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La pandemia come strumento di dominio centralizzato

Crescono ancora, nel nostro Paese e in altri dell’Europa, l’infezione della pandemia e le paure a essa collegate

Pandemia

L’azione politica del governo accresce la crisi economica provocata dalla pandemia e le disuguaglianze. Inoltre è funzionale al controllo capillare degli individui voluto dai poteri forti.

Lockdown mascherato: le nostre Regioni prendono i colori del rischio

Crescono ancora, nel nostro Paese e in altri dell’Europa, l’infezione pandemica e le paure a essa collegate. A giudicare dalla mole dei dati raccolti, la curva che rappresenta l’andamento nel tempo del numero di contagi e decessi presenta da più di un mese un incremento progressivo, divenuto esponenziale nelle ultime due-tre settimane. La percentuale degli asintomatici e sintomatici lievi arriva al 95%; il resto sono veri malati, tra cui quelli gravi.

Però, cresce anche il numero dei contagiati sul totale dei tamponi effettuati. Il che fa pensare di essere ritornati alla situazione iniziale della pandemia, anche se il paragone è improprio perché oggi si fa 10 volte il numero di tamponi che si facevano a marzo.

Si hanno comunque più malati di prima da ricoverare, e le strutture ospedaliere non bastano, stanno già andando “in sofferenza”. Pertanto il nostro Governo ha deciso nuove restrizioni ai contatti sociali ed agli spostamenti, applicate in modo diverso sul territorio, a seconda del grado di rischio ricavato dalle osservazioni. La differenziazione è resa in modo iconico dai colori attribuiti alle varie regioni: giallo=basso rischio; arancione=rischio medio; rosso=rischio elevato.

Ciò allo scopo, si dice, di contenere la pandemia e, si spera, di stabilizzare la curva rappresentativa, che negli ultimi giorni sembra mostrare una lieve tendenza verso il basso.

La spoliazione continua della Sanità pubblica non consente di gestire la pandemia

Oggi tutti, maggioranza ed opposizione, ammettono che la Sanità pubblica è stata troppo depauperata dalla politica di restrizione del debito pubblico attuata da tutti i governi da più di trent’anni. Inoltre, con la trasformazione delle strutture sanitarie in aziende si è favorito il lucro di quelle private, che praticano soltanto le operazioni chirurgiche e mediche più costose con la tecnologia avanzata.

Ma allora, se era facile prevedere la seconda ondata, o almeno una coda della prima, perché non si è messo il minimo impegno nell’attrezzare i tanti ospedali chiusi nel passato? Né ad inserire in ruolo più medici ed infermieri giovani, vista l’insufficienza numerica di essi?

Forse, con l’apertura estiva successiva al rigido lockdown imposto ai cittadini, si sperava che il virus si sarebbe attenuato con il caldo; tanto che il ministro Speranza aveva perfino scritto un libro, edito da Feltrinelli: Perché guariremo. Dai giorni più duri ad una nuova idea di salute.

Con lo scopo evidente di elogiare se stesso e l’azione del Governo. In un passaggio, si legge:

“Dopo questa esperienza…nessuno di noi potrà dire: non lo sapevo. Non possiamo più permetterci di essere colti disarmati di fronte ad una nuova pandemia”.

Si spiega così perché la commercializzazione del libro sia stata bloccata. Del resto, è storia ormai arcinota, su cui ultimamente ha ironizzato perfino Striscia la notizia.

Sottolineiamo ancora che, dopo aver colpevolizzato gli italiani per alcuni fenomeni di malcostume avvenuti d’estate, peraltro favoriti dalla politica adottata nei confronti dell’industria turistica, il governo di Conte, già avvocato del popolo, ci ha riportato agli inizi con i suoi provvedimenti.

Con un peggioramento del centralismo decisionistico: finora aveva abusato dei DPCM, che per la Costituzione sono semplici atti amministrativi; d’ora in avanti, sarà sufficiente che il ministro della Salute, sentito il CTS, emetta un’ordinanza che il premier controfirmerà.

Un altro brano del libro dell’autore- ministro recita: “Se tornassi indietro con quello che so ora, il lockdown deciso il 7 marzo lo estenderei all’intero Paese, e non solo alle regioni più colpite”.

Più chiaro del sole a mezzogiorno nella giornata più serena.

La necessità della chiusura della scuola non deve farci dimenticare la sua specificità.

Didattica a distanza e vero insegnamento

Infatti, ci sono dei contrasti interni al governo sulla durezza dei provvedimenti da adottare. La maggioranza del PD sarebbe per la chiusura totale; il presidente Conte per ora resiste, non volendo aggravare ulteriormente lo stato già depresso dell’economia.

Da ciò la decisione di chiudere soltanto le attività ritenute non essenziali, con la promessa di indennizzi che arriveranno in breve con i piani Ristoro.

In più, tenere aperti alcuni servizi essenziali per i cittadini, come la scuola. Nella sua interezza, prima dell’ultimo DPCM; adesso, soltanto gli asili, la scuola elementare, la prima media ed il primo anno di università. Tutto il resto è affidato alla DAD, didattica a distanza, oggi ribattezzata come DID, didattica integrata digitale.

