“Pensione? Scordatela”, la nuova regola di Governo che ti costringe a restare in ufficio oltre i 71 anni | Condanna firmata

Cambia tutto sulle pensioni - pexel - romait.it
Con questa nuova regola, lo Stato ti toglie la pensione. Dimenticati di poterla prendere, ti conviene adattarti
La pensione è il traguardo naturale di una carriera lavorativa, il momento in cui dopo anni di impegno si riceve un assegno mensile che garantisce continuità economica anche fuori dal mondo del lavoro.
Si tratta di una forma di indennità che rappresenta il riconoscimento di decenni di attività, di contributi versati, di sacrifici fatti lungo un percorso professionale.
Gli importi variano molto da persona a persona, perché dipendono dalla tipologia di impiego svolto, dal livello di inquadramento, dal numero di anni di contributi accantonati e dal sistema previdenziale applicato.
Non tutti, quindi, percepiscono la stessa cifra e spesso le differenze sono consistenti.
Età pensionabile e sistema italiano
In Italia la pensione resta uno dei temi più discussi, anche perché rappresenta la voce di spesa più consistente del bilancio pubblico. I cittadini guardano alla propria pensione con un misto di speranza e timore: c’è chi confida di ricevere un assegno adeguato e chi teme invece che i contributi accumulati non basteranno a garantire una vecchiaia serena.
L’età pensionabile, l’importo mensile e le modalità di accesso sono infatti elementi che da decenni subiscono modifiche, spesso con risvolti non facili da digerire.
Basta pensare che ogni generazione ha visto cambiare più volte le regole. C’è chi è andato in pensione con il sistema retributivo, calcolato sullo stipendio degli ultimi anni di lavoro, e chi invece si ritrova con il sistema contributivo, legato strettamente a quanto effettivamente versato.

Addio pensione
Come riportato da money.it, chi ha iniziato a lavorare in determinati anni si trova oggi in una condizione di svantaggio evidente. Il sito sottolinea che coloro che hanno iniziato a versare i contributi tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila rischiano di dover aspettare molto più a lungo rispetto a chi li ha preceduti. Questo perché, a partire da allora, è entrato in vigore in maniera strutturale il sistema contributivo, che non offre le stesse garanzie del retributivo.
In particolare, chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi non può contare su alcuna quota calcolata con il vecchio sistema, ma esclusivamente sul contributivo. Questo significa che l’assegno finale dipenderà solo e soltanto da quanto versato e dall’andamento economico, senza le protezioni che in passato garantivano cifre più elevate. Secondo le stime, il risultato è che i lavoratori più giovani di oggi si troveranno a percepire pensioni inferiori e soprattutto a dover attendere più a lungo per riceverle. I giovani insomma rischiano di andare in pensione sempre più tardi. Si ipotizza che la generazione che oggi ha tra i venti e i trent’anni potrebbe trovarsi a ricevere la pensione non prima dei 70 anni, con assegni spesso modesti.