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Premiati giornalisti di Report: “Philips vendeva respiratori Covid cancerogeni”

A Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella di Report il premio Federico Caffè per l’inchiesta “La polvere nel ventilatore”

Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella durante la premiazione del premio "Federico Caffè"

Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella durante la premiazione del premio "Federico Caffè"

Il servizio ha focalizzato l’attenzione su Philips azienda leader nel settore dell’elettronica, che avrebbe venduto dei respiratori finalizzati a sostenere pazienti affetti da apnea del sonno. Macchinari che, però, pare contenessero una schiuma fonoassorbente in grado di degradarsi, finendo nelle vie aeree. Un materiale caratterizzato da un particolato irritante, dai possibili effetti cancerogeni.

L’inchiesta

Il servizio, realizzato nel 2022 da alcuni giornalisti di Report condotto da Sigfrido Ranucci, ha vinto il premio Federico Caffè insieme al servizio “The whistleblower” di Emanuele Bellano, volto ad approfondire alcune dinamiche in tema di controllo da parte delle banche nella distribuzione e vendita dei diamanti.

“La polvere nel ventilatore”, ha dunque indagato su Philips, azienda leader nel settore dell’elettronica. Secondo l’inchiesta, l’azienda avrebbe venduto dei respiratori finalizzati a sostenere la respirazione dei pazienti con l’apnea del sonno. Macchinari che, però, avrebbero contenuto una schiuma fonoassorbente in grado di degradarsi, finendo nelle vie aeree.

Un materiale che, secondo quanto dichiarato nel servizio, emetterebbe composti organici dai possibili effetti cancerogeni. L’inchiesta è stata selezionata per la rilevanza sociale e l’originalità dei contenuti.

Abbiamo intervistato Giulio Valesini, giornalista e autore del servizio insieme a Cataldo Ciccolella, per saperne di più.

Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella

“L’inchiesta è partita da una segnalazione di un paziente” –  ci dice Valesini – “il quale nell’estate del 2021 aveva ricevuto una lettera da parte della sua Asl che gli aveva fornito il respiratore. In quella lettera si diceva che quel modello di apparecchio era stato richiamato dall’azienda Philips perché aveva un problema legato alla schiuma fonoassorbente in poliuretano che ricopre la macchina. Ricordo che la Philips, circa 16 anni fa, apportò una modifica cercando di rendere queste macchine più silenziose. Ecco dunque spiegata la presenza di questo pezzo in poliuretano nei pressi del motore”.

In che modo tutto questo sarebbe stato nocivo per il paziente?

“Questa schiuma, soggetta alle vibrazioni del motore e all’alta temperatura all’interno della macchina, va degradandosi. Il paziente senza saperlo finiva per respirare polveri sottili di poliuretano. La vicenda è particolarmente inquietante. E’ emerso è che in seguito al richiamo di Philips la FBA, l’ente sanitario americano preposto a fare certificazione e ispezioni nelle aziende, al termine di tre mesi di ispezione all’interno della multinazionale olandese, scopre che all’interno dei cassetti dell’azienda qualcosa che è molto grave dal punto di vista etico. Al momento del richiamo, Philips aveva già ricevuto 220 reclami circa soltanto negli U.S.A. E quindi, per anni, pur sapendo gli effetti del macchinario l’azienda ha continuato a vendere questo prodotto, incurante dei potenziali rischi per i pazienti. FBA aveva inoltre espresso l’alto rischio per i pazienti pediatrici”.

Qualcuno di questi modelli è stato destinato a ospedali?

“Sì. Una parte di questi respiratori è stata venduta negli ospedali, destinato a pazienti in terapia pre-intensiva per Covid. FBA ha chiesto inoltre a Philips di indagare su oltre 120 morti sospette legate a questi respiratori”.

C’è un aspetto preoccupante per il nostro Paese?

“Immediatamente il governo francese e americano ha chiesto a Philips un veloce richiamo di questi dispositivi medici chiedendo una sostituzione dell’80% dei dispositivi entro giugno del 2022. L’Italia si è limitata a eseguire degli avvisi di sicurezza. Ha avvisato i pazienti dei potenziali rischi legati all’utilizzo di questi dispositivi menzionando anche i rischi legati al non utilizzo degli stessi. Non ha però fatto particolari pressioni nei confronti della multinazionale olandese, perché procedesse alla sostituzione dei dispositivi. I dati che abbiamo a disposizione in questo momento parlano di una sostituzione pari al 50% dei dispositivi per quanto riguarda l’Italia”.

Sono stati effettuati dei test?

“Abbiamo fatto fare dei test su queste macchine da un laboratorio indipendente accreditato che ha confermato il rilascio di particelle anche potenzialmente cancerogene. I test che Philips ha fatto in molti casi non superavano i test per quanto riguarda la genotossicità. Ma la multinazionale ha fatto un test su un numero molto piccolo di macchinari, che non arrivava alla decina di esemplari. Abbiamo chiesto conto alla Philips e al nostro Ministero. Abbiamo l’impressione che Philips per anni abbia fatto finta di non vedere, perché il settore rendeva tanto, anche durante il periodo della pandemia. Il Ministero della Salute italiana si è difeso dicendo di aver attuato le misure standard ovvero una pressione nei confronti dell’azienda affinchè risolvesse il problema. Per quel che ci risulta, dalla Francia sono stati più incisivi, minacciando azioni economiche sul mercato sanitario in caso di non ritiro dei dispositivi nell’arco di tempo stabilito”.

Quanti esemplari sono stati venduti? Che effetto avranno sui pazienti?

“Ufficialmente sul mercato mondiale ci sono 15 milioni di ventilatori di Philips usati per anni da questi pazienti. L’azienda fatturava circa 2 miliardi di euro l’anno. Gli eventuali danni si potranno valutare solo nel corso del tempo. Si dovranno effettuare degli studi per capire se sviluppano il cancro. L’Istituto Superiore di Sanità, al momento sembra garantire la non pericolosità per chi avesse utilizzato questi macchinari per un tempo inferiore a un anno. Va considerato però che in molti casi sono stati utilizzati per diversi anni. Il mercato non ha saputo accorgersi di questa problematica così come l’ente certificato a rilasciare il marchio CE. In questo momento c’è una prima Class Action di pazienti italiani e a giorni è attesa la sentenza del Tribunale Civile di Milano che dovrebbe, nel caso desse ragione all’associazione dei pazienti, imporre a Philips una sostituzione immediata di tutti i dispositivi attualmente in giro, pena una pesante multa per ogni giorno in cui rimangono sul mercato italiano”.