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La tragedia del Titan: ecco tutti gli avvertimenti ignorati

La tragedia del Titan solleva innumerevoli interrogativi sulla sicurezza e la regolamentazione delle spedizioni subacquee

Oceano

Oceano

Sono stati volutamente trascurati o ignorati dai responsabili di OceanGate i segnali di pericolo di tecnici ed esperti e il batiscafo non è stato sottoposto a ispezione e certificazione da parte di un’agenzia statale competente, per garantire la sicurezza dei passeggeri.

La corsa contro il tempo per salvare i cinque passeggeri del Titan c’è stata ma loro erano già morti quando si sono immersi la domenica mattina. Forse non appena si sono avvicinati al relitto del Titanic. Stritolati dalla pressione di 400 atmosfere che agisce a quelle profondità, probabilmente per il cedimento dei materiali con cui era costruito il batiscafo.

La corsa contro il tempo e contro la morte

Gli elementi della sfida delle sfide c’erano tutti in questa vicenda mediatica. Rintracciare il sommergibile prima che finisse la riserva di ossigeno. Salvare i cinque passeggeri da morte sicura. La corsa contro il tempo e contro la morte. Una sceneggiatura perfetta da thrilling, con la giusta suspence. Ma la tragedia s’era già compiuta. Resta da capire se quel rumore “coerente” con una implosione che la Marina Americana aveva rilevato la stessa domenica mattina, dopo l’inabissarsi del Titan nelle acque della tragedia, avesse in sé i crismi di un’allerta e portasse ad avviare subito le ricerche del natante. Invece sono state fatte passare ore dopo la perdita del contatto. Perché?

Non sarebbe cambiata di molto la situazione ma non avremmo assistito a un dispiego incredibile di forze navali e aeree per approdare ad una verità che era già stata segnalata e non ascoltata. Questo è il leitmotiv della vicenda. Una serie di segnali rimasti inascoltati che hanno determinato una catastrofe.

Abbiamo dovuto aspettare giovedì 22 giugno perché la Guardia Costiera di Boston confermasse il ritrovamento, da parte di uno dei Rov (remotely operated veichels), di pezzi del sottomarino, incluso il telaio di atterraggio e una parte delle lamiere posteriori del mezzo. Confermando di fatto la teoria della “catastrofica implosione” e della morte di tutti i membri dell’equipaggio, probabilmente avvenuta un’ora e 45’ dopo la perdita del contatto con la nave appoggio Polar Prince.

Non venne ascoltato il direttore delle operazioni marine

Non appena si è avuta la certezza che i resti trovati a circa 450 metri dalla prua dl Titanic a 3.800 metri di profondità nell’Oceano Atlantico, fossero quelli del batiscafo Titan, è scattata l’operazione verità, sul perché della catastrofe e se si poteva evitare.

I segnali c’erano tutti per evitarla ma non sono stati ascoltati. Per primi vanno citati quelli del pilota di sottomarini David Lochridge, che nel 2018 era direttore delle operazioni marine del Titan. Lochridge era molto critico sui problemi di sicurezza e sui controlli qualità del sommergibile, era preoccupato “in particolare per il rifiuto di OceanGate di condurre test critici e non distruttivi del progetto dello scafo sperimentale, i passeggeri del Titan potrebbero essere esposti al pericolo mentre il sommergibile raggiunge profondità estreme”.

Lochridge sosteneva che il portello di osservazione all’estremità anteriore del sommergibile era stato costruito per sostenere una pressione certificata di 1.300 metri nonostante OceanGate prevedesse di portare i passeggeri a una profondità di 3.800 metri. “OceanGate ha rifiutato di pagare il produttore per costruire un portello certificato per resistere alla profondità richiesta di 4.000 metri”, si legge nel documento.

Lochridge aveva anche “fortemente incoraggiato” OceanGate a utilizzare un’agenzia di classificazione come l’American Bureau of Shipping per ispezionare e certificare il Titan.

Piuttosto che affrontare le sue preoccupazioni o sottoporsi ad azioni correttive per rettificare e garantire la sicurezza del Titan, o utilizzare un’agenzia di classificazione standard per ispezionarlo, OceanGate ha fatto l’esatto contrario: hanno immediatamente licenziato Lochridge“. La Ocean Gate ha fatto anche di peggio, prima lo ha licenziato e poi lo ha trascinato in tribunale con l’accusa di violare un accordo di non divulgazione di informazioni riservate.

Altri segnali inascoltati

Oltre alle preoccupazioni per la sicurezza avanzate da Lochridge, il New York Times aveva pubblicato una lettera, nel marzo 2018, della Marine Technology Society inviata a Stockton Rush, Ceo della OceanGate e pilota del Titan, in cui i membri del gruppo esprimevano “preoccupazione unanime” per il batiscafo.

Il nostro timore è che l’attuale approccio sperimentale adottato da OceanGate possa portare a esiti negativi (da minori a catastrofici) che avrebbero gravi conseguenze per tutti nel settore“, si legge nella lettera. In altre parole il Titan non aveva la certificazione necessaria per assicurare che non avrebbe ceduto alla pressione e questo lasciava presagire il rischio di una tragedia.

