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Pomezia, ordigno sotto l’auto di Ranucci: l’ipotesi del mandante occulto

Dopo la paura per l’ordigno sotto l’auto del giornalista Sigfrido Ranucci, le indagini sugli intrecci criminali locali e possibili mandanti occulti

Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci

Giovedì scorso un ordigno rudimentale è esploso sotto l’auto di Sigfrido Ranucci, storico conduttore del programma di inchieste Report. Nessun ferito, ma il messaggio è arrivato forte e chiaro: un tentativo di intimidazione contro un giornalista che da anni porta alla luce intrecci scomodi tra potere, affari e criminalità.

L’episodio non sorprende chi segue le vicende di Ranucci. Già un anno fa, nello stesso punto davanti alla sua abitazione in viale Po, erano stati lasciati due proiettili di pistola. Ora gli inquirenti cercano collegamenti tra le due minacce, analizzando la mano che potrebbe aver agito e soprattutto chi, nell’ombra, avrebbe interesse a colpire.

L’ordigno e i proiettili per Ranucci: segnali mirati nello stesso luogo

Le indagini hanno subito messo in evidenza una coincidenza inquietante: il luogo del ritrovamento dei proiettili nel 2023 coincide con quello in cui è stato piazzato l’ordigno. Una siepe accanto all’ingresso del villino di Ranucci, non coperta da telecamere, ideale per agire senza essere notati.

A rendere ancora più evidente la pianificazione c’è il tempismo. Sia allora che oggi, l’intimidazione è arrivata dopo un periodo di assenza del giornalista, come se qualcuno ne monitorasse i movimenti. Una conferma che non si tratta di gesti improvvisati, ma di un disegno preciso.

Pomezia come crocevia: tra periferie romane e criminalità locale

Gli investigatori guardano anche al contesto territoriale. Pomezia, città cresciuta alle porte di Roma, è da tempo osservata speciale per la presenza di bande locali, infiltrazioni di gruppi stranieri e presenze legate all’estrema destra. In questo sottobosco criminale, spiegano gli inquirenti, è plausibile che qualcuno abbia trovato la manovalanza necessaria per colpire senza destare troppi sospetti.

Non sarebbe quindi la mano di una grande organizzazione mafiosa, che avrebbe scelto altri strumenti e altre modalità, ma quella di piccoli gruppi capaci di agire su commissione.

L’ipotesi del mandante occulto per l’attentato al conduttore di Report

La domanda chiave resta: chi aveva interesse a mandare un segnale a Ranucci?
Tra le piste più concrete c’è quella della minaccia su commissione. Un imprenditore coinvolto in appalti torbidi, un faccendiere in difficoltà, un soggetto che teme le conseguenze di un’inchiesta giornalistica. Figure che potrebbero aver deciso di “outsourcing” la minaccia, rivolgendosi a chi nel territorio sa muoversi nell’illegalità.

Una scelta rischiosa, perché affidarsi a esecutori inesperti può aumentare l’attenzione delle forze dell’ordine, ma che lascia intuire la pressione esercitata dal lavoro giornalistico di Ranucci.

Allarme istituzionale

Il boato di Pomezia ha fatto rumore anche nei palazzi della politica romana. Immediate le dichiarazioni di solidarietà arrivate dalla Federazione nazionale della stampa italiana, dalla Rai e da esponenti di governo e opposizione. Tutti hanno sottolineato la necessità di difendere con forza la libertà di stampa e proteggere chi, come Ranucci, si espone in prima linea.

Il ministro dell’Interno ha disposto il rafforzamento delle misure di sicurezza già attive. Nel frattempo, la Procura di Roma, con il procuratore capo Francesco Lo Voi e il pm Carlo Villani, continua a lavorare per ricostruire i legami tra le due intimidazioni e dare un nome ai responsabili.

Minacce ai giornalisti: un fenomeno che riguarda anche Roma

Il caso Ranucci non è isolato. Negli ultimi anni, numerosi cronisti romani sono stati presi di mira con minacce e aggressioni. Secondo l’Osservatorio Ossigeno per l’informazione, nel Lazio si registra un numero costante di episodi, a dimostrazione che anche la Capitale e la sua provincia non sono immuni da pressioni criminali contro la stampa.

Il rischio è quello di un effetto domino: intimidire un giornalista significa lanciare un avvertimento a tutta la categoria. Per questo l’episodio di Pomezia non riguarda solo Ranucci, ma tocca direttamente il diritto dei cittadini a essere informati senza condizionamenti.

Chi è Sigfrido Ranucci

Nato nel 1961, Ranucci è giornalista e conduttore televisivo. Ha raccolto l’eredità di Milena Gabanelli alla guida di Report e negli anni ha realizzato inchieste che hanno scoperchiato casi di corruzione, affari opachi, legami tra mafia e politica, fino a inchieste sui servizi segreti e i grandi scandali finanziari.

Da tempo vive sotto scorta a causa delle ripetute minacce ricevute. Gli episodi di Pomezia e dei proiettili confermano quanto il suo lavoro resti scomodo e quanto sia alto il prezzo da pagare per chi fa giornalismo investigativo in Italia.