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Morte Papa Francesco, Pietro Orlandi non si scompone: “Il mio pensiero è sempre lo stesso”

Il fratello della ragazza scomparsa 40 anni fa con un post su Facebook: ” Tanti i post in cui leggo ipocrisia e ruffianeria”

Pietro Orlandi con manifesto Emanuela e sfondo San Pietro

Pietro Orlandi

Nel giorno in cui il mondo ha appreso della morte di Papa Francesco, la voce di Pietro Orlandi non è esplosa, non si è accodata al coro delle commemorazioni, né ha cercato riflettori. È rimasta composta, ma non indifferente. “Il mio pensiero è lo stesso di ieri, di oggi e lo stesso sarà anche domani”, ha scritto. E non c’è bisogno di interpretazioni: chi segue da anni la vicenda della scomparsa di sua sorella Emanuela, sa esattamente a cosa si riferisce.

Caso Orlandi, il Papa aveva detto: “Emanuela è in cielo”

Sono passati più di quarant’anni da quel 22 giugno del 1983, quando Emanuela – quindici anni, una fascetta tra i capelli, un flauto in mano – scomparve nel nulla mentre tornava a casa dopo una lezione di musica nel centro di Roma. Un caso che nel tempo ha superato i contorni dell’inchiesta giudiziaria per trasformarsi in un enigma storico, in un nodo ancora irrisolto tra Stato italiano, Vaticano e opinione pubblica.

La morte di un Papa è sempre un momento che impone pausa e raccoglimento. Ma per Pietro Orlandi, come per molti altri che non hanno mai smesso di cercare verità e giustizia, è anche l’ennesimo passaggio che rischia di lasciare tutto fermo com’era. È il terzo pontefice che se ne va senza – ufficialmente – dire nulla di definitivo su cosa sia accaduto a Emanuela.

Papa Francesco, a differenza dei suoi predecessori, aveva fatto intravedere uno spiraglio. Alcune parole sfuggite in un incontro informale – “Emanuela è in cielo”, aveva detto – avevano fatto tremare la terra sotto i piedi a chi da anni si chiede se in Vaticano ci sia o meno una verità inconfessabile. Pietro Orlandi, da quel momento, ha cercato un confronto diretto. Ha chiesto un incontro privato, una parola in più, un gesto. Ma, come ha raccontato lui stesso, Francesco gli avrebbe risposto di non potersi esporre: “Ho troppi occhi addosso”.

Pietro Orlandi, il pensiero per Roma e la critica alla ruffianeria

Nel dicembre 2024 Pietro aveva rinnovato l’appello. In quei giorni, il Papa era ricoverato al Gemelli ma ancora capace di lavorare: aveva scritto il testo dell’Angelus. “Se ha la forza di scrivere il testo dell’Angelus, spero ancora trovi la forza di scrivere un altro testo, quello che tutti noi aspettiamo”, aveva commentato Orlandi, senza rabbia, ma con la fermezza di chi sa che il tempo non gioca a favore della verità. Ora, quella speranza si è interrotta. Non ci sarà un testo, né una confessione. La porta rimane chiusa, almeno per ora.

Nella stessa giornata in cui il Vaticano è entrato ufficialmente in lutto, Roma avrebbe dovuto festeggiare la propria nascita. Il 21 aprile, Natale della Capitale, è un appuntamento che mescola storia, identità e orgoglio civico. Ma le celebrazioni sono state cancellate, in rispetto della morte del Pontefice.

E proprio a Roma Pietro Orlandi ha voluto dedicare un pensiero, non privo di una punta d’amarezza. “Quando le attuali Parigi e Berlino erano solo sterpaglia, Londra un acquitrino e il Vaticano era solo un’area poco salubre dove sorgeva il circo di Nerone, Roma possedeva già un impero”, ha scritto sui social. Non è solo un’evocazione storica. È anche una sottolineatura di potere, un messaggio neanche troppo velato a chi, secondo lui, nel cuore stesso di Roma, da quarant’anni custodisce verità che non vengono dette.

Accanto a questo, un’altra riflessione, forse ancora più cinica: “Tanti personaggi illustri del giornalismo, della politica, dello spettacolo, della cultura avrebbero potuto evitare di commentare. Nei loro post e dichiarazioni leggo solo tanta ipocrisia, ruffianeria e falsità”.