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L’italinglese del referendum in Lombardia

di Massimo Persotti

Voting machine, referendum digital assistant, e-voting, touch screen. Il referendum del 22 ottobre in Lombardia non doveva essere solo un test per l'autonomia ma anche per il nuovo voto elettronico, prima volta in Italia, simbolo di un Nord tecno-innovativo che voleva dimostrare un divario non solo politico-economico ma anche digitale.

Ecco quindi il proliferare di termini ed espressioni italinglesi quasi che il loro ricorso fosse più consono allo 'spirito dei tempi'.
 
Peccato che l'esito della sperimentazione non sia stato all'altezza delle aspettative. I maligni diranno che se le premesse all'insegna di un inglese così farlocco erano tali, cos'altro ci si poteva attendere …

L'annuncio della selezione di personale pubblicato qualche tempo fa era già un manifesto dell'uso/abuso di un inglese spesso approssimativo: e-voting, referendum digital assistant, voting machine.

Prendiamo 'voting machine', termine usato nei paesi anglosassoni per definire le postazioni digitali e informatiche presso cui esercitare il voto elettronico. La Regione Lombardia preferisce però usare un più neutro 'dispositivo all'interno della cabina elettorale' mentre gli organi di informazione semplificano con il più diffuso in Italia 'tablet'. Tre termini diversi per definire lo stesso oggetto.

Capitolo a parte meritano i poveri 'referendum digital assistant', "i giovani reclutati … per garantire il funzionamento dei tablet e mandati allo sbaraglio dopo un corso online di poche ore" (da Corriere della Sera, 24 ottobre 2017). Ne parla ampiamento Licia Corbolante nel suo blog. Con buona pace degli italianissimi (linguisticamente parlando) 'scrutatori' che, scrivono le cronache dei giornali, hanno fatto notte fonda per assicurare la regolare consegna delle chiavette usb con i voti.

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