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Ravenna: l’esilio dorato di Nicolàs Viola

Dante chiuse la Commedia e lasciò al mondo una visione unica. Nicolàs Viola può aprire un nuovo capitolo della sua storia e un esempio di vita

Nicolàs Viola, Ravenna calcio

Nicolàs Viola, con la maglia del Ravenna Calcio

Cercherò con questo mio scritto di condurvi all’interno di una storia duplice. Una storia di esilio, di ricostruzione identitaria e responsabilità davanti a se stessi e agli altri.

Inizio col mettere in rilievo una mia convinzione apparentemente scontata: un uomo, che non per propria deficienza, perde il suo mondo lavorativo, non è finito! È, sempre secondo me, costretto soltanto a mutare pelle e a ridefinirsi, se desidera restare attivo, vivo.

Nicolàs Viola come Dante Alighieri a Ravenna

Nel 1302, questo fu il caso di Dante Alighieri. E oggi nel 2025 è quello di Nicolàs Viola.

Dante, poeta delle parole e Nicolàs, poeta del pallone.

In questo momento, io li sento molto più vicini di quanto una mente semplice e meno iperbolica della mia li possa immaginare. Sono certo che il parallelismo di queste due vite, da me azzardato, vi potrà apparire fuori luogo ed esagerato, ma a me piace farlo; soprattutto quando si tratta di temi così vitali per la gran maggioranza degli esseri umani, come la letteratura e il calcio.

Sapete già, che Dante, nacque nel 1265, forse sotto il segno dei Gemelli, che crebbe in una Firenze complessa e divisa da due grandi fazioni, che a vent’anni combatté con coraggio in prima linea, che fu il creatore di un proto-rap medievale, e campione di “tenzoni”, sfide verbali mitiche con i Cerchi e i Donati, consumate nelle bettole più malfamate della città, che a trent’anni si offrì con dedizione alla politica, che a trentaquattro entrò nei giochi che contano, di potere, e che a trentasette fu colpito dalla sentenza di esilio. Accusato, condannato, allontanato dalla sua Firenze. Gli portarono via casa, beni, sicurezza, affetti. E lo lasciarono ignudo davanti al suo destino.

Quando nel 1318 arrivò a Ravenna, invitato e protetto da Guido Novello da Polenta, signore della città, Dante aveva cinquantatre anni e forse per quei tempi era già un ‘vecchio’. Ma era un uomo pieno. Con una lucidità mentale intatta, una rabbia organizzata, una modalità rigida, granitica, ma senz’altro, saggia.  

Metodo, disciplina, opera d’arte nella testa di Nicolàs Viola

Passò del tempo cercando un suo equilibrio duraturo. Da una corte a un’altra, da una speranza a un’altra, portando con sé memoria, audacia, e intelletto sublime. Non sprecò il tempo. Mise in atto tutta la sua esperienza e trasformò il suo esilio in lavoro. Lo fece diventare ‘metodo’, disciplina, e dentro quella sua enorme ferità costruì la Commedia. Una struttura rigorosa come lui e impenetrabile come la sua corazza, direbbe Reich.

Cento canti. Tre cantiche. Un ordine esigente. E una mente creativa ineguagliabile che organizzò in modo perfetto il suo trauma.

Ora, amici ravennati, guardate Nicolàs Viola. Perché questa storia gli appartiene.

Anche lui sta vivendo un esilio. Diverso, certo. Ma anche questo, vero! Parlo di politica (sic), parlo di calcio contemporaneo, di decisioni aziendali, di gerarchie che crollano, di ruoli che cambiano da un giorno all’altro. E il capitano che guidava col suo innato carisma un gruppo, si è trovato ipso facto, fuori dalla porta con la solita frase di circostanza: “Non rientri più nel nostro progetto tecnico.”

Le dinamiche interne di una squadra

Quindi, non per demerito. Ma per dinamiche interne: per equilibri che traballano, ponti emotivi che si spezzano come colpiti da un fulmine a ciel sereno e perché il potere crea e distrugge secondo una logica frommiana dell’avere.

 Anni di lavoro, sacrifici, studio. Una carriera costruita passo passo da Taurianova. Serie B, Serie A. Laurea in psicologia. Responsabilità. Leadership. Sudore. Esperienza. E poi d’improvviso, inatteso, il silenzio che strappa via identità, abitudini, spogliatoio, amicizie, fiducia, sorriso.

Sì! lo ripeto! Anche questo è un esilio, egregi signori. Non gli hanno bruciato casa, ma reso cenere il posto che occupava nella considerazione dei tifosi del Cagliari. Ma come Nicolàs ben sa, Ravenna non è un altrove. Ravenna non è una città qualunque. Ravenna è una sua scelta consapevole qui ed ora. Ravenna è ‘esilio’ di lusso: un privilegio.

Vivere a Ravenna significa inspirare una città intelligente

Ravenna ha una storia antica e un patrimonio artistico e culturale di alto livello. È importante per i suoi monumenti paleocristiani e bizantini, per i mosaici, per l’eredità storica che attraversa l’Impero Romano, l’Impero Bizantino, ed etc. Vivere a Ravenna significa inspirare una città intelligente. La città ha una forza interna che protegge, e chi attraversa un momento difficile, sente questa vicinanza, questa solidarietà, come una mano calda sulla spalla. Ravenna è un contesto ideale per ritrovare forza, dignità, stabilità.

