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La guerra in Ucraina che fa comodo alle Potenze e determina la politica dei Paesi

La guerra nel cuore dell’Europa dura da nove mesi e sembra destinata a prolungarsi, insieme ai suoi effetti devastanti sulle economie dei paesi

Il Consiglio Europeo che ha concesso lo status di candidati Ue a Ucraina e Moldavia

Il Consiglio Europeo che ha concesso lo status di candidati Ue a Ucraina e Moldavia

E’ ormai abbastanza chiaro che la guerra tra Russia e Ucraina sia destinata a durare a lungo, sia per la volontà dei contendenti che per gli interessi di chi li appoggia direttamente o indirettamente.

Il conflitto tra i due paesi ha origini lontane nel tempo e radicate nella mentalità dei popoli di essi, almeno come rappresentata da Zelenskij e Putin.

Allo scoppio della guerra, con l’invasione del sud dell’Ucraina, Putin rivendicava l’annessione alla Federazione Russa dei territori russofoni del Donbass.

Guerra in Ucraina: lontana l’ipotesi di un accordo

Ora, dopo mesi di guerra la situazione si è incancrenita: a dispetto degli inviti alla trattativa, il governo russo rivendica addirittura l’Ucraina come parte storica del suo territorio, mentre Zelenskij non si accontenta più di difendere l’indipendenza del suo paese ma vorrebbe mantenere il Donbass e magari riannettersi la Crimea.

Così si allontana la prospettiva di un compromesso onorevole per entrambi i Paesi e quindi una trattativa che metta fine al conflitto. Ma questo, al di là delle apparenze, sembra fare il gioco delle grandi potenze politiche e della finanza internazionale, come si è già detto (vedi: Ucraina, Draghi: accodamento sempre più servile alle esigenze USA, 26/04/’22).

Infatti, la guerra ha innescato o comunque ingigantito la crisi internazionale, facendo mancare ai Paesi europei l’energia e le materie prime: il petrolio e il gas russo, il grano ucraino.

Ciò ha fatto crescere esponenzialmente i prezzi sul mercato, favorendo le grandi speculazioni e la distruzione della piccola/media impresa.

Altre conseguenze: l’impennata dell’inflazione, l’impoverimento dei lavoratori e l’aumento dei disoccupati.

I governi europei, in particolare il nostro, si sforzano di risanare l’economia tenendo conto delle possibilità reali. Ma così facendo aggraveranno le sperequazioni sociali.

Sperequazioni sociali

Ogni governo europeo si trova a fronteggiare questi gravi problemi. In particolare il nostro che, come abbiamo scritto precedentemente, si è convertito alla realpolitik, seguendo le orme del precedente governo Draghi. Non si capisce dunque perché questo, che si reggeva su una specie di unità nazionale, sia stato fatto cadere.

Certamente, al di là dell’unità c’era una divergenza di posizioni.

Il centrosinistra, soprattutto il PD,appoggiava a spada tratta la politica di risanamento economico di Draghi, che sarebbe stata attuata tagliando i rami secchi dell’economia e impoverendo i lavoratori.

La destra, specialmente FdI e Lega, criticavano duramente quel tipo di politica, suddita degli interessi dei paesi forti della UE (Germania, Francia, Olanda) e degli USA, spingendosi fino al punto di auspicare l’uscita dall’Unione; o, comunque, cambiarne radicalmente le direttive.

Poi, subito dopo la loro schiacciante vittoria, gli esponenti del centrodestra si sono prodigati in dichiarazioni di fedeltà all’UE ed all’Alleanza Atlantica, per rassicurare gli italiani e ancor più i potenti alleati. Inoltre hanno espresso la volontà di risanare la nostra economia e di diminuire le grosse sperequazioni sociali, tenendo però conto dei vincoli di bilancio e del nostro alto debito pubblico. Come a dire, non potremo fare il passo più lungo della gamba.

