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L’educatore cinofilo:”Quando adottiamo un cane entriamo in un branco con regole”

Amare i nostri cani non significa automaticamente comprenderli, per rispettarli occorre conoscerli

Francesco Serra istruttore cinofilo Inpetra (International Pet Trainer Association) e consulente comportamentale, responsabile Inpetra Roma e Teramo, da anni si occupa di cuccioli, cani iperattivi, problematici e aggressivi. Cura anche dei seminari alla facoltà di veterinaria di Teramo sull'apprendimento e il comportamento del cane. Ci spiega come, amare il nostro cane, non significhi automaticamente comprenderlo.

 

Potremmo dire che adottare un cane significa entrare a far parte di un branco?

“Sì, iniziamo dal cucciolo; le prime settimane la mamma non fa avvicinare nemmeno il padre, poi intorno ai due mesi lo presenta al branco, il quale lavora per educarlo e renderlo adatto alla vita canina. La mamma da delle regole al cucciolo da subito, è amorevole quanto severa per metterlo in condizione di cavarsela quando sarà adulto. Gli insegna a tenere pulita la tana, la postura di sottomissione, interviene quando i giochi si fanno troppo aggressivi, l'autocontrollo, inizia a lavorare all'inibizione del morso. È fondamentale che il cucciolo rimanga i primi due mesi con la mamma, l'unica da cui può apprendere i comportamenti che lo renderanno ben disposto agli altri cani e alle altre specie. Quando si sceglie un cane, la razza, l'età, non sono fattori solo estetici o di convivenza, ma comportano esigenze genetiche diverse, soprattutto quando si adotta dal canile”. ”.

 

Non è affatto differente da noi! Cosa fa un educatore cinofilo?

“L'educatore cinofilo è un mediatore, cerca di fare da interprete tra il linguaggio umano e quello del cane. Spesso si creano degli 'equivoci' tra uomo e cane che causano disagi e malesseri in entrambi. Pensiamo a quando passiamo sulle grate del marciapiede: noi pensiamo 'ma che sciocco ha paura non ci passa…' e il cane pensa 'perché mettere in pericolo la propria vita passando sul vuoto quando si può camminare sul suolo?'. Noi non conosciamo le gerarchie con cui il cane vede le persone che costellano la sua vita, e quando poi disobbedisce ci stupiamo, tuttavia non ci siamo comportati in un modo coerente per il quale il cane potesse riconoscerci come capobranco. Sembra severo ma è in realtà significa andare incontro al modo di relazionarsi del nostro compagno. Il capo branco è il punto di riferimento da cui dipende la sopravvivenza del branco. Un leader da regole anche scomode, ma necessarie all'equilibrio di tutti, è autorevole, autoritario e giusto. Questo è ciò che un proprietario responsabile deve saper essere. 

Fino a qualche anno fa mi chiamavano solo per problemi relativi ad aggressività, paura o abbaio esagitato, adesso anche per prepararsi all'arrivo di un cucciolo o comunque di un cane, quindi questa figura si è accreditata ed è cresciuta la fiducia in essa”.

 

I cani e gli umani sono uniti da un patto evolutivo lunghissimo, migliaia di anni?

“Si parla di una relazione che risale a circa 24mila anni fa! I cani vivevano in branco e noi in gruppo, gli umani avevano capito che il cane era utile per vigilare, durante la notte mentre si dormiva, per fiutare pericoli e intrusi tempestivamente e a maggiore distanza, e i cani avevano capito che potevano trovare calore, cibo e protezione negli accampamenti umani. Si sono affidati l'uno all'altro, prima spontaneamente, poi l'uomo ha sviluppato una consapevolezza e ha sfruttato questa abilità canine. Allevando i cuccioli di cane ha poi avviato l'addomesticamento; sono arrivati poi gli accampamenti agricoli, si è spostato fuori dai boschi e più tardi ha iniziato a fare selezioni rudimentali delle razze. Questo patto lo abbiamo un po' tradito verso il cane e noi stessi, perché in realtà neanche noi amiamo vivere in appartamento, e lo abbiamo messo in una condizione urbana dove non si può sfogare l'istinto predatorio, la corsa, l'attività olfattiva…ma è un lungo discorso”.

 

Qual è il problema più diffuso nella relazione uomo e cane?