E allora, forza, Nicolàs, devi rifarti! Ricostruirti. Riconoscere allo specchio chi sei senza gli applausi, stavolta.

A questo punto, egregi lettori, posso dire che “nel mezzo del cammin di sua vita” anche Nicolàs Viola si ritrovò  in una selva scura, senza però aver ‘smarrito’ nessuna via, per poi uscire da Cagliari ed entrare a Ravenna dalla porta principale della città, invitato dal  vertice  del  Ravenna FC. Un vertice giovane e capace.   

Dante arrivò a cinquantatré anni, stanco nel corpo. Fortissimo però nella mente. Con un’opera ancora non compiuta.

Nicolàs è arrivato a  trentasei, con una psiche limpida e un corpo ancora vivo, nonostante i diffamatori disinformati, con una carriera non finita, con un bagaglio pieno e con un nuovo inizio da modellare.

A Ravenna, Dante, concluse la Commedia.

Ravenna per Nicolàs, non è una retrocessione, ma un elevazione verso la luce autorevole e antica dei mosaici e delle storie che parlano d’eternità. Ravenna è il “luogo” in cui l’anima ritrova un significato e  e il numero dieci, che è pure artista ed amante dell’arte, sa di poter iniziare in essa la sua ricostruzione. In questa “città-gioiello” il tempo rallenta e il cuore può tornare a riprendere fiato senza costrizione.         

Questa è la parte decisiva. Quella che richiede maggiore esigenza. Non parlo di poesia astratta ma di metodo di allenamento. E Viola in questo campo della psicosomatica, della neuroscienza e della Psicologia dell sport, è un esperto.

 Dante prese un trauma e lo trasformò in un ‘edificio eterno’. Nicolàs deve prendere il ‘suo’ trauma e trasformarlo in un percorso che lo porti dal suo Io-reale al suo Sé-ideale, con la dignità silente che ha sempre avuto:

Inferno –

Purgatorio –

Paradiso –

Inferno: che nel pensiero di Nicolàs Viola nulla ha a che vedere con Ravenna. Perché questo Inferno egli lo ha vissuto altrove, durante i mesi senza giocare, e prima dell’invito a diventare un calciatore del Ravenna FC; accettazione della categoria (come ha fatto); occhi aperti sul presente; zero nostalgia; zero confronto col passato.  

Purgatorio: ripulire la mente. Lasciar evaporare l’ipotetico rancore. Lasciar cicatrizzare le ferite. Ricostruire una nuova vita, tessera dopo tessera, come i meravigliosi mosaici di Ravenna, patrimonio dell’umanità, con quella luce dorata e divina che riverberano su ogni essere che osserva a bocca aperta. Ritrovare il suo epicentro, allenamento dopo allenamento, per armonizzare con tutti.

Paradiso: costruire insieme ai giovani e bravi calciatori del Ravenna FC, a quel  suo pubblico speciale, abituato a vivere dentro la bellezza e alla difesa del proprio territorio sensibile (anche grazie alla sua laurea in Psicologia) un gruppo potente e coeso, che viva all’interno di dinamiche costruttive ed empatiche, e non di impulsi inconsci distruttivi. Diventare esemplari per il calcio italiano e mondiale. Portare insieme al presidente, all’allenatore, allo staff e alla rosa, il Ravenna FC in alto. Trasformare “la salita” in identità ravennate. Guidare i giovani che vorranno esser guidati ai valori tradizionali di quel calcio che portava l’Italia ad essere campione del mondo.

Dottor Viola, questo è il tuo momento. Tu non sei caduto. Ti sei soltanto spostato. Tu sai che un uomo attendibile dimostra il proprio valore nella transizione. A te non manca niente. Hai esperienza, intelligenza, conoscenza, hai piedi, hai mente, hai una coscienza limpida e luminosa.  

Hai trentacinque/ trentasei anni. Quelli che aveva Dante quando si ritrovò immerso nella selva scura sradicante e problematica del disvalore e probabilmente della depressione. La stessa età, però, in cui molti grandi hanno iniziato una seconda vita. Ravenna non è un rifugio: è un bivio. Puoi fermarti o risalire. Io so già la tua risposta.

Dante chiuse la Commedia e lasciò al mondo una visione unica. Tu puoi aprire un nuovo capitolo della tua storia e mostrare un esempio di vita. La ‘scalata’ che ti aspetta non riguarda solo te, ma una squadra, una città, una comunità intera.

E non possiamo dimenticare che riguarda anche il bambino che sei stato. Quello che giocava con la palla di calze vecchie e carta, senza altro pubblico che il tuo gatto, il tuo cane, e il tuo fratellino.

Dante costruì la Divina Commedia. Tu puoi costruire con i tuoi colleghi la Divina Scalata: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Serie C, Serie B, Serie A. E per finire, sai che ti dico, Nicolàs? Che il presidente del Ravenna FC Ignazio Cipriani e l’allenatore Marco Marchionni, sono due uomini affascinanti e intelligenti. Sono certo che nessuno dei due soffre della Sindrome di Procuste. Perciò caro Nicuccio “bellu meu” dal ‘potrero’ ti urlo con l’anima: “Adelante, con todo!”

Mimmo Politanò