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Occidente, il pregiudizio che acceca: “Noi sì che siamo democratici e quindi superiori”

Difendere i nostri interessi è naturale. Promuovere lo stile di vita occidentale è lecito, ma non siamo gli apostoli del Bene

Roma, passeggiata sui Fori

“Noi sì che siamo democratici. E in quanto democratici siamo superiori – in senso morale prima ancora che politico – a qualsiasi altro Stato che democratico non è. Come la Russia. Come la Cina. Come l’Iran. Eccetera eccetera.”

Pensare di essere migliori sempre

La posizione dell’Occidente è questa. Anche se di solito non viene formulata per intero e ci si limita a richiamarla in maniera sintetica. O persino implicita.

Gli esempi sono innumerevoli. Con una frequenza che però va aumentando sempre di più, in parallelo alle crescenti turbolenze che si verificano in giro per il mondo e che spingono verso il superamento dell’assetto unipolare a trazione statunitense. Una frequenza che ormai è diventata uno standard abituale. Per non dire pappagallesco.

Spesso, spessissimo, basta un’unica parola. Che diventa un’etichetta. E che fa pendere la bilancia tutta da una parte.

I leader delle nazioni ostili? Degli “autocrati”. Le elezioni le faranno pure ma non corrispondono appieno ai nostri standard e perciò, a nostro insindacabile giudizio, sono da considerare inattendibili. Togliendo quindi ai rispettivi governi il presupposto stesso della loro legittimità.

Gli Stati che invece si vogliono difendere sempre e comunque? Delle vere “democrazie”. Magari le uniche e le sole, nelle rispettive aree geografiche.

Israele, per citare il caso all’ordine del giorno.

Schematici. E sprezzanti

È così che succede. È così che si ripete. Quelle etichette, ribadite a oltranza, diventano dei marchi permanenti. Senza più nessuna necessità di argomentarne la fondatezza.

Delle condanne definitive e inappellabili, se a carico degli avversari di turno. O viceversa delle aureole fulgide e definitive e indiscutibili, se a favore dei Paesi amici.

Chi replica i nostri modelli è buono e va tutelato in ogni caso. Chi non lo è viene demonizzato. E magari anche ridicolizzato, alla stregua di un megalomane a metà strada tra la farsa e la tragedia. Tra l’inquietante e il grottesco. Personaggi che hanno usurpato il proprio potere e che potranno anche essere pericolosi ma che, suvvia, non meritano nessun credito e nessuna legittimazione.

Giusto un paio di giorni fa, mercoledì scorso, il titolo di apertura del Foglio era un concentrato di disprezzo e di sarcasmo: Putin e Patrushev sul lettino dello psicoanalista. “Il disturbo paranoide di personalità” al Cremlino diagnosticato da “uno bravo”.

A tracciare un giudizio così sferzante era Giuliano Ferrara. Che non sembra esattamente il più adatto a ergersi a giudice delle altrui nefandezze.

Ma tant’è. Dal momento che anche lui parla in nome e per conto dell’Occidente “democratico”, i difetti personali scompaiono e resta solo il crisma collettivo della succitata superiorità, sia morale che politica.

Nelle intenzioni non c’è bisogno di nient’altro. Nei fatti, al contrario, ce n’è bisogno eccome.

Un ritorno (urgentissimo) alla realtà

Non è solo un problema di cattiva propaganda. E quindi, specialmente alla lunga, di manipolazione ai danni di noi cittadini.

In una democrazia autentica dovremmo essere stimolati a incrementare di continuo la nostra consapevolezza. Sotto la pressione incessante dei media mainstream accade il contrario: veniamo sommersi da un diluvio di stereotipi e di schemi a senso unico.

Ma l’aspetto ancora più grave è un altro. È che questa rappresentazione semplificata e autoassolutoria tende a contaminare anche le classi dirigenti. Risucchiandole all’interno delle loro stesse messinscene.

Abituate a replicare all’infinito lo stesso copione (noi siamo i buoni, tutti gli altri sono i cattivi) finiscono con il perdere la capacità di addentrarsi nelle singole vicende e analizzarle più a fondo. In modo tale da dare atto, e allo stesso tempo da rendersi conto, che le luci e le ombre sono distribuite in maniera molto meno univoca.

Gli occidentali? Apostoli del bene

I torti e le ragioni si intrecciano. I grovigli hanno cause complesse e responsabilità eterogenee. Le concrete vie d’uscita dalle situazioni di crisi, o di conflitto, non rispecchiano necessariamente i desideri: annichilire i nemici sarebbe forse l’ideale ma può ben darsi, ahinoi, che una vittoria così totale non sia possibile. Né oggi né in futuro.

Il mondo sta cambiando e lo sta facendo in fretta. Se l’Occidente vuole sopravvivere ai suoimolti fattori di debolezza, che solo in parte dipendono da dinamiche esterne e che lo stanno portando a implodere sotto il peso delle proprie contraddizioni, deve tornare con la massima urgenza a calarsi nella realtà.

Difendere i nostri interessi è naturale. Promuovere i nostri stili di vita è lecito.

Ma non siamo gli apostoli del Bene, anche se ci piace tanto pensarlo. E non siamo predestinati a plasmare la Storia a nostra immagine e somiglianza.

Prima lo capiremo e tanto meglio sarà.

Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia