La guerra fratricida tra Russia e Ucraina e le conseguenze sulla costruzione di una vera identità europea
La guerra tra Ucraini e Russi, dimostra come l’odio tra popoli possa essere tanto più profondo quanto più stretti siano i legami storici, di sangue e culturali, tra di loro

Guerra in Ucraina (© Ministry of Internal Affairs of Ukraine - Mvs.gov.ua / Wikimedia Commons)
Oltre alla guerra che insanguina la Palestina, per i Paesi europei è molto importante la guerra tra Russia e Ucraina che dura ormai da tre anni. Importante per una serie di motivi: innanzitutto, perché l’Unione Europea ha una grossa responsabilità nella nascita di essa, insieme agli USA.
In secondo luogo, perché è combattuta sul territorio europeo, quindi possiamo dire dentro quella che sarebbe la nostra casa comune. Terzo, perché questa guerra ha un carattere fratricida, date le strette relazioni etniche e linguistiche tra il popolo ucraino e quello russo.
Ufficialmente è iniziata con l’invasione dell’Ucraina ordinata da Putin, Presidente della Federazione Russa, il 22 aprile 2022. Il pretesto era quello di portare aiuto alle Repubbliche separatiste del Donbass e del Donestk, che invece l’Ucraina voleva mantenere per sé.
Ma le motivazioni reali, profonde, sono molto più antiche
Alla fine del IX Secolo gli Slavi Orientali si spinsero verso Ovest, fondando un gruppo di Principati guidati da quello di Kiev. Questo convertì quei popoli al Cristianesimo e li dotò di un corpo di leggi civili. Inoltre iniziò gli scambi culturali con il resto dell’Europa.
La storia dell’Ucraina inizia nell’Alto Medioevo, quando popolazioni slave provenienti dall’Europa centro orientale si spostano verso Ovest, stabilendosi nella zona che va dal Mar Baltico al Mar Nero.
All’interno di quest’area si forma il Principato di Kiev (il Rus’ di Kyiv), comprendente parte dei territori delle attuali Ucraina, Russia, Bielorussia, Moldavia, Polonia ed Estonia.
Alla fine del IX Secolo i popoli del Rus’ si convertono al Cristianesimo, principalmente nella forma Ortodossa di Costantinopoli, ma in parte anche in quella Cattolica.
In realtà, il Rus’ di Kyiv era a capo di un gruppo di Principati che insieme coprivano un’area geografica estesa dal Mare del Baltico a nord fino al Mar Nero (il Ponto Eusino degli antichi Greci) a sud. Oltre alla religione, un corpo di leggi introdotto dai primi sovrani (il primo fu Volodimyr di Kyiv, San Vladimiro) unificò i popoli slavi della nazione.
In seguito ci fu una decadenza, dovuta a lotte intestine, finché nel Settecento il Principato fu assorbito dalla Russia degli Zar; in particolare per opera dell’Imperatrice Caterina II la funzione guida passò da Kiev a Mosca. Per questi motivi storici l’attuale Presidente Putin, fautore di una politica nazionalista, rivendica l’appartenenza dell’Ucraina alla Russia.
La cosa buona è che gli scambi culturali del Principato con l’Europa Occidentale sono continuati per tutta l’epoca dell’Impero Zarista fino alla Rivoluzione d’Ottobre.
In seguito a questa gli Ucraini credettero giunto il momento di costruire finalmente una loro Nazione indipendente, ma il loro tentativo fu represso sanguinosamente dai bolscevichi.
Per reazione poi si accordarono con gli Imperi centrali ed accolsero le truppe hitleriane come salvatrici, aiutandole anche nella caccia agli ebrei del loro Paese.
Con la Rivoluzione Sovietica si rafforzarono i contrasti sanguinosi tra Ucraini e Russi sino alla fine della Guerra Fredda tra USA e URSS, soprattutto per l’opera riformatrice (la perestroika) di Gorbaciov, il quale ottenne il Nobel per la Pace.
L’artefice principale della Rivoluzione, Vladimir Lenin, voleva l’Unione Sovietica come una Federazione di Repubbliche pari tra loro, poiché il suo fine non era l’egemonia di un Paese sull’altro, ma la diffusione della rivoluzione nel mondo. Così la pensava anche Lev Troskji, che doveva essere il suo successore alla guida del Soviet.
Purtroppo, questi fu soppiantato da Iosif Stalin, che fece fuori tutti i bolscevichi più vicini alla linea di Lenin.
Una volta preso il potere assoluto, Stalin fece esiliare Trostkji, che si rifugiò in America Latina; alcuni anni dopo lo fece assassinare da un sicario, poiché poteva ancora rappresentare un simbolo per i dissidenti.
Stalin aveva scelto di realizzare il socialismo in un solo Paese, la Russia, che doveva diventare il centro del nuovo Impero Comunista, cui tutti gli altri dovevano essere soggetti.
Realizzò quel disegno con lo sterminio di massa di intere etnie e con i campi di prigionia (definiti di rieducazione), i Gulag, che compirono atrocità anche superiori al vinto avversario nazista.
Inoltre, per assoggettare i proprietari terrieri Stalin requisì quasi tutto il raccolto affamando intere popolazioni, in particolare gli Ucraini, dei quali circa 4 milioni morirono per fame nel ’32-’33.
Questo sterminio è ricordato come holodomor
Una politica crudele, molte volte messa in atto nella Storia. Oggi è condotta nel Medio Oriente da Israele sui Palestinesi. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e la spartizione in due blocchi dell’Europa, dominati uno dagli USA con l’alleanza militare della NATO, l’altro da Mosca con il Patto di Varsavia, il mondo conobbe un periodo di pace relativa a causa dell’equilibrio politico creatosi. Finché, negli anni ‘70/’80 l’URSS ebbe una grave crisi economica e sociale, dovuta alle errate politiche dello stato centralizzatore.
