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Omicidio Colleferro, i nuovi mostri. Analisi profonda di un artenese doc

Nessuno tocchi Caino, mentre Abele può ancora essere straziato dopo morto. L’omicidio di Colleferro presenta i nuovi mostri

Omicidio Colleferro

Omicidio Colleferro, fiori per Willy

I gravi fatti di violenza accaduti a Colleferro ci inducono a riflettere sulle cause di essa e sui possibili, necessari rimedi da porre in atto.        

Culto fanatico della violenza e narcisismo sadico      

Non c’è chi non sia rimasto colpito dalla barbara uccisione del giovane Willy Monteiro Duarte da parte di un branco di balordi fanatici cultori della violenza. Violenza esercitata nel modo più brutale per la sopraffazione degli altri con la prevaricazione fisica fino all’estrema conseguenza.

Colpisce inoltre la mancanza di un movente o di uno scopo, che  non sia quello dell’affermazione della propria individualità malata, bisognosa di nutrirsi del dolore altrui per soddisfare le proprie voglie più perverse e sadiche. Proprio perciò, anzi, lo sgomento e l’orrore provati da qualsiasi persona dotata di un minimo senso di umanità alla sola notizia del fatto accaduto, sono superiori a quelli sentiti per altri orribili episodi, cui purtroppo la cronaca ci ha abituato.

Il barbaro delitto. Dolore e riprovazione sociale

Non c’era un movente, quale per esempio la punizione per uno sgarro, anche se adesso sappiamo che gli autori, i fratelli Bianchi e gli altri due, erano tra l’altro dediti allo spaccio di droga.

Inoltre, quando la Camorra o altre associazioni malavitose vogliono punire qualcuno con la morte, di solito lo uccidono con azioni improvvise, senza perdere tempo con inutili torture.

Si racconta che sia iniziata una lite all’interno di un pub per le offese rivolte da un membro del gruppo criminale a una o due ragazze di un gruppo di giovani. Lite proseguita poi all’esterno, con il tentativo da paciere del povero Willy. A quel punto sono intervenuti i Bianchi e i loro amici, Pincarelli e Belleggia. Non ne è scaturita la classica rissa, ma l’aggressione bestiale a Willy, mentre gli altri giovani presenti scappavano.

In pochi minuti, facendo uso di tutte le loro capacità derivanti dalla pratica delle MMA (Mixed Martial Arts), gli esaltati uccidevano Willy nel modo atroce descritto dalle testimonianze e riportate sui media.

Quindi, si dice, la gang si dileguava e andava a bere birra in un altro locale, magari per festeggiare o per accordarsi sulle versioni da fornire, nel caso fossero scoperti. Come poi è avvenuto.

Ora, dopo il dolore e i funerali di Willy a Paliano, cui hanno preso parte la popolazione e le rappresentanze  delle Istituzioni, ci si interroga sulla genesi di tale violenza e sulle cose da fare per contrastarla.

Omicidio Colleferro. Sindaci, le fiaccolate lasciatele a Don Camillo, cacciate i mostri dal vostro Comune

In molti pongono l’accento sulla crisi della famiglia e sul ruolo dell’educazione scolastica

Gli esponenti del Governo affermano che è tanto più urgente adesso riaprire le scuole, chiuse a causa della pandemia. Come se questa fosse una soluzione al malessere sociale. Molti giornalisti e politici (ma anche gente comune) sostengono che la responsabilità è anche della società, se da essa provengono simili mostri. Il che forse è vero, ma in un modo molto particolare, a parer mio.

Ipotesi sulla genesi della violenza e sugli sviluppi di essa

Purtroppo, la società attuale accetta ogni tipo di comportamento deviante come comprensibile o addirittura giustificabile, avendo rigettato qualsiasi giudizio morale.

Si è confuso il comprendere un fenomeno con il giustificarlo.

Tutto cominciò dopo le prime contestazioni giovanili degli anni ’60, dirette a demistificare l’ipocrisia regnante nel mondo degli adulti, che rispettava le regole dell’autorità e della gerarchia sociale e perciò giustificava pure la suddivisione classista, creata dall’economia.

Era necessario quindi abbattere le sovrastrutture: arte e letteratura, religione e valori morali. Si confuse il ruolo storico a volte conservatore dell’istituzione religiosa con l’esigenza dell’animo umano. Ovvero, con l’acqua sporca si buttò anche il bambino.