“Noi umani la mattina usciamo o lavoriamo da casa e così possiamo esprimere tutta la nostra energia al lavoro, con gli altri, i colleghi… il cane invece appena si sveglia dopo la notte, ansioso di fare attività, viene subito lasciato solo o portato fuori per un breve giretto finalizzato solo ai bisogni fisiologici. E questo già crea un sovraccarico di adrenalina nel cane. Il proprietario al suo rientro, di solito stanco, si sente anche in colpa per averlo lasciato solo e non averlo portato a correre e socializzare in un parco, così cerca di sopperire assecondando moltissimo le feste del cane e aumenta la sua agitazione. Questo porta spesso ad abitudini poco sane per entrambi. Il cane ormai dipende dall'uomo per sfogare il suo istinto predatorio, per socializzare, marcare il territorio…creando uno squilibrio nella fisiologia e psicologia canina che poi causa danni dal rosicchiamento all'abbaio continuo”.

 

 

Si loda sempre la fedeltà del cane come disinteressata…ma è proprio così?

“Forse è il caso di ridimensionare questa idea, non per cinismo ma per comprensione della natura. Il rapporto tra uomo e cane è nato da una reciproca convenienza, come dicevamo, e come ogni legame in natura. Anche i legami sentimentali nascono da un piacere, poi diventa molto di più ma l'inizio è quello del piacere. Il saggio 'Premi e punizioni' di Piero Angelo ci racconta che anche noi umani cresciamo esibendo quei comportamenti da cui otteniamo soddisfazione. Il legame poi acquista uno spessore affettivo, mediante la convenienza si crea un legame che va immensamente oltre. Studi scientifici dimostrano che ormoni come l'ossitocina dell'amore e affetto che produciamo anche noi con parenti e partner, li produce anche il cane con il proprietario”.

 

Qualche giorno fa in provincia di Padova, due rotwailer hanno attaccato e ucciso il compagno della proprietaria dei cani che era fuori casa, ci puo' dire qualcosa di quello che accade in questi casi?

“Questo è un fatto gravissimo e tristissimo. La mancanza di competenza sulle razze credo sia la ragione principale di queste tragedie. Io come altri professionisti del settore, sono favorevole all'acquisizione di un patentino per adottare quelle razze selezionate per l'attacco. Ci sono cani da presa come ci sono da caccia o da pastore. Gli allevatori hanno reso le razze più docili ma il loro impasto genetico è fatto per la difesa.

Basti pensare che il Pit bull si chiama così perché veniva messo in delle fosse con tori e venivano scelti solo quegli esemplari che sopravvivevano alla lotta. Ci sono razze che per secoli hanno subito una rigida selezione sia fisica che psicologica. Non sono cani adatti a tutte le situazioni famigliari e sono cani con cui occorre saper comunicare e dare regole forti. Talvolta di questi cani ha timore il proprietario stesso e così lascia che il cane detti le regole…questo può essere l'inizio potenziale di un disastro”.

 

 

Qual è la regola principale per un legame armonioso e rispettoso?

“L'iniziativa, il concetto di iniziativa è la nostra chiave di volta. L'iniziativa è sempre del proprietario, cioè colui che deve essere capace di farsi capobranco. Deve fari riconoscere come tale attraverso l'iniziativa. Si può fare qualsiasi cosa con il cane, anche farlo salire sul tavolo o dormire nel letto, ma è il capobranco umano a deciderlo e a decidere quando si smette. Questa disciplina non è imposta, ma è qualcosa che il cane riconosce del branco. Nel branco non si discute, si danno segnali come lo sguardo, la postura, il mostrare i denti, solo dopo si arriva a ringhiare e mordere. I cani testano la loro forza con noi per comprendere le gerarchie e la loro autorità e se imparano che sono loro a comandare, può succedere che prendano possesso delle stanze e degli oggetti. Spesso mi chiamano dicendo 'Il mio cane è impazzito!'. Le incomprensioni nascono dal fatto che diamo regole solo al cane adulto invece la regola non deve apparire come una penalizzazione incoerente dopo la libertà di fare qualsiasi cosa, le regole ci sono da subito. Altrimenti, dal punto di vista del cane, è il padrone ad essere 'impazzito' perché all'improvviso ha messo un limite. In natura le regole la mamma le fissa da subito. Il limite viene come una sicurezza per se stessi e da subito”.

 

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