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L’Europa tra passato e futuro: Il respiro della parola

“Il grado di civiltà raggiunto da una società si misura, anche, dal modo in cui al suo interno si parla della Donna e delle donne”

Collocato nel punto esatto di intersezione tra Medioevo ed età moderna, Francesco Petrarca fu il vero arbitro del tempo suo. Il padre del Rinascimento, come scrisse Giosue Carducci. Riscoprire le origini della cultura italiana, equivale ad indagare l’inizio della cultura europea rinascimentale e moderna. Poiché Petrarca e la sua immensa eredità appartengono tanto all’Italia che all’Europa.

Per accostarsi a questo autore, o per riscoprirlo dopo i tempi della scuola, esistono numerose pubblicazioni, alcune di eccellente qualità. Innanzitutto l’edizione del “Canzoniere” a cura di Sabrina Stroppa per Einaudi (2011).

Per chi vive ai tempi della globalizzazione e della rivoluzione digitale, la cui capacità di concentrazione si assottiglia sempre di più, che dunque non è uno specialista della letteratura italiana dell’epoca tra Medioevo e umanesimo, c’è bisogno, per accostarsi a questi grandi autori (analogo discorso può essere fatto per Dante) di commenti puntuali, precisi, ma allo stesso tempo leggeri (nel senso che Calvino dava a questo termine). Altrimenti si corre il rischio di non leggerli.

Si tratta del caso in questione. Introdotto da Paolo Cherchi, italianista di fama internazionale, accompagnato da un saggio di Carducci e da uno di Gianfranco Contini, il grande filologo amico di Eugenio Montale, il commento della Stroppa ha il merito di far emergere il doppio binario dell’umanesimo di Petrarca: il filone biblico, cristiano, medioevale, da un lato; il filone classico, greco-romano, dall’altro.

Si tratta dei due grandi filoni, delle due grandi anime della cultura occidentale. Da qui la centralità di Petrarca per la cultura europea.

Ma Petrarca fu anche straordinariamente moderno e contemporaneo. Il tormento e la frammentazione dell’Io, caratteristiche eminentemente contemporanee (da Picasso a Heidegger), attraversano tutta la vicenda dell’amore per Laura, centrale nel “Canzoniere”.

Questo aspetto è stato colto con chiarezza in “L’amoroso pensiero. Petrarca e il romanzo di Laura” (Mondadori 2014) di Marco Santagata, tra i maggiori petrarchisti italiani, che ha anche curato una ricchissima edizione del “Canzoniere” per i Meridiani Mondadori.

Cinque secoli prima di Schopenhauer e Nietzsche, quella di Petrarca è una coscienza tormentata, amante della contraddizione, niente affatto in grado di sciogliere i propri nodi. Se egli non giungerà agli esiti psicologicamente fatali di Nietzsche o di Van Gogh, è perché la sua è una tempra rinascimentale, una fibra spirituale forte, che riesce, seppure con fatica, a riassorbire le zone oscure dell’Io, in un discorso razionale più ampio.

Un altro aspetto decisivo è il modo in cui Petrarca scrive di Laura. Il senso del suo umanesimo è di far filtrare il mondo attraverso l’idealizzazione di una figura femminile, analogamente a ciò che Dante aveva fatto con Beatrice.

Laura è uno specchio attraverso cui si riflette il mondo e l’intero universo psicologico del grande poeta. Questo ingentilirsi del sentimento deve essere un monito, se nel nostro mondo le donne continuano ad essere vittime della violenza maschile.

Non apparirà esagerato affermare che il grado di civiltà raggiunto da una società si misura, anche, dal modo in cui al suo interno si parla della Donna e delle donne. Mentre oggi sembra prevalere il lato oscuro degli insegnamenti di Nietzsche, a partire dalla frase: “vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!”

Ciò dimostra come non ci sia, in Petrarca, nulla di avulso dal mondo, come la presa della sua Parola sulla realtà concreta e quotidiana sia salda oggi, come lo era allora. Quello attuale è un momento storico in cui il valore, l’importanza, l’efficacia della cultura umanistica devono essere ribadite e confermate. Soprattutto di fronte ad un’epoca che ne sta, drammaticamente, dimenticando il valore.

Niente più di filosofia e poesia sono in grado di restituire, a giovani e meno giovani, la sensazione di quale sia il posto dell’uomo nel mondo e il modo in cui comportarsi al suo interno.

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