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L’angolo dell’umanista: il momento della scelta

Siamo nell’imminenza delle elezioni europee e ad un punto di snodo per il nostro futuro. Bisogna scegliere

Perché non possiamo non dirci “europei”, così potrebbe essere variato il famoso detto-guida di Benedetto Croce relativo al perché non possiamo non dirci “cristiani”, che diede il titolo al suo grande saggio del 1942. Siamo nell’imminenza delle elezioni europee e ad un punto di snodo per il nostro futuro. Bisogna scegliere. Scegliere, intanto, se accettare la svolta reazionaria imposta dal sovranismo populista o se rimanere fermi ai valori liberali e di tolleranza che hanno caratterizzato l’Europa nel corso della sua storia.

E chi volesse riflettere sul nostro grande passato (anche italiano), e sulla risorsa che esso costituisce per il nostro futuro, può trovare, da poco uscito nelle librerie come volume singolo, il saggio di Massimo Cacciari, “La mente inquieta. Saggio sull’Umanesimo” (Einaudi), in cui, con notevole sapienza esegetica, vengono tratteggiate le coordinate spirituali della grande epoca rinascimentale, nella quale l’Italia (da Dante e Petrarca, a Machiavelli e Giordano Bruno, passando per Leonardo e Michelangelo) giocò un ruolo da protagonista.

Ma le cose non accadono per caso. Come non fu un caso il fascismo del secolo passato, così non lo è, oggi, la reazione di pancia del sovranismo populista, di chi pensa che il problema, oggi, siano gli immigrati o gli stranieri. Ovvero, il liberalismo e soprattutto quella sua variante particolarmente aggressiva che è il neo-liberismo, hanno un punto cieco. E questo i Macron e i Renzi sembrano non averlo capito.

Se c’è chi guadagna milioni di euro l’anno e chi, per mangiare, rovista nei cassonetti, c’è qualcosa che non va e le persone, seppure, in modo confuso e oscuro, lo capiscono. Spetterebbe alla cultura socialdemocratica, anch’essa un frutto dell’Europa, farsi carico della lotta legata alle disuguaglianze sociali. In ciò consiste la sfida, per quanto concerne il futuro del nostro continente. 

 

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