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Patrimonio Roma, appello di Unione Inquilini: “No alla vendita”

Una lettera ai consiglieri: “Non votate la delibera nella parte della vendita degli alloggi”

La delibera sulla vendita del patrimonio immobiliare di Roma Capitale è stata presentata lo scorso 6 febbraio in Campidoglio, nella sala della Protomoteca, proprio dal sindaco Ignazio Marino (qui i dettagli). Una delibera che ora dovrà ottenere, o meno, l'assenso del Consiglio comunale.

In attesa che se ne discuta in Aula Giulio Cesare, è Unione Inquilini a opporre qualche veto. "Vi chiediamo – dice Unione Inquilini rivolgendosi ai consiglieri comunali – di sospendere la discussione e di non approvare la delibera così come proposta dalla Giunta poiché i presupposti e i dati forniti, per motivare l'esigenza di vendere gli appartamenti, sono carenti e in molti casi inesatti e reticenti". Unioni Inquilini, inoltre, sostiene che la delibera n.88 prevede "la vendita di 427 appartamenti a uso residenziale, e non 294 come appre nelle slide".

Insomma, Unione Inquilini denuncia ce non sussiste la necessità di vendere il patrimonio di Roma Capitale: al contrario, si tratterebbe di "un ulteriore regalo a chi in questi anni ha usufruito di abitazioni a un costo bassisimo pu avendo un reddito alto". 

"Ricordiamo innanzitutto che per avere in locazione una casa del patrimonio del Comune non si è passati per regolari concorsi o graduatorie, e non vi è alcuna regola circa i redditi che gli inquilini devono avere per poter abitare in queste case" – denunciano gli inqulini. Sulla reale redditività del patrimonio, "sin dal 2006" i sindacati degli inquilini "hanno chiesto di fissare i canoni di locazione ma i vari assessori che si sono succeduti, non hanno mai firmato alcun accordo e non hanno mai potuto chiedere aumenti di canone agli inquilini". Solo nel marzo del 2014 "il Comune e le organizzazioni sindacali degli inquilini hanno sottoscritto l'accordo previsto dalla legge 431/98 sui canoni di locazione, portando i canoni di locazione da un minimo di 100 euro per chi ha un reddito basso fino a canoni di mercato per chi ha redditi superiori a 50.000 euro, ma l'Assessorato non ha ancora neanche iniziato a inviare le lettere di richiesta dei redditi agli inquilini, mentre l'accordo prevedeva la decorrenza dal giorno dell'invio delle lettere".

Un esempio. "A fronte di un canone irrisorio oggi versato" e "applicando l'accordo di marzo", il "Comune potrebbe richiedere, per l'appartamento di via dei Coronai un canone mensile da 360 fino a 2.200 euro, a seconda del reddito del nucleo familiare (a fronte degli attuali 92), e per l'appartamento di piazza Trilussa da 200 a 1.200 euro (a fronte degli attuali 80)" – prosegue la lettera aperta dell'Unione inquilini ai consiglieri comunali. Il Comune, pertanto, "ogni mese sta perdendo da un minimo di 30.000 a 300.000 euro".

Dunque, più che una vendita, agli inquilini sembra necessaria una corretta gestione del patrimonio "che potrebbe rendere moltissimo al Comune". E sul reale valore di vendita degli appartamenti, "la delibera non dice quale sarebbe il valore dei singoli immobili, ma si limita ad affermare che l'importo complessivo sarebbe di oltre 308 milioni. E' sufficiente fare una piccola divisione (308 milioni diviso i 571 immobili) per accorgersi che in media gli immobili verranno venduti a circa 540.000 euro (la media comprende anche le cantine)". "E' evidente – prosegue la lettera – che questo è un prezzo tale per cui pochissimi inquilini potrà comprare l'appartamento da lui abitato, ovvero lo potranno fare solo inquilini che potrebbero trovare un appartamento sul libero mercato perché hanno un reddito alto". Inoltre, "è molto probabile che il prezzo indicato in delibera sia il prezzo di mercato che, invece, deve essere ridotto del 30% in caso di acquisto da parte degli inquilini".

L'importo totale dell'eventuale vendita indicato in delibera, "deve essere ridotto del 30% con la conseguenza che gli eventuali milioni non supereranno i 200". Però "i dati forniti dalla Romeo dicono che solo il 15% degli inquilini di alloggi ha in corso un regolare contratto, mentre circa un 35% avrebbe diritto alla voltura del contratto, mentre il restante 45% è occupante senza titolo, alcuni da oltre 50 anni, e 12 case sono libere da anni".  

Pertanto, "prima di procedere alla vendita è indispensabile verificare bene la situazione giuridica dei singoli contratti degli inquilini, anche per non fare una sanatoria degli occupanti senza titolo" – continua la lettera. "Mentre l'assessore Danese chiede allo Stato di stanziare 200 milioni per l'emergenza abitativa, la sua Giunta gli sottrae proprio quei 200 milioni di proprio contributo, a cui il Ministero condizionava il versamento della sua quota di stanziamento. Senza i 200 milioni del Comune, Roma perderà anche i 200 milioni del Ministero" – concludono gli inqulini, che per questo chiedono "di sospendere l'approvazione della parte della delibera che concerne la vendita degli alloggi, fino a che l'Assessorato non avrà prodotto un elenco completo sia del valore, sia della situazione contrattuale, a seguito dell'applicazione della delibera 165/14 sui canoni, dei singoli immobili".

Ecco, allora, che l'appello di Unione Inquilini si fa concreto: "Si proceda con la vendita dei locali commerciali e si utilizzi l'intera entrata per risolvere l'emergenza abitativa".

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