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La ‘ndragheta spiegata ai lettori. Capitolo 1

L’italianista Domenico Politanò racconta la sua personale esperienza con la ‘ndrangheta

In questo breve prologo, voglio chiarire, subito, per non lasciare dubbio alcuno, fin dall’inizio, che non sono un apologeta della ‘Ndrangheta; ossia, non la difendo né la esalto: la vivo. E se qualcuno, alla fine di questo articolo, percepirà una subdola mia difesa di essa, vorrà dire che la Storia stessa si è presa il difficile compito di difenderla. Ho iniziato a vivere la ‘Ndrangheta all’età di quattordici anni, quando dalla città di Rosario, in Argentina, la mia famiglia, decise di stabilirsi a Taurianova, nella piana di Gioia Tauro.

Pochi giorni soltanto, in quei lussureggianti territori e mi incontrai e scontrai con una realtà a me fino allora sconosciuta. Capii, di conseguenza, per quale motivo, mio padre (che per forza maggiore era dovuto rimanere in Argentina) sul molo del porto di Buenos Aires, prima che la nave salpasse facendo rotta verso Napoli, mi disse: “Non parlare mai di politica, né di mafia. Non ti confidare mai con nessuno; perché il tuo migliore amico di oggi, potrebbe domani diventare il tuo peggior nemico. Rispetta tutti e fatti rispettare, da tutti. Non ti piegare mai. A nessuno! E’ meglio morire che piegarsi.”. Queste parole, che sul momento mi suonarono strane, divennero chiare, nitide, importanti, poi, per me, in Calabria. Non erano le parole di un vigliacco omertoso, ma quelle di un uomo che era cresciuto nell’Aspromonte, da solo, senza padre, fin dall’età di quattro anni, e aveva imparato, perfettamente, come era la realtà della zona e come bisognava agire per sopravvivere con dignità.

Da allora, ho vissuto la ‘Ndrangheta, probabilmente, come ogni calabrese la ha vissuta, o è stato costretto a viverla. Oppure come una gran maggioranza di calabresi la ha vissuta o è stata costretta a viverla. Ho vissuto la mentalità ‘Ndranghitista, come ogni calabrese; sono stato tacciato d’essere io stesso, ‘Ndranghitista, come ogni calabrese, o come la maggioranza dei calabresi. Sono stato discriminato, nel mondo, come ogni calabrese. Appena sapevano che ero nato nell’Aspromonte e risiedevo a Taurianova (la mia pronuncia castellana, non lo lasciava capire) mi dicevano: “Mafioso! Tu sei mafioso.”.

Bene, egregi lettori, io, la ‘Ndrangheta la conosco. Sì! La conosco. Io, gli ‘Ndranghitisti, li conosco. Sì! Li conosco. Non tutti, ma quelli di peso, li conosco. Non lo nego. E neppure li rinnego. E soprattutto non dirò mai i loro nomi. Le istituzioni, la cosiddetta ‘legge’ li conosce perfettamente: uno per uno. Oggi come oggi, sarebbe meglio dire: “Conosco e non conosco: dipende!” Ma io cammino a testa alta e col cuore sicuro di chi ha deciso di non portare in esso i sensi di colpa di secoli di Storia. Non mi appartengono nei vissuti, ma soltanto nella lettura. Io non sono né colluso, né connivente: con nessuno. Ho vissuto fin da bambino e vivo, ancora da adulto, accanto a loro ogni volta che torno nella mia amata terra, perché molti di loro sono miei amici di infanzia e giovinezza.

Io, la ‘Ndrangheta, la analizzo, la studio, come fenomeno socioculturale e storico; come si possono studiare fenomeni socioculturali come il Clero, la Monarchia, la Politica, la Massoneria, deviata o no. E lo faccio senza alcuna idea od opinione precostituita. Soprattutto, lo faccio, senza le opinioni manipolanti di certi giornalisti, collusi e conniventi (loro sì) con la peggior politica e con il più aberrante e vomitevole malaffare economico; lo faccio senza il timore che uno dei numerosi giudici, appartenenti alla oligarchia dominante, aristocratica e criminale, della nostra penisola, possa inquisirmi; lo faccio con la conoscenza empirica e profonda del fenomeno. Per cui, se qualcuno, leggendomi, con disattenzione, o malafede, o non avendo i mezzi intellettuali necessari a decifrare correttamente il contenuto delle mie parole, vorrà condannarmi, non lo faccia; legga, prima, e ragioni, dopo, con cervello plastico.

