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L’angolo dell’umanista, l’arduo cammino della libertà

In comune, Voltaire e Rousseau non ebbero nulla, “nemmeno la reciproca disistima”. Erano diversi in tutto, nel carattere, per provenienza sociale e stili di vita

In quel “diario in pubblico” che è “Nero su nero” (1979), là dove la scrittura di Sciascia assume quella dimensione filosofica che sempre fu sua, lo scrittore siciliano si sofferma sul doppio bicentenario della morte di Voltaire e di Rousseau, che cadde nel 1978, poiché i grandi campioni del pensiero e della pubblicistica francese si spensero, entrambi, nel 1778. Ed è una pagina straordinaria, questa di Sciascia, su cui bisognerebbe tornare, sempre di nuovo, a meditare.

In Francia il duplice, grandioso anniversario cominciò in anticipo, tanta era l’impazienza di provare a fare i conti, di cercare di tirare le somme, di “tentare un bilancio” (“Opere. Volume II”, Adelphi, pp. 1080-1081). In comune, Voltaire e Rousseau non ebbero nulla, “nemmeno la reciproca disistima”. Erano diversi in tutto, nel carattere, per provenienza sociale e stili di vita. L’unica cosa che li unì, dice Sciascia, è l’argomento su cui ci stiamo chinando ora, l’anno della morte.

Voltaire moriva al colmo della gloria; Rousseau crucciato e amareggiato, conformemente alla natura tormentata della sua anima. Il primo a ottantaquattro anni, il secondo a sessantasei. Ma il fatto di essere uniti solo dall’anno della morte, è quanto ci occorre, dice Sciascia, per “fare, come si dice in marina, il punto: di dove ci troviamo, della rotta da lasciare e di quella da intraprendere”. Poiché esiste, ci insegna Sciascia, una “rotta Voltaire” e una “rotta Rousseau”. 

Apparentemente, sembra che sia Rousseau a garantire il viatico giusto per il futuro. La sua rotta però, dice Sciascia, è quella che è stata percorsa già: quella del “romanticismo”, della volontà generale, “della parte maggiore del tutto”, degli ismi più micidiali – in una linea che va dai giacobini della Rivoluzione francese a Stalin, fino ad arrivare a Pol Pot e le Brigate rosse, e al tuttora vivo e vegeto Partito comunista cinese.  

Onde evitare di andare “a fondo” con le opere di Rousseau appese “al collo”, è a Voltaire che bisogna aggrapparsi, al suo culto della tolleranza e della libertà, ai valori illuministici della Rivoluzione francese, che le democrazie occidentali hanno realizzato dopo la Seconda guerra mondiale. 

La difficoltà del presente e del futuro non è solo quella presentata dalle forze sovraniste, dal loro malcelato disprezzo per i grandi valori democratici. La difficoltà è che, in un’epoca di globalizzazione, la politica è sempre più debole, fagocitata dai mass-media, dal giornalismo, da uno sviluppo tecnologico fuori controllo, dal culto del mercato, che non ha più limite e freno. Ma ogni epoca ha una sfida, un rovello tragico, un tarlo. Questo è il nostro…

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