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Mostra Pasolini: l’enigma PPP, ancora oggi il suo è un nome scomodo

Ma quale ruolo ebbe la sua sessualità nella vita di artista di Pasolini? Enigma ancora irrisolto e non si tratta di cosa da poco…

Pier Paolo Pasolini. Mostra a Palazzo Esposizioni, Roma

Pier Paolo Pasolini. Mostra a Palazzo Esposizioni, Roma

Pasolini. Ancora oggi un nome scomodo, quindi coraggiosa l’idea di dedicargli una mostra che spazia nella sua attività come poeta, scrittore, regista, analista del costume, non trascurando il lato umano e le testimonianze di chi l’ha conosciuto. Al Palazzo delle Esposizioni una rassegna del suo cinema, con salette dedicate a proiezioni e una sezione per i costumi di scena, giornali d’epoca esposti in bacheca con i suoi articoli, una mostra dei suoi libri, esposti su un grande tavolo per il pubblico e molto altro.

Uno, cento, mille Pasolini

Un uomo che ha assunto posizioni estreme, con alcune battaglie che l’hanno caratterizzato profeta eretico, come quella contro la civiltà di consumi, la odiata borghesia e, soprattutto, la televisione, per lui strumento di omologazione e massificazione. E proprio queste sue posizioni estreme gli hanno impedito di diventare, direi fortunatamente, un intellettuale “organico” cosa che ci si sarebbe aspettata da un militante del partito comunista, da cui fu espulso per la sua omosessualità.

Tuttavia parlare di omosessualità non è preciso. Pasolini si definiva pederasta, come ricorda un pannello della mostra, perché il suo amore andava verso i giovani dai 14 ai 16 anni. E questa sua onestà, se certo non basta ad assolverlo, è sufficiente per riconoscergli una sincerità che sconfina nell’ingenuità.

Dopo aver percorso l’itinerario della mostra dobbiamo però capire di quale Pasolini stiamo parlando, perché non ne emerge uno solo, ma molti. E, soprattutto, a quale Pasolini dobbiamo credere. Eh si, perché il Pasolini regista passa dalla tragedia di “Medea”, al Boccaccio del “Decamerone”, per arrivare ad “Accattone” e “Mamma Roma”, questi ultimi quasi dei documentari sulle borgate romane. E non sembra esistere un filo conduttore tra queste pellicole, se non quello dello scandalo, che arriva poi al delirio sodomita e coprofago delle “Giornate di Sodoma”, allucinante apologo sul potere e il fascismo.

Pasolini regista incontentabile

Ma accanto a questo potrete ammirare in una grande sala i costumi dei suoi film, frutto di un lavoro attento e prezioso sui materiali che meriterebbe da solo una esposizione, come già accaduto per Visconti. Le testimonianze raccolte da chi vi ha lavorato raccontano di un impegno e di una ricerca assidua da parte di Pasolini, regista attento e incontentabile.

E che dire poi della figura della MADRE e lo scrivo non a caso in maiuscolo e soprattutto quale madre? La madre vera, quella che lo accompagnò a Roma dopo i guai giudiziari in Friuli, la madre DEA, incarnata dalla Mangano con cui ebbe un lungo sodalizio spirituale fino quasi a creare un “matrimonio” virtuale” o la madre prostituta e accudente di Mamma Roma della Magnani? In una saletta dell’esposizione abbiamo un filmato in cui la Mangano, vestale e musa pasoliniana, cammina in un grande prato, con un sorriso ipnotico e una grazia soprannaturale, quasi galleggiando tra l’erba e i fiori.

La madre e la figura femminile in Pasolini

Un’immagine indimenticabile di grazie e purezza che stona con le crudezze di “Salò” o di “Porcile”. E dalla figura della madre nasce la sua condanna dell’aborto, visto come un’inaccettabile violenza dell’uomo sulla donna, che dopo averne preso il corpo, non contento dello stupro, si disfa del prodotto del concepimento. L’articolo originale, che potete leggere nella bacheca in cui è conservato, potrebbe ancora oggi essere motivo di discussione e riflessione, pur potendo non condividerne le conclusioni.

La sacralità della figura femminile per Pasolini è indiscutibile, venendosi addirittura a concordare con quella della Chiesa secondo cui la donna è sacra perché madre. E incredibilmente assente in tutta l’esposizione, la figura del padre Carlo Alberto, l’uomo che fermò Anteo Zamboni mentre fuggiva dopo l’attentato a Mussolini per essere poi linciato dalla folla dei fascisti. Su di lui il silenzio, un silenzio, credo, assolutamente non casuale, come quello sulla morte del fratello, trucidato dai partigiani comunisti.

Pasolini nemico della borghesia

Nemico della borghesia e di tutto quello che rappresenta, Pasolini intuì e capì il ’68 meglio di tanti altri che ne fecero la loro bandiera e camparono di rendita sugli “anni formidabili” fino ad essere seppelliti dal Gaber di “La mia generazione ha perso”. Pasolini non cascò nell’inganno della contestazione e tolse la maschera ai falsi rivoluzionari figli della borghesia che si scontravano con i sottoproletari venuti dal Sud.

