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Politica e Magistratura, rapporto sempre più difficile: la vicenda Gratteri

Lo stato di tensione tra i due Poteri, dopo oltre 30 anni di “conflitto”, ha generato una frattura tanto ampia quanto insanabile

Nicola Gratteri

Nicola Gratteri

Con l’epopea di Tangentopoli, i rapporti tra mondo politico, (inteso come sistema di potere nelle mani di una classe organizzata e strutturata) e magistratura, fino a quel momento conniventi e sotto controllo, segnano un evidente deterioramento quasi sempre ai danni del mondo politico. Esso era meritevolmente rappresentato come fonte di illeciti, storture e abusi ai danni dei cittadini, “obbligati” a rivolgersi al Sistema per il vivere sociale.

Lo stato di tensione tra i due Poteri, dopo oltre 30 anni di “conflitto”, ha generato una frattura tanto ampia quanto insanabile, messa ancor più in evidenza dalla recente Riforma Cartabia dopo il sussulto giustizialista degli ultimi anni.

Nicola Gratteri

Referendum sulla Giustizi e il tentativo della Magistratura di proteggersi

Già i quesiti del fallimentare ultimo referendum sono apparsi come un ulteriore tentativo della parte politica non sufficientemente rappresentata nelle stanze consiliari della magistratura superiore di proteggersi in vista di nuovi rigurgiti forcaioli di PM partitici e solo apparentemente visionari.

Inoltre la riforma, così come approvata, incurante delle esigenze reali dei cittadini, ha messo una discreta pezza sulle possibilità di eccessivo nocumento su vere o solo presunte o ancor più inventate malefatte della politica.

Già la Magistratura tutta, malgrado la stagione degli scandali resi noti da un proprio “prodotto” (Palamara), invece di essere rinnovata oltre che riformata (nel senso che molti dei suoi rappresentanti dovrebbero andare in Riformatorio), si trova ancora in sella e pronta a “rifare” quanto di peggio è stato fatto, riforma Cartabia permettendo.

L’inchiesta di Report

La puntata di Report andata in onda il 13 Giugno attraverso il servizio giornalistico dal laconico titolo (“Toghe Rotte” (ndr denominazione che non cambia comunque quella più originale e realistica di “Toghe Rosse”), ci spiega chiaramente come i complessi equilibri tra potere politico e potere giudiziario rischiano di saltare definitivamente con l’approvazione di una Legge riformatrice che nessuna riforma porterà alle esigenze della società civile.

Sintetizzando al massimo, le conseguenze del progetto di riforma, approvato dal Senato, in ordine agli affaires della politica nostrana, dovrà essere il Parlamento a indicare alle Procure quali reati perseguire in modo prioritario.

Inoltre, fatto inaccettabile per una classe abituata da sempre ad essere intoccabile oltre che ingiudicabile, anche l’organizzazione del lavoro dei Pm sarà sottoposta al controllo del Ministero della giustizia.

Sempre secondo le toghe, che siano rotte o rosse, o entrambe, l’attuale riforma, con il mal celato intento di proteggere la classe politica dagli attacchi antagonisti di altra politica “magistralmente” rappresentata, porterà alla cancellazione di decine di migliaia di processi riguardanti violenze sessuali semplici, reati ambientali, morti sul lavoro, vittime di incidenti stradali e omicidi colposi.

Giudici in Tribunale come politici sulle poltrone

Purtroppo, al pari dei colletti bianchi occupanti le poltrone della politica, la maggior parte dei giudici finge agire nell’interesse dei cittadini per salvaguardare il proprio status di ultra privilegiato.

Infatti, la realtà dei nostri tribunali, ci dice che già da anni, la maggior parte dei processi per i reati che maggiormente investono l’interesse diretto della popolazione (parliamo in ambito penale ovviamente) finisce già in un nulla di fatto.

Al di là della Giustizia ad Orologeria, quale mezzo di “distrazione di massa”, da molto tempo, Procure e Tribunali non riescono a smaltire l’orda di procedimenti di cui sono investite. Burocrazia esasperata, insufficienza di organici, inadeguatezza dei mezzi, sono queste le voci più “rinomate” che portano al “lavaggio” della prescrizione.

Nel servizio di Report, l’ottimo Sigfrido Ranucci, ci spiega bene tutta la situazione, con la solita chiarezza di un giornalismo d’indagine che in Italia ha pochi omologhi, purtroppo.

Le soluzioni (un po’ scontate) di Report

Di più, l’abile conduttore, ci propone anche le soluzioni per risolvere il problema. Soluzioni tanto scontate (incremento del personale, snellimento nelle procedure di notifica, etc ) quanto inapplicate. In realtà, ci sono due cause ben definite che, in aggiunta alle deficienze rimarcate nel servizio delle “Toghe Rotte” ci hanno portato al rovinoso stato dell’arte del sistema giudiziario di cui anche la redazione di Report probabilmente ne ignora la portata:

  1. L’incompetenza atavica dell’apparato (soprattutto in ordine alla Giustizia inquirente) che vede pessimi protagonisti PM, organi di polizia giudiziaria delegati, Giudici togati, dipendenti statali al servizio degli stessi (in particolar modo del primo grado di giudizio).
  2. L’intreccio di risvolti carrieristici che si esprimono in abbracci sconsiderati tra gli organi inquirenti e giudicanti, il tutto a scapito del cittadino che sia in qualità di parte offesa che di indagato/imputato vengono buttati in un tritacarne per vedersi molto lentamente macinati prima di poterne definitivamente uscire.

Il caso simbolo di Nicola Gratteri

Basti pensare alla sconsiderata percentuale di sentenze di primo grado ribaltate in appello e ai risarcimenti ingentissimi dovuti per gli errori giudiziari. O alle indagini incongruenti e superficiali di un numero indefinito di procedimenti per portarci a ritenere inutile ogni tipo di riforma se gli addetti ai lavori non sapranno esprimere la professionalità necessaria per fare le cose per bene oltre ad essere realmente separati nell’esperire il proprio lavoro, vuoi di inquirente, vuoi di giudicante.

Ad una diversa lettura della situazione, verrebbe da dire che in fondo prescrizione diffusa e incertezza della pena hanno rappresentato quegli anticorpi necessari per limitare errori, inefficienze ed ingiustizie per un considerevole numero di cittadini, anche se purtroppo hanno favorito il crimine organizzato, le mafie dei colletti bianchi ed i delinquenti abituali certi di di non scontare mai la pena.

Sperare che le cose andranno meglio in futuro è lecito. Tuttavia alquanto onirico se pensiamo che nell’ultima elezione del Procuratore nazionale antimafia abbiamo visto la bocciatura di Nicola Gratteri.