Successivamente, gli adulti fecero proprie quelle istanze. Si cominciò con il discorso pietistico a sforzarsi di capire perché un giovane si drogasse. Se lo fa, avrà dei problemi, si disse: perciò bisogna aiutarlo. Del resto, nella tramontante civiltà contadina non si faceva uso del vino?

L’operaio che dai nostri paesi tornava stanco dal lavoro nei cantieri edili a Roma faceva tappa all’osteria. Anch’egli aveva problemi, erano quelli della stanchezza e della sussistenza della famiglia. Mentre quelli del giovane che si drogava erano di tipo psicologico.

Drogarsi divenne poi universalmente accettato, soprattutto per gli effetti devastanti del movimento freak e del ’77. Il motto fu: “riprendiamoci la vita” e inoltre, per la campagna antiproibizionista del Partito Radicale.

La globalizzazione ha alimentato la povertà

Parallelamente, la ristrutturazione mondiale del capitalismo condusse al fenomeno della globalizzazione. Capitali finanziari venivano e sono tuttora spostati da un angolo all’altro del pianeta alla velocità della luce. La produzione di nuove merci tecnologiche si attua tramite uno sfruttamento più capillare di risorse materiali. Da cui deriva un incremento esponenziale della povertà di quello che si chiamava prima terzo mondo. Agli abitanti dei paesi occidentali (ma anche a parte di quelli emergenti, come Cina e India) è stato dato il doppio ruolo di  produttori-consumatori, con la prevalenza del secondo.

I consumi individuali una volta superflui, cioè secondari rispetto a quelli di prima necessità, sono divenuti fondamentali per l’economia supertecnologica. Da ciò è derivato un impulso forte all’ideologia dei diritti individuali. Per cui alla fine ogni individuo può fare quel che vuole per soddisfare il proprio piacere, anche se ciò possa comportare danno ad altri. Relativismo del piacere, relativismo morale: una cosa è buona se mi soddisfa, mi fa comodo.

Educazione e punizione

In questo quadro, le dichiarazioni di solidarietà con gli oppressi e maltrattati sembrano mere attestazioni formali. Né servirà il rientro a scuola tanto auspicato, poiché quello è il luogo in cui i ragazzi non hanno alcun dovere, ma soltanto diritti (vedere la Carta degli Studenti).

Anzi, finora è stato il luogo prediletto per il consumo e lo spaccio di droga, proprio per una adeguata concezione della privacy. E per il fatto che nessun comportamento può essere sanzionato negativamente. Chissà se per attuare le prevenzioni antivirus adesso si attuerebbe un controllo più efficace. Però, ne dubito fortemente.

Alla fine, il problema è davvero quello di ricostruire un tessuto sociale ormai del tutto lacerato e corrotto.

Il problema è quello della ricerca di pochi valori condivisibili, universali e fondanti, che non siano un’astratta solidarietà per il disabile o l’emarginato, ma l’espressione della dignità dell’essere umano. Dignità che può estrinsecarsi e affermarsi. Riconoscendo che nell’animo umano coesistono il bene ed il male, o perlomeno le pulsioni che portano ad agire l’uno o l’altro.

Il male purtroppo ha un fascino maggiore, che diventa preponderante senza argini forti

L’argine migliore è la coscienza morale che ogni impulso o atto ha conseguenze, che bisogna valutare, approvare o condannare. Cosa che si può fare con le leggi positive, costruite in modo da poter analizzare i differenti gradi di male arrecati al singolo o alla comunità.

Leggi che dovrebbero essere poche e chiare, che prevedano l’applicazione di pene dalla minima alla massima. Che sarebbe l’espulsione finale dalla comunità nei casi più gravi.

Non si può ancora sostenere, come il nome dell’associazione creata dai  Radicali con residui del terrorismo: Nessuno tocchi Caino. Mentre Abele può ancora essere straziato dopo morto.

Ciò per la difesa dell’integrità dell’essere umano.

Allora, riconoscendo che ogni atto dell’uomo è degno di lode o passibile di condanna, sarebbe possibile rifondare l’educazione degli individui per svilupparne la conoscenza e le capacità.

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