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L’anestesia di don Ghio su papa Ratzinger: non giudicare, obbedire, zitti e buoni

Don Giorgio Ghio interviene sulle dimissioni di Papa Ratzinger e finisce per inciampare in una serie di imbarazzanti ammissioni

Don Ghio su papa Ratzinger

E va bene. E’ il momento delle delusioni e lo accettiamo. Passerà. Dopo Mons. Gaenswein (che però ha i suoi motivi) frana anche don Giorgio Ghio, in un articolo anonimo sul blog di Aldo Maria Valli QUI poi ripreso –firmato – su Youtube QUI.

Un bravo sacerdote, dalle recenti posizioni coraggiose e che, oggi, invece annega in una serie di speculazioni contraddittorie ispirate a quell’antico, disastroso principio clericale manzoniano del “sopire, troncare, troncare, sopire” aggiornato con concrezioni bergogliane: manca solo l’appello contro il “chiacchiericcio”.

In merito alla nostra inchiesta-campagna informativa sul Codice Ratzinger, scrive infatti: “Dichiarare la sede vacante senza averne l’autorità è qualcosa di talmente ridicolo che non esiste un termine appropriato; almeno, io non l’ho trovato”.

Don Ghio ammette le storture delle dimissioni di Ratzinger

Quindi se un giornalista denunciasse un colpo di stato in Honduras  sarebbe ridicolo perché non ne avrebbe l’autorità? Noi abbiamo laicamente denunciato un atroce, millenario colpo di stato ai danni del successore di San Pietro. (Peraltro, il motto del cristiano  non sarebbe “rinunciare, annunciare e DENUNCIARE”?).

Abbiamo dimostrato oltre ogni evidenza, in due anni e mezzo di inchiesta, che Benedetto era l’unico papa. Essendo defunto, dal 31 dicembre la sede è vacante, per le stesse, ovvie regole della Chiesa. Quindi, il punto-chiave non è dichiarare la sede vacante, ovvio corollario, ma vedere se Benedetto è rimasto o no l’unico papa fino alla morte.

Surreale come lo stesso don Ghio ammetta candidamente la serie di abnormi, ciclopiche storture in uno di quegli atti che, invece, dovrebbero essere assolutamente adamantini e al di sopra di ogni sospetto come l’abdicazione perché, come vuole il noto principio della canonistica: “papa dubius, papa nullus”.

 “Ci sono sicuramente delle anomalie nella rinuncia di Benedetto XVI – scrive don Ghio –  che fu annunciata l’11 febbraio 2013; anomalie talmente rilevanti che, nella propria coscienza, si possono nutrire legittimi dubbi. Non sta però a nessuno di noi dirimere la questione sul piano giuridico. Possiamo senz’altro rilevare il fatto che, nella dichiarazione dell’11 febbraio 2013, Benedetto XVI parlò di rinuncia al ministero anziché all’ufficio, cioè alla carica.

Rinuncia all’ufficio non al ministero

Ora, l’oggetto della rinuncia è l’ufficio, il munus, non il ministero, che ne è l’esercizio; quindi c’è già una grossa anomalia nell’uso del termine, che non è quello che si sarebbe dovuto utilizzare. Bisogna rilevare anche il fatto che non esiste un atto di rinuncia. La rinuncia a un ufficio è un atto giuridico che deve essere scritto e firmato. Ora, nel caso di Benedetto XVI, questo atto non esiste: c’è soltanto la dichiarazione dell’intenzione di dimettersi. Ci sono poi tutte le altre anomalie che ben conosciamo, cioè il mantenimento del nome, dell’abito, dello stemma, nonché l’abitudine di impartire benedizioni apostoliche (cosa che compete solo al Papa regnante) e così via”.

Dettaglio: il munus è l’investitura che viene conferita al neopapa per disposizione divina (Universi Dominici Gregis art. 53) e ad esso è collegato l’assistenza dello Spirito Santo, anche nell’insegnamento ordinario del magistero, non solo nei pronunciamenti definitivi. (Art. 892 CCC). No munus, no Spirito Santo. Quindi se il munus lo ha trattenuto Benedetto, non è mai stato di Francesco, né gli è passato ora per via ereditaria. E un sacerdote forse dovrebbe un tantino preoccuparsi del fatto che il capo della Chiesa non abbia l’assistenza divina.

