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Indi Gregory, morta per sentenza

Un dibattito, una questione pratica e morale eterna in cui nessuno, in Italia come nel Regno Unito e’ in grado di offrire una risposta di valore assoluto

Una composizione di foto di Indi Gregory

Indi Gregory la bambina affetta da una gravissima e più che rara malattia mitocondriale è morta stanotte.

Il suo triste caso è solo l’ultima di una serie di identiche controversie legali britanniche tra genitori e medici in cui il giudice britannico – in ultimo – si è sempre schierato con i medici del Servizio Sanitario Inglese, la NHS, decretando il supposto superiore interesse di un bambino malato.

In quest’ultima vicenda, che ha visto altresì protagonista il nostro Governo, il giudice britannico nel verdetto finale di Appello – ha affermato che le azioni legali intraprese nel caso di Indi Gregory sono equivalse a tattiche manipolative di contenzioso – progettate per frustrare gli ordini emessi dai giudici dopo un’attenta considerazione: azioni definite dal togato di Londra come intollerabili.

Nella decisione senza più appelli i giudici hanno ordinato il distacco dei supporti vitali della bimba scrivendo nero su bianco che era stato fatto l’interesse della giovanissima paziente.

Che valore diamo alla sofferenza umana?

Una volta ripreso fiato, sono varie, opposte e contrastanti le considerazioni su questa triste storia.

Il valore da dare alla vita e alla sofferenza umana. Chi non può guarire, ha diritto a essere curato? Esistono limiti alle cure palliative? Quale spazio decisionale concedere a un malato terminale o a chi in questi casi ne esercita la rappresentanza? Lo Stato ha un dovere di intervento da esercitare attraverso i propri organi giurisdizionali?

Come arrivare a scegliere chi, come e quando possa staccare la spina di una macchina che tiene in vita un essere umano.

Un dibattito, una questione pratica e morale eterna in cui nessuno, in Italia come nel Regno Unito è in grado di offrire una risposta di valore assoluto.

Tanto per cominciare – va detto che il clamore sulla vicenda di Indi Gregory si è rilevato molto più elevato e intenso in Italia rispetto al Regno Unito. I media italiani – sino al momento fatale – hanno coperto la notizia con un’abbondanza di partecipazione emotiva nettamente superiore a quella dove si sono realmente svolti i fatti. Lasciamo aperta l’interpretazione del perché ciò sia avvenuto.

Va da sé che l’intervento e interessamento diretto del Governo Italiano sulla storia, ha acceso una miccia che ha scatenato un mare di polemiche in patria e altrove.

I giudici inglesi hanno sbuffato e non avrebbero mostrato nessuna pietà per una povera bambina innocente, dimostrando attraverso la propria decisione – di essere tacciati di protagonismo, una malattia questa invece non rara di cui gli inglesi soffrirebbero da sempre, pur essendo crollato ormai da tempo l’Impero.

In Italia avrebbe avuto solo cure palliative

Il dissenso su tale mancanza di umanità, sulla freddezza della magistratura inglese ha causato un putiferio. Italia, Paese di brava gente, con un Governo che per cercare disperatamente di mantenere in vita una bambina destinata a morire – ha addirittura impegnato un Consiglio dei Ministri per concedere una cittadinanza italiana in tempi record. Il nostro Ministro della Sanità in persona si era offerto di garantire ulteriori cure a Indi. Cure palliative precisiamo, il Bambino Gesù di Roma, l’ospedale pronto ad accoglierla non poteva garantire nulla di più.

Non speranze dunque, ma un ticket a tempo. A oggi la malattia di Indi è definita incurabile dalla genetica inglese, la terza al mondo come livello di eccellenza dietro solo a Stati Uniti e Canada.

Ma a nulla sono valsi gli appelli del Governo italiano a Downing Street, insistenti e forse considerati un affronto – affinché il Governo britannico svolgesse azione di persuasione verso la propria magistratura – al fine di ribaltare la decisione di staccare la spina. Un’ingerenza internazionale inaccettabile o una docile mano tesa a raccogliere i frammenti, le schegge impazzite rimaste aggrappate al corpicino di Indi.

Al termine della battaglia legale di Londra, i tre giudici di Sua Maestà oltre a cassare il diniego di trasporto verso Roma hanno negato la richiesta in seconda dei genitori di riportare la piccola a casa.

Una vicenda orribile con una fine inevitabile, dove la mamma e il papà di Indi sono apparsi per lunghi mesi sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, una famiglia strumentalizzata da associazioni integraliste cristiane insieme a gruppi cattolici antiabortisti. E forse anche dal nostro Governo.

I problemi di Indi erano noti ai genitori che non hanno voluto interrompere la gravidanza

I genitori sapevano che la piccola aveva seri problemi prima della nascita; grazie a esami di routine svolti durante la gravidanza i medici inglesi avevano riscontrato nella piccola liquido nel cervello e problemi cardiaci. Per questo motivo i sanitari avevano prospettato alla famiglia l’opzione di fermarsi e abortire.

Una scelta rifiutata a priori, nella speranza solo di un miracolo. Dal momento della nascita, le condizioni della piccola si erano infatti aggravate sempre più. Vani pur se insistenti i tentativi dei medici di portare la piccola sulla via della guarigione.

Trasferita dal Queen’s Medical Center di Nottingham dove era nata, presso un “hospice” per malati terminati. La bimba si è spenta con il tenue supporto di semplici cure palliative. A proposito nel ranking mondiale sulla qualità delle cure palliative, il Regno Unito è terzo al mondo. L’Italia naviga piuttosto lontano, intorno al ventesimo posto.

Si chiude un caso. La vita va avanti. Lord Justice Jackson della giurisdizione di Londra ha affermato che l’appello per Indi era del tutto privo di merito, Lady Justice King e Lord Justice Moylan hanno affermato di essere d’accordo con lui.

La triste realtà che va bel oltre un’aula di tribunale – è che oggi, nel mondo, dal Medio Oriente passando da Roma fino a Londra, i bambini che meritano molto più di un appello sono sempre di più, e da veri innocenti nessuno li ascolta mai. Questa certezza non provoca dibattiti o conflitti, non si batte ciglio che sia un’amara orribile incontrastata verità.

*Immagine di copertina dal profilo Facebook del papà di Indi