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Peste suina Roma, abbattimento di cinghiali: siamo sicuri sia la soluzione?

L’Organizzazione internazionale protezione animali: “Studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate”

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Peste suina a Roma “oggi si insidierà la cabina di regia a guida del prefetto che stilerà un piano per ridurre la presenza dei cinghiali. Trenta giorni è il termine ultimo. Ma speriamo che nei prossimi giorni venga già ultimato”.

Lo ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ai microfoni di “24 Mattino” su Radio24.

Ungulati e peste suina: tutta Roma “zona rossa”

L’ordinanza del 17 maggio ha stabilito che tutti i quartieri della Capitale che si trovano all’interno del Grande Raccordo Anulare fanno parte di quella che è stata dichiarata zona rossa.

Di essa fanno parte anche alcune zone a nord del Gra. L’intervento di depopolamento avverrà nella zona bianca, una sorta di area cuscinetto. Nella zona di controllo si prevedono anche abbattimenti notturni con l’uso di termocamere per individuare gli animali nel buio. Attenzione alta anche negli allevamenti e ricerca delle carcasse in queste aree. Nella Regione Lazio in data 18 maggio erano dieci i casi conclamati di peste suina. 

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Cinghiali in Italia, mancanza di dati sul numero di animali

“In Piemonte dove la peste suina è sorta prima, sono stati abbattuti oltre 500 capi. Si procederà con l’utilizzo di cacciatori abilitati e poi, in base alle zone e alle condizioni, si valuterà la tipologia insieme ai cacciatori che sono nostri alleati” ha proseguito Costa.

Un numero preciso su quanti siano i cinghiali nel nostro Paese “non c’è” e questo “è un elemento tangibile che la situazione è fuori controllo. Siamo di fronte a una situazione che non è stata gestita”. “Le stime parlano di oltre 2 milioni di cinghiali, un numero insostenibile”, ha aggiunto.

“Vi è un’emergenza legata alla troppa presenza di cinghiali che fanno innumerevoli danni al settore dell’agricoltura e che mettono a rischio anche l’incolumità delle persone” ha sottolineato Costa. Bisogna ristabilire il giusto equilibrio e c’è bisogno dell’intervento dell’uomo. I cinghiali devono continuare a vivere ma nel loro habitat”, ha concluso il sottosegretario.

“In Sardegna siamo alla fine del percorso sulla peste suina. Già dalla prossima settimana si uscirà da questa situazione e presto potrà tornare ad esportare i suoi prodotti fuori dall’isola”. “In Piemonte, Liguria e Lazio così come nel resto del Paese c’è un monitoraggio costante e i casi segnalati riguardano solo quelle tre regioni”, ha aggiunto.

Abbattimento cinghiali, siamo sicuri sia la vera soluzione?

In contrasto con le decisioni del Governo molti cittadini e diverse associazioni animaliste che spiegano come l’abbattimento degli animali non serva ad arginare il virus, non solo, le eviscerazioni prive di metodi igienici svolte spesso dai cacciatori sono uno dei fattori che aumenta la diffusione del virus.

Tra demonizzazione antiscientifica di questi animali e negazione del problema, la questione deve dunque essere esaminata con lucidità all’interno di un paradigma ecologico e non solo distruttivo, innanzitutto partendo da una diversa gestione dei rifiuti, i quali attirano gli ungulati nelle città.

L’associazione Oipa ha infatti spiegato che dove funziona la raccolta porta a porta della spazzatura i cinghiali non arrivano.

La regola biologica: all’uccisione della matrona figliano tutte le altre

Il presidente dell’Organizzazione internazionale protezione animali Massimo Comparotto ha affermato che le uccisioni non sarebbero affatto risolutive: “Studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate”.

Ogni famiglia di cinghiali- spiegava Mazzatenta all’Adnkronos Salute nel 2019 “è comandata da una femmina, la “matrona” o matriarca. La matrona è madre di tutti i componenti (tranne i maschi maturi, che vengono allontanati dal gruppo). La matrona emette un feromone che blocca l’estro delle altre femmine. lei è l’unica che si riproduce, ma è anche quella che è più a rischio per la caccia, perché negli spostamenti mette al sicuro i piccoli e tutti i componenti del gruppo e finisce per esporsi di più ai colpi dei cacciatori.

Se viene uccisa, però, il blocco scompare e tutte le altre femmine vanno in estro.

Risultato: se prima la matrona aveva 5-6 cuccioli, poi le sorelle finiscono per formare gruppi di 50 esemplari”.

Insomma rendere le aree urbane appetibili a questi animali, distruggere il loro habitat per poi lamentare la loro presenza e sbarazzarsene in modo cruento è proprio l’atteggiamento irresponsabile e miope che ci ha condotti al problema. E che ora pretendiamo di risolvere con gli stessi metodi, violenti, ma non lungimiranti.

Ricordiamo inoltre che la peste suina africana non è trasmissibile agli esseri umani.