La manovra economica del Governo Meloni

Così, ad un mese dall’insediamento del suo governo, il presidente Meloni ha presentato il DPB (Documento Programmatico di Bilancio), la manovra finanziaria che dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento.

Esso prevede, tra i tanti provvedimenti, la revisione del reddito di cittadinanza per il 2023 con il taglio delle mensilità, l’obbligo di seguire almeno un corso di formazione e la decadenza in caso di rifiuto di una congrua offerta di lavoro. Nel gennaio 2024 sarà abolito e sostituito da un nuovo sistema, ancora non delineato.

La riforma delle pensioni, che dapprima doveva consistere nella pura e semplice cassazione della legge Fornero (secondo Salvini), prevede per il prossimo anno una quota 102 : 41 anni di contributi più 61 di età. In seguito la quota sarà innalzata con l’aumento dell’età pensionabile.

C’è anche l’ipotesi di favorire la permanenza volontaria al lavoro oltre i limiti di età con il taglio dei contributi, sia per il lavoratore che per il datore di lavoro.

Gli interventi per le famiglie

Per le famiglie sono previsti dei bonus bollette, l’aumento dell’assegno unico e agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato delle donne sotto i 36 anni.

Per i lavoratori autonomi si prevede la flat tax fino a 85.000 euro; inoltre , la soglia per l’uso del contante viene fissata a 5.000 euro.

Poi ci sono altri provvedimenti per aiutare le imprese riguardo al caro-energia.

In definitiva, per tutte le misure che dovrebbero contrastare l’impoverimento dei ceti medi e dei lavoratori dipendenti, il governo stanzia complessivamente 35 milioni.

Questa cifra viene giudicata inidonea allo scopo da molti osservatori, in particolare dalle forze di opposizione.

In effetti, molto poco si potrà offrire ai cittadini per contenere il forte rincaro del costo della vita; il sindacato vorrebbe una base minima di contrattazione, che sarebbe comunque troppo bassa ed impossibile da incrementare adeguatamente nell’attuale situazione di crisi.

Nello stesso tempo però, anche per l’azione del governo precedente, sono stati innalzati moltissimo gli stipendi degli alti dirigenti e manager, in modo ingiustificato perché quasi sempre il loro contributo alla risoluzione dei problemi è stato nullo o negativo per la comunità; addirittura, molti di essi hanno avuto buonuscite favolose per la cessazione dai loro incarichi.

Critiche al Governo. Le opposizioni diverse che convergono nello sfruttamento dei popoli

Appare pertanto giustificata la critica di chi, come l’avvocato Conte, afferma che la politica del governo Meloni favorisce i ceti abbienti, è contraria agli interessi dei lavoratori e aumenterà la disoccupazione.

Ingiustificata e incoerente è invece la posizione del PD, che ora vorrebbe difendere il reddito di cittadinanza dopo averlo criticato ed aver votato contro. Si dovrebbe inoltre ricordare ai finti smemorati Letta, Bersani, etc., che fu il loro partito a creare lavoro precario fin dall’epoca del governo Prodi con l’istituzione dei contratti temporanei di lavoratori parasubordinati ( Co.Co.Co; LSU ), per finire con il Jobs Act di Renzi.

Dopo vennero i governi di destra di Berlusconi, ad illudere gli italiani con la promessa dei milioni di posti di lavoro ed il miraggio della scalata sociale dell’uomo che si fa da sé.

In realtà, egli si era fatto, cioè arricchito, con le speculazioni e gli intrallazzi protetti dalla politica precedente, in particolare da Craxi.

Oltre i provvedimenti pensati per dare un sostegno ai cittadini più colpiti dalla crisi, nella manovra ce ne sono altri di natura economica che distinguono il governo Meloni dai precedenti; per esempio, il programma di finanziare grandi opere, per cui si ripropone la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Allo scopo viene riesumata la vecchia società Stretto di Messina S.p.A, che già aveva accumulato tanto debito ed era stata posta in liquidazione nel 2013.