Ci sono poi i dubbi dell’amico del passeggero miliardario Hamish Harding, ovvero Chris Brown che aveva aderito al progetto di viaggio, aveva sottoscritto la quota di partecipazione ma poi s’era tirato indietro insospettito da una tecnologia elementare per il controllo del mezzo e dal fatto che vedeva dei rischi troppo elevati per la sua sicurezza.

“Non sarei mai salito sul Titan”

Anche Guido Gay, ingegnere, inventore ed esploratore degli abissi, che ha scoperto il relitto del piroscafo Principe Umberto e di altre navi militari, ha sostenuto: “Non sarei mai salito sul Titan“. Secondo lui il Titan non era sicuro. Gay ha progettato diversi sottomarini teleguidati per l’esplorazione delle profondità marine, “…ma i miei Rov, sono mezzi senza persone, pilotati da remoto e costruiti con materiali adatti a resistere alle forti pressioni degli abissi. Quel Titan era troppo grande e questo mi fa venire dei dubbi.

Ci vuole una cautela estrema nella costruzione. Si tratta di un sommergibile slegato dalla superficie. Avrebbe anche potuto essere legato, come i nostri Rov collegati con una fibra ottica alla barca appoggio. Questo per consentire delle comunicazioni più sicure tra il natante e la barca appoggio. Invece di usare un sistema di trasmissione acustica in acqua.”

Anche il Titanic non dette ascolto ai segnali di pericolo

Anche il regista James Cameron, che ha scritto, diretto e coprodotto la famosa pellicola sul naufragio del Titanic con Kate Winslet e Leonardo Di Caprio nel 1997, ha sollevato dubbi sull’operazione: “Alcuni dei più importanti esponenti della comunità ingegneristica che si occupa di immersione in profondità hanno persino scritto delle lettere alla compagnia, dicendo che quello che stavano facendo era troppo sperimentale per trasportare passeggeri e che doveva essere certificato”.

Il regista hollywoodiano ha aggiunto di aver conosciuto personalmente uno dei passeggeri del sommergibile perduto, l’esploratore oceanico francese Paul-Henri “PH” Nargeolet. “Lo conoscevo da 25 anni. Che sia morto tragicamente in questo modo è quasi impossibile per me da credere“, ha aggiunto.

Il cineasta è stato, tra l’altro, il primo ad immergersi in solitaria nella parte più profonda dell’oceano, con un sommergibile da lui stesso progettato e costruito. “Mi colpisce la somiglianza con il disastro del Titanic, dove il capitano fu ripetutamente avvertito della presenza di ghiaccio davanti alla sua nave, eppure si lanciò a tutta velocità in una distesa di ghiaccio in una notte senza luna, causando la morte di molte persone”.

Il regista canadese è un grande appassionato di spedizioni subacquee (ha dedicato documentari al relitto della Bismark e a quello del Titanic e ad una catena montuosa sottomarina, la Dorsale Medio-Atlantica), ha dichiarato alla tv americana ABC News che c’è un parallelo con l’affondamento del transatlantico del 1912, in cui morirono circa 1.500 persone. “Che una tragedia simile, in cui gli avvertimenti sono rimasti inascoltati, si sia verificata nello stesso identico luogo, con tutte le immersioni in corso in tutto il mondo, credo sia semplicemente stupefacente

Materiali inadeguati, privo di sonar, forma sbagliata: i difetti del Titan

Guillermo Soehnlein, uno dei cofondatori della OceanGate Expeditions, assieme a Stockton Rush perito nella implosione, poco dopo il ritrovamento dei pezzi del Titan ha detto “Quando si opera in profondità, la pressione è così grande che, se si verifica un guasto, può esserci un’implosione istantanea”. Questo farebbe presumere che l’implosione del sommergibile, vale a dire il suo improvviso e violento collasso verso l’interno, sia stata causata da una perdita della camera di pressione che, generalmente, è di acciaio nei sommergibili che raggiungono profondità relativamente basse (meno di 300 metri) oppure di titanio per profondità superiori. Curioso che si renda conto solo adesso che di titanio ce n’era poco nel Titan e combinato con la fibra di carbonio.

Gli risponde Costantino Vetriani, professore di microbiologia degli ambienti oceanici profondi alla Rutgers University in New Jersey affermando che “Il Titan non era passato attraverso un processo di certificazione, per cui si trattava di una struttura sperimentale“. Vetriani è sceso più volte fino a 5mila metri, con diversi sottomarini da ricerca ad alta profondità, come l’americano Alvin. Ma ci sono notevoli differenze tra l’Alvin e il Titan. In genere l’abitacolo è una sfera, come per l’Alvin, perché resiste meglio all’alta pressione a quelle profondità. Mentre il Titan aveva la forma di un siluro.

