populisti, con risultati deleteri per l’eguaglianza e la libertà.

Aggiornamenti della Rerum Novarum sono stati fatti dai papi successivi, fino alla Centesimus Annus del 1991 di papa Woytila. Quest’ultima ribadisce la condanna dei sistemi totalitari ed esorta alla solidarietà tra gli uomini di tutto il mondo; pur non condannando nettamente il sistema capitalistico,ne critica l’eccessiva concentrazione di ricchezza in poche mani, che genera povertà ed emarginazione.

La posizione del Papa a confronto con quella dei democratici rispetto alla Globalizzazione

Insomma, la dichiarazione di papa Francesco del valore naturale secondario del diritto di proprietà privata, è sì inserito nella tradizione storica, però sostanzialmente costituisce una novità.

D’altronde, è il primo papa ad aver adottato il nome del poverello di Assisi, che all’inizio rappresentò una critica per la stessa chiesa, prima che il suo nuovo Ordine fosse accettato.

Inoltre, provenendo dalla periferia del mondo occidentale, ha sempre denunciato la povertà di questo a causa dello sfruttamento da parte degli USA e dell’Europa.

Ha poi attaccato l’ingiustizia del sistema economico politico della Globalizzazione più di qualsiasi organizzazione politica tradizionale; per questo è inviso ai leader ed ai governi americano ed europei, che hanno usato diversi mezzi per infangarne l’immagine.

Paradossalmente, proprio i partiti che vantano (ormai a sproposito, per me) origini di sinistra sono quelli che hanno abbandonato nei fatti la lotta alle disuguaglianze, appoggiando la ristrutturazione globalista nell’epoca della pandemia.

Ricordiamo anche che si considerava storicamente la Chiesa dalla parte dei padroni, in ossequio al dogma che la religione è l’oppio dei popoli; al contrario, la sinistra è per definizione dalla parte dei ceti deboli.

Sembra perciò evidente una totale inversione delle posizioni

La qual cosa non dovrebbe arrecare dispiacere né ai laici, né ai credenti.

Dal mio personale punto di vista, altre sarebbero le cose discutibili della Fratelli tutti: l’intenzione di mettere a confronto sullo stesso piano le religioni monoteistiche, con il pericolo di essere asserviti all’Islam (qui aveva ragione Benedetto XVI, discorso di Ratisbona); la pretesa di considerare tutti gli uomini meticci e nomadi, abolendo così le distinzioni culturali che distinguono ognuno, sedimentate dalla storia. Ma questi argomenti necessitano di un più ampio sviluppo.

Per quel che ci interessa adesso, dovremmo impegnarci a discutere, approfondendolo, il discorso sulle diseguaglianze e della giustizia per combattere i poteri che vorrebbero consegnare al futuro dei nostri figli una società ancora più ingiusta, in cui predomini l’elite della finanza.

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