Don Giorgio ha però dimenticato l’inaudito differimento del provvedimento al 28 febbraio. Se lui dovesse celebrare un matrimonio e lo sposo dicesse, durante la cerimonia, “accetto di prendere in moglie Lucia, ma in modo che il matrimonio cominci dal 24 agosto, fra 15 giorni”, per don Giorgio sarebbe un matrimonio valido?

Poi qui il padre  stende la tipica cortina amianto-piombo-lana di vetro bergogliana del “non giudicare”.

“Non tocca di certo a noi giudicare le intenzioni di papa Benedetto, per il semplice fatto che non le conosciamo e non possiamo conoscerle: le conosce solo Dio; l’interessato, ormai, non può più spiegarci che cosa abbia inteso fare. Dobbiamo allora rimettere semplicemente la questione alla Provvidenza; è inutile affannarsi a voler trovare una soluzione a questo enigma, che rimane un enigma”. 

Non è un enigma

Sarà un enigma per Lei. I canonisti hanno steso fiumi d’inchiostro sulla questione canonica e lo stesso Papa Benedetto ci ha urlato in lungo e in largo, compatibilmente col suo status di papa in sede totalmente impedita, quali fossero le sue intenzioni: cosa ha fatto e perché, tanto da dichiarare, fra qualche centinaio di frasi eloquentissime, che “la risposta è nel Libro di Geremia” dove c’è scritto – guarda caso – a lettere di scatola Io sono impedito.

Speriamo che don Ghio non ci dica che è stata una coincidenza, dato che nella Bibbia questa frase ricorre solo in Geremia.

Don Ghio non ha letto il Codice Ratzinger?

Al padre è stato anche inviato il Codice Ratzinger, ma forse non lo ha letto. Quindi, la questione non è affatto un enigma, è semplicissima e in un qualsiasi mediocre processo di provincia sarebbe chiarita immediatamente. Qualsiasi contratto sarebbe invalidato per molto, molto meno rispetto alle aporie canoniche contenute nella Declaratio se interpretata come abdicazione.

Poi, don Ghio fa tornare un grande classico, di cui abbiamo scritto anche in Codice Ratzinger: il falso concetto di obbedienza:

“Mettiamoci dunque l’anima in pace una volta per tutte: attualmente c’è un Papa regnante; può piacere o non piacere, ma è così: chi, in questo momento, governa la Chiesa cattolica è papa Francesco. Con tutti i dubbi che uno può avere in coscienza, tuttavia nel foro esterno deve obbedirgli nelle cose lecite; nelle cose che ripugnano alla coscienza, siamo autorizzati a conservare una sana libertà di spirito, che non deve però portarci alla disobbedienza aperta, dato che il rifiuto dell’obbedienza al Romano Pontefice, nel Codice di diritto canonico, è definito scisma”.

Don Giorgio non ha ancora colto il nodo centrale della questione: che l’obbedienza si deve al papa canonicamente eletto – come giurò San Francesco – e non a un vescovo qualsiasi scismatosi da solo. Quindi ci si potrà mettere il cuore in pace dopo che una commissione d’inchiesta canonica pubblica, avrà fatto luce nei minimi dettagli. Se milioni di fedeli hanno dei dubbi sul fatto che Francesco sia canonicamente il vero papa, la Chiesa ha il sacrosanto dovere di dirimere la questione e in modo definitivo.

Del resto, se qualcuno mettesse in dubbio che don Ghio fosse stato regolarmente ordinato sacerdote, con libri, inchieste etc., il padre non si premurerebbe di pubblicare subito i documenti della sua ordinazione per non scandalizzare le sue pecorelle e rassicurarle? Francesco se ne guarda bene, invece, e questo dovrebbe destare un allarme rosso, altro che inviti a “non giudicare”.

Far chiarire la legittimità di Bergoglio è la prima cosa che dovrebbe chiedere un pastore ai suoi superiori, altro che invitare all’obbedienza per uno che potrebbe essere il Pifferaio di Hamelin e che, a detta dello stesso sacerdote, pare averne molte caratteristiche.