Senza certificazione

I rari sottomarini utilizzati per ricerca devono passare controlli stringenti e devono ottenere una certificazione che, nel caso dell’Alvin, è rilasciata dalla marina militare americana“. Il Titan era stato sottratto a questa regola. Come ricorda il professore, il sommergibile aveva già svolto diverse immersioni ma lasciava a desiderare sulla sicurezza: “non aveva la certificazione per assicurare che la struttura non cedesse prima o poi all’alta pressione che a certe profondità raggiunge le 400 atmosfere“.

Il sottomarino scomparso, come diceva anche l’ingegner Guido Gay, a differenza di quelli da ricerca, era anche privo del sonar che emette segnali acustici che vengono ricevuti dalla nave madre in superficie che può così monitorare la sua posizione in ogni momento.

I materiali da costruzione: un mix tra titanio e fibra di carbonio

Il Titan aveva la sua camera di pressione costituta da una combinazione di titanio e fibra di carbonio composita. Secondo gli esperti, tale combinazione è piuttosto insolita dal punto di vista dell’ingegneria strutturale poiché, in un contesto di immersioni profonde, il titanio e la fibra di carbonio sono materiali con proprietà molto diverse.

Il titanio è elastico e può adattarsi a una vasta gamma di sollecitazioni senza che rimanga alcuna deformazione permanente misurabile dopo il ritorno alla pressione atmosferica. Si restringe per adattarsi alle forze di pressione e si ri-espande quando queste forze vengono alleviate. Un composito in fibra di carbonio, invece, è molto più rigido e non ha lo stesso tipo di elasticità” ha spiegato a The Conversation il professor Eric Fusil della Scuola di Ingegneria Elettrica e Meccanica dell’Università di Adelaide.

Al momento, non abbiamo la matematica certezza su cosa sia realmente accaduto al Titan, si può quindi quasi sicuramente dire che si sarebbe verificata una sorta di perdita di integrità della camera di pressione dovuta alle differenze tra questi materiali.

Un materiale composito potrebbe potenzialmente soffrire di delaminazione, che porta ad una separazione degli strati di rinforzo – ha aggiunto il professor Fusil – . Ciò avrebbe creato un difetto che ha innescato un’istantanea implosione dovuta alla pressione sottomarina. In meno di un secondo, il sottomarino, spinto dal peso di una colonna d’acqua di 3.800 metri, si sarebbe immediatamente accartocciato su tutti i lati”.

Come sono morti i passeggeri

Le immersioni profonde rappresentano una sfida tecnica e operativa significativa. Le profondità marine estreme mettono a dura prova i materiali e le strutture delle attrezzature subacquee. Tuttavia, la scelta dei materiali adeguati è un’operazione complessa. Devono essere considerati fattori come la resistenza, l’elasticità e la compatibilità tra i diversi materiali utilizzati nella costruzione del sommergibile. Diciamo che i costruttori del Titan in questo sono stati abbastanza superficiali e incoscienti.

L’implosione potrebbe aver ucciso tutti e cinque i passeggeri del Titan in una frazione di millisecondo, quindi “prima che le persone all’interno si rendessero conto che c’era un problema” ha detto alla Cnn la professoressa Aileen Maria Marty, ex ufficiale della Marina degli Stati Uniti e docente presso la Florida International University. “In definitiva, tra i tanti modi in cui possiamo morire, questo è indolore”.

Per gli esperti è “improbabile” che i corpi dei passeggeri del Titan vengano recuperati. La Guardia costiera degli Stati Uniti continuerà comunque le ricerche, nel tentativo di trovare non solo ciò che resta dei cinque dispersi, ma anche di recuperare altri rottami, nella speranza di ottenere ulteriori informazioni sulle cause dell’implosione.

L’importanza delle norme di sicurezza

La tragedia del Titan solleva interrogativi sulla sicurezza e la regolamentazione delle spedizioni subacquee. Sul sito sciencecue.it, un magazine scientifico, si sostiene che è fondamentale stabilire rigorose norme di sicurezza per garantire che le operazioni subacquee siano svolte in modo garantito ed efficiente. Il problema semmai è obbligare le compagnie private che operano in questo settore a sottomettersi a questi test e a questi esami prima di esercitare immersioni con turisti a pagamento.

Queste norme dovrebbero coprire l’approvazione e la certificazione dei sommergibili e la formazione adeguata degli equipaggi. Inoltre, è fondamentale l’ispezione e la manutenzione regolari delle attrezzature e la definizione di limiti di profondità sicuri per le diverse tipologie di sommergibile. Dopo un incidente come l’implosione del Titan, è essenziale che la comunità marina e gli esperti si impegnino nella ricerca di soluzioni tecniche, soprattutto per quanto riguarda i materiali da impiegare, per migliorare la sicurezza delle immersioni profonde. 

Ciò potrebbe portare allo realizzazione di materiali nuovi e più resistenti, più elastici, tecniche di progettazione avanzate e sistemi di monitoraggio e rilevamento più sofisticati. In definitiva andare negli abissi degli oceani oggi è più rischioso che andare nello spazio.