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Indici di ascolto e tribunali: la Giustizia italiana dipende dal clamore mediatico?

Giornalismo d’inchiesta e giustizia processuale. Due facce della stessa medaglia o mondi paralleli non coincidenti?

Indici di ascolto e tribunali: la Giustizia italiana dipende dal clamore mediatico?

Da diversi anni Le Iene televisive di Italia 1, canale Mediaset notoriamente dedicato ad un pubblico giovane e disincantato (traduci come “ tendenzialmente apolitico/apartitico “), si dedicano con successo alternato a inchieste giornalistico giudiziarie.

Grazie alla potenza mediatica della Tv, le Iene soccorrono quei “fortunati” scelti dalla redazione dei Men in Black nostrani, con l’intento nobile e molto spesso necessario di riaprire un caso giudiziario dimenticato.

Oppure per denunciare un errore giudiziario, portare alla luce un reato ancora in corso di consumazione e in alcuni fortunati casi individuare i colpevoli e risolvere il caso stesso.

Le Iene: se la giustizia italiana dipende dal clamore mediatico

Il principio su cui ruota il successo para giudiziario delle Iene (da non confondere con il successo dato dagli indici di ascolto e dalla conseguente raccolta pubblicitaria) e dei suoi più o meno efficaci imitatori o concorrenti è il seguente.

E’ impossibile pensare che il clamore mediatico che ruota attorno ad un caso giudiziario non influirà sullo svolgimento dello stesso, sia in fase d’indagine, sia in fase dibattimentale.

Pertanto, tanto più diffusa sarà l’attenzione mediatica sapientemente coltivata, quanto maggiore sarà la possibilità per la vittima di ottenere giustizia nei tempi e nei modi dovuti.

Eppure, se l’assunto sopra scritto trova una sostanziale e piena rispondenza in qualunque Stato occidentale e democratico, in Italia, un Sistema giudiziario malato ed immobile, fornisce una resilienza estrema e fuori dal comune.

Gli ultimi casi trattati sono stati sapientemente e “delicatamente” da Le Iene, cercando di rispettare senza inutili spettacolarizzazioni le parti coinvolte ed eliminando derive di politicizzazione e di schieramento ideologico.

Queste inchieste ci hanno mostrato uno spaccato inquietante e preoccupante dello stato in cui versa la Giustizia del Belpaese.

Morti sospette e misteri d’Italia

Le morti “sospette” di David Rossi, Marco Pantani e di altri nomi noti o comunque inseriti in contesti sociali in cui gravitano interessi di primo livello, accomunate a quelle di sfortunati comuni cittadini, vedi Giammarco Pozzi.

Casi che troppo spesso vengono gestiti dal “sistema” con modalità terzomondiste.

Purtroppo, al di là dei casi più estremi che coinvolgono personaggi di pubblico interesse, un identico e semmai peggior trattamento, viene riservato ai casi che coinvolgono comuni mortali.

Anche quando esse sono parti offese da reati che per quanto non vedano la morte come offesa, sono comunque tanto gravi da provocare un’esistenza fatta di sofferenze e di rovina personale.

Ingiustizie di Serie A e di serie B

Troppo spesso, malgrado lo sbigottimento generale generato da indagini raffazzonate piene di incongruenze, malgrado l’indignazione dell’opinione pubblica sulle evidenti mancanze o grossolani errori da parte degli inquirenti, lo scoop cavalcato dalle diverse testate giornalistiche non sortisce alcun effetto concreto.

Infatti, a parte un apparente primo sussulto che sembra poter “rimettere le cose al giusto posto “, la macchina perfetta della burocrazia giudiziaria ingloba qualunque istanza di revisione. Essa fagocita qualunque appello alla verità, qualunque prova scomoda trasformandola a proprio uso e consumo o semplicemente ignorandola.

Il protagonismo della vittima e l’illusione del trionfo della Giustizia

E’ comunque indubbio che ogni qualvolta un “caso” incontra l’attenzione del mezzo mediatico, ed il giornalista di turno (meglio se televisivo) “sposa” la tesi della vittima che lo ha invocato, una luce di speranza si accende nell’animo della stessa, dando quella momentanea illusione che la Giustizia possa trionfare. Il “privilegio” di essere stati scelti tra le centinaia di richieste di aiuto mediatico fornisce una ritrovata forza. Potremmo a ragione parlare di “protagonismo “ della vittima ( là dove per vittima va inteso anche il familiare danneggiato dalla scomparsa di un proprio caro ).

Un nuovo “status” all’interno del fenomeno criminologico che negli ultimi anni, con il proliferare delle trasmissioni televisive del genere è sempre più presente a corollario di un caso giudiziario.

Lo spettatore, a sua volta, ha la sensazione che le evidenze riportate in trasmissione, con il supporto di esperti del settore (non sempre) con la forza di ripetizione delle immagini sonore, finalmente sortiranno l’effetto voluto e giustizia sarà fatta.

Malgrado il clamore, spesso si rivela l’insuccesso giudiziario

Ebbene, la realtà futura di quel determinato caso, il più delle volte sarà ben diversa. A parte rarissime circostanze, le sorti benevoli del caso attenzionato, si areneranno alla sentenza di primo grado (nel migliore dei casi) o addirittura subiranno decisioni totalmente difformi da quanto sperato ancor prima si concluda un processo. Ancora di più, l’intervento della prescrizione, cancellerà in un attimo ore ed ore di trasmissione, mesi, anni di speranze e di parcelle di avvocati.

Ciò non vuole togliere nulla al valore delle inchieste giornalistiche citate, tanto più se condotte con la stessa capacità e sempre accresciuta professionalità delle Iene. Piuttosto, vista l’atavica resistenza negativa del nostro sistema giudiziario, sarebbe opportuno una ancora maggiore capillarità delle indagini con telecamera al seguito.

Di più, magari cercando di ignorare per un attimo l’aspetto utilitaristico di una trasmissione televisiva, sarebbe necessario da parte dell’inquirente mediatico, continuare a seguire il caso originario anche nello sviluppo pluriennale del decorso giudiziario processuale, certificandone le incongruenze, gli errori (talune volte, gli orrori), le mortificazioni generate da incapacità, sciatteria, corruzione o semplicemente da insufficienza di mezzi disponibili.

L’esempio di un caso: La truffa del capannone e la Giustizia italiana

Per meglio far comprendere al lettore quanto espresso nel presente articolo, vi faremo un esempio proprio di un caso “trattato” dalle Iene ed andato in onda su Italia Uno nel lontano 2012: La truffa del capannone. Nell’invitarvi a rivedere il servizio andato in onda il 3 maggio 2012 (qui per vedere il video).

E’ la storia di una truffa ai danni di una imprenditrice che, trovatasi in difficoltà economiche per carenza di liquidità (infatti è comunque proprietaria di un immobile dal valore di centinaia di migliaia di euro), decide di affidarsi a personaggi i cui ruoli sono quelli consoni per cui una persona in difficoltà si possa rivolgere con fiducia.

L’ “amico” vicedirettore della banca in cui l’imprenditrice opera da anni, la di lui fidanzata (“Avvocato” che spesso frequenta gli uffici della banca stessa) e l’Avvocato di fiducia, noto e strutturato consigliato dai primi due quale sicuro gestore della questione, rassicurante e suadente come ci si aspetta.

Nel prossimo articolo, dopo aver sentito la voce della vittima e richiesto l’intervento della Iena Giulio Golia, vi racconteremo come è andata a finire…almeno fino a oggi.

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