Profetico anche nella sua frase sui poliziotti “che puzzavano di caserma e di rancio”, riportata nell’articolo che troverete in versione integrale sempre conservato in bacheca. La puzza dei poveri, un odore che non si toglie con nessun sapone, verrà ripreso dal film premio Oscar “Parasite” dove è l’odore dei poveri che vivono nelle stamberghe quello che li fa scoprire agli occhi della “upper class” presso cui lavorano. Pasolini profeta ancora una volta.

Qual è l’enigma Pasolini?

Ma quale ruolo ebbe la sua sessualità nella vita di artista? Enigma ancora irrisolto e non si tratta di cosa da poco. Le sue intuizioni e le sue profezie hanno forse meno valore alla luce della sua pederastia, pubblicamente confessata, e delle sue frequentazioni? Perché il coraggio della sua “diversità” a Pasolini non è mai mancato, così come di confessare la sua predilezione per i ragazzini. E il “rimorchiare” dalla sua spider i sottoproletari promettendo soldi e insistendo per avere incontri “proibiti”, come esposto in una tavola esposta nella galleria, inficia il suo pensiero?

La sua critica ai 68ini era influenzata dal fatto che a quell’epoca, come raccontano, aveva una relazione con un poliziotto? La sua cinematografia così scandalosa era un manifesto antiborghese come in “Porcile” ed antifascista come in “Sodoma”, o solo uno sfogo autorizzato delle sue pulsioni più proibite sotto la cappa del suo pensiero rivoluzionario? Dove finisce la perversione portata sullo schermo per un piacere di proprio uso e consumo e dove inizia il discorso politico e iconoclasta? Vedendo “Sodoma”, per chi ne abbia la forza si intende, il dubbio di un autoerotismo mascherato da cinema non tarda a sorgere.

Senza contare che, suo malgrado, alcuni film sono stati come la scimmia che apre la gabbia della tigre; che il suo Decamerone diventasse il progenitore dell’Ubalda, o che “Sodoma” avrebbe aperto la strada a “L’ultima orgia del terzo reich”, ovvero al filone “Boccacciopecoreccio” ed al “Naziporno” che hanno imperversato sugli schermi degli anni 70, credo lui non l’avrebbe mai potuto pensare. E continuando su questa strada; il suo amore per il sottoproletariato e le borgate era dovuto veramente alla loro “purezza”, pericolosamente insidiata dalla società dei consumi, o solo un riflesso delle sue incursioni sessuali, rese più facili dalla superiorità culturale con cui affascinarli e dal denaro di cui disponeva? Come un bambino chiuso la notte nella pasticceria Pasolini aveva scoperto il mondo delle borgate ed i suoi giovani abitanti, che descrisse nei suoi romanzi, indugiando sugli incontri nei cinema di periferia e nei giardini pubblici.

Quale è la verità, li amava o se ne serviva? Senza dubbio il fenomeno delle “borgate” ha trovato in lui un osservatore tra i più attenti, anche se il cinema se n’era accorto già da tempo con film come “Il tetto” o l’”onorevole Angelina” con la SUA Magnani; ma Pasolini voleva una emancipazione di questo popolo o preferiva che mantenesse la sua “purezza”? E di questa era veramente innamorato o i suoi scopi erano altri? Tra i giornali esposti troverete anche un interessante intervista sui tutti i luoghi della prostituzione maschile di Roma, che vedeva Pasolini tra i clienti più assidui e sarà proprio una di queste sue frequentazioni a portarlo alla tragica fine.

Per me è, ma è solo un parere personale, questo è il grande “enigma” di Pasolini; si può prendere l’uomo e i suoi scandali e scinderlo dal suo lavoro e dal suo pensiero? In una sala è stato esposto un murales con tutti i procedimenti penali a sua carico che occupa tutta l’ampiezza della parete. Possiamo solo immaginarci oggi, nell’epoca di Facebook e di Twitter, cosa sarebbe successo sui media dei suoi processi e delle sue frequentazioni. Ma anche allora la stampa non scherzava e le vignette del “Borghese” su di lui, esposte in una sala al pubblico, oggi non sarebbero più pubblicabili.

La sua battaglia contro la televisione partiva dall’idea che i ceti sociali inferiori non fossero capaci di distinguere i programmi di qualità da quelli di basso livello, tesi solo a creare un consumatore da irreggimentare. In parte questo potrà anche essere successo, ma la televisione ha contribuito a dare un linguaggio comune agli italiani, che hanno avuto la possibilità di vedere il teatro, i grandi romanzi e l’informazione direttamente nelle loro case. Gli ascolti di certi “reality” di oggi parlano chiaro e confermano in parte la sua profezia, ma il paese è anche cresciuto; il trash lo si guarderà pure, ma ben sapendo che è trash.

La sua stessa fine ha ancora oggi molti punti oscuri, nonostante la testimonianza di Pelosi uscito dal carcere abbia gettato una nuova luce sugli eventi; ricordo ancora, ero al liceo, quando giunse la notizia della sua morte che mise in profondo imbarazzo tutto il mondo della sinistra. Moravia al suo funerale disse che di poeti ne nascono tre o quattro ogni secolo ed è vero. Se questo basti ad assolverlo dalle sue frequentazioni proibite non lo so. Ma se un intellettuale deve seminare dubbi e indurre a riflettere Pasolini questo compito l’ha assolto a pieno titolo. Andate al Palazzo delle Esposizioni e capirete perché.