Prima pagina » Rubriche » L’Europa tra passato e futuro: Il grigio che avanza

L’Europa tra passato e futuro: Il grigio che avanza

Con i social network la capacità di indirizzare e controllare le menti è diventata capillare

Il grande storico Eric J. Hobsbawm, attraverso un celebre libro del 1994, ha definito il Novecento come il secolo breve, stretto tra le date della Prima guerra mondiale e del crollo del sistema sovietico. Come tutti gli storici marxisti, Hobsbawm non riusciva a vedere fino in fondo la natura del totalitarismo dei sistemi comunisti, così come era riuscito di fare ad Hannah Arendt, nel suo grande libro del 1951, “Le origini del totalitarismo”. 

Sebbene al pensiero filosofico e alla riflessione umanistica facciano difetto le doti della profezia, è possibile dire che grandi pensatori di area conservatrice, come Nietzsche e Heidegger, così come grande filosofi di area comunista, come Marx e Adorno, hanno colto i caratteri di fondo dell’epoca e delle sue crisi.

Se, dunque, il Novecento è stato il secolo in cui la democrazia parlamentare e rappresentativa ha lottato contro il comunismo, da una parte, e contro il nazi-fascismo, dall’altra, oggi che il nuovo secolo ha raggiunto e superato la maggiore età, è possibile, utilizzando da un lato le categorie filosofiche, dall’altro l’osservazione, provare a riflettere sul nostro presente.

All’inizio del “Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte” Marx, da grande discepolo di Hegel quale era, osservò che, nella storia, i fatti si presentano una prima volta come tragedia e una seconda come farsa. Per questa ragione, il paragone del nostro presente con il fascismo degli anni ’30 della storia europea del secolo scorso, risulta solo parzialmente adeguato. 

Nel populismo sovranista, quale si manifesta in Italia con il governo Conte-Salvini-Di Maio, in Inghilterra con il fenomeno della Brexit, in Francia con Le Pen, in Ungheria con Orban, negli Stati Uniti con Trump, in Brasile con Bolsonaro (per non parlare di Putin in Russia, di Erdogan in Turchia, di Netanyahu in Israele, che all’autocrazia miravano già per vocazione propria), ciò che ricorda il fascismo è il disprezzo per il gioco parlamentare e per la stampa, nonchè la voglia di autorità, dell’uomo forte che rimetta le cose a posto. Nonché, elemento centrale, il razzismo, la paura e il disprezzo per l’Altro. 

Ma i fascismi sono sistemi dittatoriali in cui vige il partito unico, ossia in cui le opposizioni non sono tollerate, in cui l’informazione è solo quella di regime, in cui gli avversari del dittatore sono assassinati da un sistema di controllo poliziesco che non lascia scampo. Qualcosa che, per fortuna, ancora non si vede. Più adeguato è parlare di una declinazione autoritaria del sistema democratico, come carattere generale preso dall’epoca in questa sua fase. Ma come si è giunti a questo punto?

Due elementi giocano, a mio modesto avviso, un ruolo cruciale in questo processo: l’atteggiamento delle sinistre e l’enorme peso assunto dalla rivoluzione digitale. Per quanto riguarda il primo punto, va detto che le persone si sentono tradite da una sinistra “liberal” alla Obama o, per stare agli affari di casa nostra, alla Renzi (seppure va detto che, sia Obama che Renzi, qualche buona intuizione l’hanno avuta).

Il sovranismo populista è una reazione di pancia alla globalizzazione neo-liberista, al carattere tecnocratico delle istituzioni europee. Il neo-liberismo ha precarizzato il lavoro, toglie ai poveri per dare ai ricchi, e chi fa fatica ad arrivare a fine mese, questa cose le sente fin troppo bene. 

L’altro aspetto è quello relativo al ruolo giocato dai social-network in questo processo. Il Potere ha sempre avuto le sue forme di propaganda. Ma se, con radio cinema e televisione, con ciò che Horkheimer e Adorno chiamavano industria culturale, la cosa era cresciuta in modo esponenziale, con i social network la capacità di indirizzare e controllare le menti è diventata capillare. Il Potere ha compreso che non c’è bisogno di far fuori nessuno, per avere tutto sotto controllo. 
  
La tristezza, in tutto questo, è che grandi scrittori come Karl Kraus e Pier Paolo Pasolini non vengono più isolati e uccisi, solamente perché menti di quella tempra e levatura, in un tempo come questo, non possono nemmeno nascere.

Lascia un commento