Il Presidente Michail Gorbaciov mise allora in atto una profonda ricostruzione (perestrojka) del sistema produttivo convertendolo al libero mercato, e dell’apparato statale, sostituendo tutti i vecchi dirigenti con altri più democratici. Avviò pure una politica di controllo degli armamenti, che portò alla riunificazione delle due Germanie, dopo l’abbattimento del muro di Berlino (il 9 novembre 1989), che per ventotto anni aveva diviso in due la città.
Così terminò anche la guerra fredda, con l’impegno reciproco dei due ex contendenti, Washington e Mosca, a non interferire nei problemi territoriali e politici dei due schieramenti.
Le radici del conflitto armato in corso stanno nei forti contrasti interni all’Ucraina tra le fazioni russofone e quelle nazionaliste.
A ciò si aggiunge la politica revanscista e accentratrice di Putin
Nel marzo 2014 la Russia per decreto si era ripresa la Crimea, che le era sempre appartenuta, fin dai tempi dell’Impero degli Zar. Inoltre, quella regione ha un’importanza economica e strategica fondamentale, poiché essa rappresenta l’unico sbocco al mare a Sud tramite il Mar Nero. Nell’aprile 2014 le Repubbliche del Donbass e del Donestk, al confine sudorientale della Russia, avevano dichiarato di voler entrare nella Federazione Russa.
Perciò erano iniziati scontri militari tra esse e l’Ucraina, proseguiti fino al 2021, nell’indifferenza dell’UE.
Anzi, gli Ucraini del Donbass che volevano restare con la patria ebbero l’appoggio tacito e forniture di armi da parte di molti Paesi dell’UE, anche dall’Italia. Nel 2019 in Ucraina andò al potere Vladimir Zelenskji, un ex attore comico, occupando la Presidenza che fino ad allora era stata filosovietica.
Questi cominciò subito a chiedere all’Europa l’ingresso nell’UE e nella NATO; inoltre rivendicò all’Ucraina la Crimea e le Repubbliche separatiste del Donbass e di Donestk. Perciò il 21 aprile 2022 il nuovo Presidente russo Putin, in un discorso alla Nazione dichiarò di appoggiare i separatisti ucraini.
Il giorno dopo l’esercito russo entrò in Donbass, estendendo poi la sua azione in altre zone dell’Ucraina, come Mariupol e Zaporizja. Stavolta l’appoggio alla cosiddetta Repubblica di Zelenskji da parte degli USA e dell’Unione Europea fu esplicitamente dichiarato e attuato con il continuo invio all’Ucraina degli armamenti più moderni: carri armati, missili a lunga gittata, droni da ricognizione e da attacco.
Le armi per Zelenskji
Più armi Zelenskji chiedeva, più gliene fornivano. Inoltre, l’appoggio politico da parte dell’UE si è colorito anche con la dichiarazione, per bocca della Presidente Von Der Layen, che la difesa della libertà dell’Ucraina è necessaria anche per difendere l’Europa Occidentale. Come se Putin volesse invadere e soggiogare i nostri Paesi, partendo dalla frontiera con l’Ucraina!
Il nuovo Zar, come viene chiamato, sarà anche un autocrate e un dittatore, magari di tendenza vetero-stalinista, vista la sua formazione di ex agente del KGB. Ma non è certo fuori di testa come il suo omologo Trump.
Il suo interesse fondamentale è quello di difendere l’unità della Russia e la centralità di essa all’interno della Federazione; anche per questo motivo non può rinunciare ai territori che già reputava far parte dello Stato, né a quelli conquistati. Chiunque pensi che Putin possa retrocedere dalle sue posizioni ostacola perciò l’instaurazione di una pace duratura, come dimostra lo stallo nelle trattative e i continui rinvii di un incontro fra Trump e Putin.
Intanto continuano i bombardamenti e aumentano i morti
Finora se ne sono avuti centinaia di migliaia da entrambe le parti. Una soluzione condivisa che riconosca l’Identità Europa rispettosa delle differenze Perciò, pensiamo che se Zelenskji avesse veramente a cuore le sorti del suo popolo, dovrebbe cessare di chiedere ancora l’aiuto armato dell’Occidente ed accettare le pretese di Putin, ottenendo in cambio l’indipendenza del Paese.
Ma poiché egli non sembra sentire ragioni, neppure sotto le minacce di Mosca dell’uso delle armi nucleari, dovrebbe intervenire la UE. I Paesi più favorevoli alla trattativa, tra cui il nostro, dovrebbero assumere una linea decisa per imporre la loro mediazione nell’interesse di tutti; magari potrebbero aiutare gli ucraini più democratici a scegliersi un presidente migliore.
Così si potrebbe finalmente avviare una seria trattativa che fermi questa guerra fratricida e porti ad una pace duratura. Inoltre, crediamo che ogni Paese possa stringere relazioni economiche e diplomatiche con altri in piena libertà. In particolare il Nostro, che dovrebbe liberarsi dalla posizione di servilismo agli USA, comune sia al Governo attuale che ai partiti dell’opposizione.
Infine, in un clima più sereno si potrebbero restaurare e rafforzare gli scambi culturali tra i paesi latini e quelli slavi, iniziati con la diffusione del Cristianesimo, per giungere a definire una sostanziale Identità Europea, rispettosa delle differenze e delle specificità di ognuno.