In Italia sono molti i giornalisti che parlano di ‘Ndrangheta, senza conoscerla; per ‘sentito dire’. Senza aver consumato neanche le suole di un paio di scarpe. Il fenomeno ‘ndranghitista non è da commentare per ‘sentito dire’, perché è un fenomeno complesso del quale ancora si conosce poco; pur se si è convinti contrariamente, di conoscerlo a sufficienza.
La maggioranza dei giornalisti parla e scrive, iniziando dalla fine; da ciò che gli ‘ndranghitisti commettono: ossia i delitti. E sembrerebbe scontato e naturale procedere così. Io non ricordo di aver letto mai un articolo su un qualunque ‘ndranghitista’, nel quale, il giornalista (pur se non è suo compito specifico) abbia cercato di fare una indagine psicologica (pur se superficiale) dei vissuti che hanno, portato ‘quell’individuo’ a diventare ‘quel determinato criminale’.

Non ho mai conosciuto giornalisti che siano andati alla radice del fenomeno; ma in modo scientifico. Certo le origini della ‘Ndrangheta sono misteriose quasi leggendarie ormai. I tempi passati erano tempi di poche parole, tempi di silenzi. Documenti non vi sono. Non ci sono rimasti. Gli ‘ndranghitisti non scrivevano che nella memoria. Poco si sa di questa organizzazione, quindi. Non vi era, all’epoca, la comunicazione veloce e globalizzata che c’è nell’attualità. Molte notizie vitali e indispensabili per la ricostruzione scientificamente aderente alla realtà, sono morte insieme ai protagonisti; sono quindi sepolte per sempre. Ma dai miei studi e dalla mia conoscenza concreta del fenomeno, posso dire che se la ‘ndrangheta ha avuto origine ed ha incrementato esponenzialmente il suo potere attraverso i secoli, ciò, è la conseguenza della politica oligarchica, aristocratica, che persiste lungo la Storia umana; una mentalità medievale, dove i nobili, detengono il potere e creano e impongono immobilità sociale e lotta di classe: mentalità di memoria feudale.

‘Ndrangheta, che come ho già avuto modo di dire, nella trasmissione ‘Un giorno Speciale’ di Francesco Vergovich, deriva, probabilmente, dal greco andragathía, che si potrebbe interpretare come ‘coraggio’o ‘virilità’. Secondo un’altra etimologia, deriverebbe dal nome di un luogo, ‘Andragathia Regio’ che in età moderna delimitava un’ampia zona situata a tra la Calabria e la Basilicata. Ormai, nel mondo, è noto, a quasi tutti, che la ‘Ndrangheta è un’organizzazione originaria della Calabria, individuata anche con altri nomi, come, Onorata società, Famiglia Montalbano, la Santa e Picciotteria; è noto che si è sviluppata nella provincia di Reggio Calabria, radicandosi e diffondendosi in seguito prepotentemente nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro, Crotone e Cosenza; si sa che è ritenuta la più pericolosa organizzazione criminale del pianeta.

Gli esperti hanno dichiarato che essa ha un fatturato oscillante intorno ai 60 miliardi di euro. E’ ormai ramificata in Canada, in Australia, in Sudamerica e nei paesi europei, in cui l’emigrazione calabrese è arrivata. Esistono circa 155 famiglie, definite ‘ndrine e altre che pur non essendo ancora all’interno dell’organizzazione collaborano con essa. Gli affiliati, verosimilmente sarebbero 7.000 persone, legate nella maggioranza dei casi da vincoli familiari stretti, i quali contribuiscono molto a tenere coesa l’organizzazione. Essa condiziona a proprio piacimento e convenienza la società cosiddetta civile e il suo potere è fondato sulla capacità di uccidere cinicamente.

Inoltre il possesso di ingenti somme di danaro, permette alle ‘ndrine di acquisire armi sempre più sofisticate e moderne, con le quali, mettere in atto attentati e intimidazioni, prendendo possesso del territorio che lo Stato scientemente sceglie di non controllare. Il riciclaggio di denaro sporco è un’attività molto redditizia, che mette la ‘Ndrangheta in condizione di controllare quasi tutti i settori dell’economia; attraverso connivenze nella pubblica amministrazione e trasversalmente ai partiti politici e gruppi di potere clericale. Le attività principali degli ultimi anni, sono il narcotraffico, gli appalti pubblici, il condizionamento del voto elettorale, le estorsione, l’usura, il traffico di armi, il gioco d’azzardo, il traffico di esseri umani, e per ultimo lo smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi.

E’ mia intenzione poter scrivere di ‘Ndrangheta in modo serio e analitico, ma dato che è un argomento complesso, abbondante e delicato, dovrò farlo a puntate. Questa è la prima.

Domenico Mimmo Politanò
Italianista

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