Anche perché i superiori, nonostante le assurdità riconosciute da don Ghio, invece di rispondere nel merito, tirano randellate ai preti eroi che chiedono chiarimenti: sospensioni, scomuniche, riduzioni allo stato laicale.

Il concetto di divisione

Torna poi l’interpretazione errata del concetto di divisione:

“Allora, dato che l’artefice di ogni divisione è il diavolo, facciamo attenzione a non collaborare con lui, seppure inconsapevolmente: non lasciamoci sedurre da ragioni apparentemente buone, da argomentazioni apparentemente ineccepibili, che sono però completamente cieche di fronte a difetti enormi che possono essere individuati anche dal semplice buon senso. Se il risultato è la divisione; se il risultato è la ribellione; se il risultato è la disobbedienza, l’origine non può essere buona”.

Fino a poco tempo fa, don Ghio ha preso dure posizioni in merito ai vaccini, dividendo i pro vax dai no vax: quindi anche lui avrebbe sbagliato creando divisioni, ribellioni, disubbidienza nel pensiero unico vaccinista. Se lo ha fatto, evidentemente pensava di proteggere il gregge, no?

Mutatis mutandis, tutti i santi che hanno lottato contro antipapi ed eretici erano strumento del diavolo perché hanno recato “divisione”? Magari lo stesso Gesù sbagliava dicendo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa”. Lo stesso Giudizio universale sarà una grande divisione, tutto nel Vangelo è divisione, selezione, meritocrazia, separazione dal grano dal loglio. Anche i peccatori che vengono perdonati, prima si devono pentire per essere accolti. Nel Vangelo non si parla di “inclusione e resilienza”: questa sono le terminologie massoniche care al vescovo vestito di bianco.

Il punto non è se Lei è d’accordo o meno

Caro don Giorgio, il punto è che qui il legittimo Vicario di Cristo (il numero 2 dopo Gesù), il custode del depositum fidei, è stato tolto di mezzo forzatamente, per rimpiazzarlo con un falso papa palesemente e potentemente anticattolico che spingeva quei vaccini – che a Lei non piacciono – come fossero l’Eucaristia. Per fortuna il papa Benedetto si è difeso con un geniale stratagemma canonico che ha scismato l’antipapa e ce lo ha anche fatto capire in modo ridondante, anche se continuate a opporre resistenza alla comprensione.

Il punto non è che Lei, per ora, sia d’accordo o meno con il panorama descritto, sul quale La invitiamo comunque a documentarsi. Il punto è che Lei, riconoscendo le assurdità della presunta abdicazione di Benedetto, conoscendo l’angoscia e l’inquietudine generata da questa mega-querelle, avrebbe il dovere di richiedere una commissione d’inchiesta canonica sulla vicenda affinché le chiarificazioni non vengano dal sottoscritto, ma dall’autorità ecclesiastica. Il solo sospetto di una tale situazione dovrebbe farLa scendere sulle barricate per chiedere verità. Altro che sopire, troncare, sopire mettendo una polvere sotto al tappeto che può spacciare per sempre la chiesa canonica visibile, facendo proseguire la linea antipapale di Bergoglio.

Don Ghio invita i cattolici a non chiedere spiegazioni su papa Ratzinger

Lei con questo articolo incauto sta invitando i cattolici all’anestesia, all’atroce pseudo-comandamento dell’“obbedivamo agli ordini”, che non esiste più nemmeno nell’esercito: da decenni, dovere di un soldato è rifiutarsi di eseguire ordini palesemente sbagliati e criminosi.

Lei sta spingendo i cattolici a rinunciare a chiedere legittime, sacrosante e doverose chiarificazioni, sta assecondando l’alto clero nel proseguire con un’inammissibile, intollerabile omertà su una questione sostanziale, negando la summa caritas, la verità, a 1 miliardo di cattolici e passa.

Ora, se non se la sente di chiedere pubblicamente una chiarificazione all’alto clero, per via delle sanzioni canoniche, La comprendiamo. Ma almeno, per favore, non remi contro chi ha indagato a fondo la questione e sta cercando di fare qualcosa.