Investimenti contro il dissesto idrogeologico

Ci sono inoltre gli investimenti per il risanamento del territorio devastato dai disastri naturali, favoriti dall’azione dissennata e avida dell’uomo, come quello di Ischia.

Ma la maggiore differenza tra il governo di destra e le opposizioni si evidenzia nelle intenzioni di riforma legislativa che riguardano la struttura dello stato: l’autonomia delle regioni e i poteri dei sindaci; il rapporto tra i poteri esecutivo-legislativo e quello giudiziario; la riforma dell’istruzione pubblica.

Ognuno di questi temi merita un approfondimento a parte.

Sinteticamente, si può dire che le regioni del Nord leghista pretendono l’attribuzione di più funzioni amministrative di carattere generale, come l’Istruzione e la Sanità; la gestione di quest’ultima da parte di Formigoni ha dimostrato che mangiatoia sia stata per i politici e le società.

Ma non basta: i pomposi Governatori del Nord vogliono trattenere e gestire in proprio il gettito fiscale dello Stato; la cosa più eclatante è che anche altri del Centro e del Sud, come Bonaccini e Musumeci si schierano con le stesse pretese.

Il denaro non ha odore

Pecunia non olet, dicevano i nostri saggi progenitori (dei quali siamo posteri indegni).

Sembra riesumato il sogno del defunto “teorico” della Lega Miglio, che voleva suddividere l’Italia in tre grandi regioni, spezzando l’unità nazionale; e disgraziatamente adesso potrebbe riuscire, se pensiamo che il grosso Bonaccini è destinato a guidare il nuovo PD ), Elly Schlein permettendo).

Per quanto riguarda i sindaci, è bastato che il Ministro dell’Interno Piantedosi, dopo il disastro di Ischia, dicesse che i responsabili dovrebbero andare in galera, perché tutti i politici dell’opposizione insorgessero compatti a difesa delle funzioni e dei poteri dei rappresentanti eletti direttamente dal popolo; seguiti poi da molti esponenti del governo.

Sul tema scottante della riforma della Giustizia, il Governo vorrebbe realizzare la separazione delle carriere ( giudice inquirente e giudice giudicante) e assoggettare la magistratura al suo controllo, tramite l’elezione del PM (Pubblico Ministero) e la divisione del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) in due Consigli. Tutte cose da sempre agognate dalla destra politica, ma che non dispiacciono del tutto neppure alla sinistra, anche se questa accenna qualche critica; in realtà, ognuna delle due parti vorrebbe l’impunità per se stessa ai danni dell’altra.

Non giudicabilità

Si vuole inoltre convincere i cittadini che con tali cambiamenti si otterrebbe un processo più giusto e veloce a favore di tutti, mentre si garantirebbe la non giudicabilità dei politici per il loro operato e le loro relazioni con il potere economico, anche mafioso.

Proprio perciò la Costituente aveva voluto il potere giudiziario indipendente dal legislativo e dall’esecutivo; anzi il primo, costituito da persone che rappresentano la legge senza dividersi in correnti legate ad un carro politico, deve vigilare sugli altri due.

Questa dovrebbe essere la rivendicazione prima di noi cittadini, poiché senza giustizia legale non si può avere giustizia sociale e parità di diritti.

Purtroppo, spesso i singoli si muovono, e spesso vengono manovrati, in base alle loro fondamentali esigenze di sopravvivenza.

Ovvero, più banalmente, vengono presi per fame: proprio ciò che ora la Grande Finanza ed i Governi succubi di essa vogliono fare.

Spetta a Noi Cittadini spezzare questi rapporti infami.

E’ di questi ultimi giorni la dichiarazione di appoggiare ancora l’Ucraina aggredita con aiuti economici e militari per tutto il 2023.

Ciò significa che non si vuole fermare la guerra, ma servirsene per i propri fini di potere.