Lo stato della scuola italiana

Anche per la scuola, anzi soprattutto per essa, c’è stato un lungo braccio di ferro tra chi voleva mantenerla aperta, in particolare il ministro Azzolina, e chi invece voleva chiuderla del tutto.

La soluzione adottata salvaguarda il ruolo sociale della scuola come kindergarten, per liberare gli adulti dall’incombenza di assistere i figli e quindi potersi dedicare al lavoro, in presenza o da remoto. Ovviamente codesta decisione non può soddisfare tutti.

Molti insegnanti criticano la DAD, pur praticandola con tutte le difficoltà che essa comporta nel suo svolgimento. In molti istituti, succede che un docente sia costretto a restare a scuola per alternare ore di lezione a distanza con qualcuna in presenza: si ha così il paradosso degli insegnanti a scuola e degli alunni a casa.

Alcuni studenti dimostrano la volontà di tornare a scuola

Per contrasto, alcuni studenti dimostrano la volontà di tornare a scuola, come nel caso di quelle due ragazze che si son poste a studiare davanti l’ingresso del loro istituto e perciò hanno ricevuto un caldo elogio dal ministro. Per avere un’idea dei disagi e delle opinioni basta andare su gruppi online di insegnanti o studenti.

Sul gruppo ProfessioneInsegnante.it, per es., si trovano molto discorsi ben argomentati sul problema didattico e sulla funzione del docente e della cultura nella società.

Da parte nostra abbiamo più volte espresso contrarietà alla DAD, convinti che la trasmissione delle conoscenze si realizza nel rapporto diretto tra docente e discenti.

Purtroppo in questo periodo dobbiamo accettare obtorto collo la chiusura forzata della scuola, divenuta un veicolo di trasporto per il virus a causa del sovraffollamento dei mezzi di trasporto, altra grave disfunzione non affrontata dal governo durante l’apertura estiva.

Il pericolo incombente dell’assoggettamento delle menti.

Difesa della libertà di pensare e insegnare

Dovremmo porci però fin da adesso il problema di come riprendere e, soprattutto, quale funzione vogliamo realmente dare alla scuola, al di là delle enfatiche dichiarazioni provenienti dalla politica e dall’imprenditoria.

Abbiamo già detto, in un precedente articolo, che mai come in questo periodo si sono levate tante voci per affermare l’importanza centrale della scuola. Già questo solo fatto è sospetto.

Bisogna tener conto delle diverse visioni e interessi. Per gli imprenditori c’è, da un lato, l’occasione di lucro per l’edilizia, i trasporti, la fornitura di strutture e materiali didattici; dall’altro, essi hanno l’interesse di prendere dalla scuola personale con preparazione specifica adatta alle loro esigenze, che sia flessibile e riformabile continuamente.

Questi scopi sono condivisi e cogestiti con larga parte del mondo politico

In più, la politica “abbellisce” la formazione parziale dei giovani con la retorica del valore utilitaristico delle conoscenze che consentono la crescita dell’individuo nel mondo del lavoro. Completamente contro una formazione culturale generale forte, l’unica che può consentire la crescita dell’individuo come persona autonoma e responsabile.

Ma questo è proprio ciò che non vogliono i poteri forti, che utilizzano il disastro materiale dovuto alla pandemia e le paure conseguenti per ristrutturare il sistema della Globalizzazione.

A questo scopo, è importante per essi che l’individuo sia “teleguidato” non soltanto nel lavoro, ma anche nella sua vita quotidiana, perfino nella sfera intima. Ciò è reso oggi possibile dal controllo e dalla manipolazione delle opinioni e perfino del modo di pensare con i mezzi della ipertecnologia, in particolare il controllo e tracciamento da remoto tramite PC e smartphone.

L’azione politica del nostro governo (ma anche dell’opposizione), oltre a soddisfare esigenze interne, è del tutto funzionale agli interessi suddetti, quindi asservita ad essi.

“L’arte e la scienza sono libere, e libero ne è l’insegnamento”

Se ci rendiamo conto di ciò, potremmo rivendicare una visione diversa del ruolo della cultura e della scuola. In primis, l’autonomia della cultura dalla politica, che certo appare come un obiettivo utopistico; potrebbe però assumere un minimo di concretezza, rivendicando insieme ad esso una vera autonomia della funzione docente, sulla base dell’art. 33 della Costituzione : “L’arte e la scienza sono libere, e libero ne è l’insegnamento”.

Prima conseguenza teorica di questo principio, fondamento dell’istruzione, è quella di affermare che il metodo di insegnamento se lo formano i docenti con la loro esperienza e la riflessione. Conseguenze pratiche: pretendere l’abolizione della trafila di indottrinamento sindacal-ministriale e l’abolizione dell’INVALSI.

Inoltre, come richiesta immediata pretendere subito l’immissione in ruolo per titoli dei docenti abilitati che lavorano da più anni, in modo da abbassare il rapporto studenti/docenti per classe, al fine di garantire una concreta didattica.

Mi sembra che più politici avanzino una proposta simile in modo demagogico, giusto per fronteggiare l’emergenza. Proviamo a incastrarli su questo tema, per vedere di spingerli ad attuare le loro promesse, o svergognarli su di esse.

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