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Luigi Di Maio e le giravolte di Palazzo: fuori dal M5S va avanti “Insieme per il Futuro”

La giravolta di Di Maio è dunque completa, l’asservimento alle regole dell’establishment come la sua definitiva appartenenza al Club di Potere

Luigi Di Maio

Luigi Di Maio

Eravamo verso la fine di Maggio del 2018 e l’allora matricola politica Luigi Di Maio, capo del Movimento 5 Stelle, al top delle corbellerie di un principiante, evidentemente ancora lontano dalla Scuola del Potere di Palazzo che oggi frequenta con successo, così si esprimeva: Diciamoci che è inutile votare, tanto il governo lo decidono le lobby. O Savona al Ministero dell’Economia o Morte.

Luigi Di Maio
Luigi Di Maio

E nel crescendo di quelle manifestazioni di spropositi, in una telefonata in trasmissione da Fabio Fazio arrivò, come una corazzata, ad attaccare direttamente il Capo dello Stato: “Chiederemo la messa in stato d’accusa di Mattarella!” In realtà il pentastellato avrebbe tanto desiderato usare il termine impeachment, ma Di Maio, oggi espressione massima della diplomazia Italiana nel mondo, Ministro degli Esteri, l’inglese non lo mastica.

Ieri martedì 21 Giugno, a quattro anni di distanza dal colpo di teatro in stile “Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno“, Luigi di Maio, a seguito della spaccatura con Conte (ben definito come un altro benedetto miracolato) ha reso massimo omaggio proprio all’istituzione Mattarella dichiarando la propria uscita dai Cinque Stelle, segnandone la fine dell’egemonia in Parlamento e infine organizzando un nuovo – se ce ne fosse stato bisogno – partito: Insieme per il futuro, risparmiandoci almeno la dicitura Italia già presente in: Fratelli d’Italia, Forza Italia, Italia viva, Coraggio Italia... Sarebbe proprio il caso di dire.

La giravolta di Di Maio è dunque completa, l’asservimento alle regole dell’establishment (traduco per lui: istituzioni) come la sua definitiva appartenenza al Club di Potere che egli – una volta – picconava di brutto assieme al compagno Di Battista, che oggi lo massacra disconoscendone l’operato. Di Maio potrà dunque ri-candidarsi tante volte quante ne vorrà (cambiando almeno il colore della cravatta visto che da anni è coerente col colore bianco candeggina delle camicie e del grigio antracite dei completi Palazo Chigi – in ciò dimostrando almeno coerenza sulla linea del prorpio vestirsi…).

Questa volta votando a favore del Governo che rappresenta, l’invio di armi e munizioni all’Ucraina, ovviamente a fin di bene; la prossima chissà. Tutto ciò senza vincoli e numero di mandati, variando di tono e all’occorrenza di gusto di quella stessa scatola di tonno in cui ormai si è accucciato comodamente: prima piccante, poi dolce in olio extravergine di oliva e infine, all’occorrenza, al naturale.

La politica oggi è questa, nel menù risaltano solo scatole di tonno, stupirsene sarebbe sciocco.