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Incendi a Roma, le fiamme nella Capitale sono un bollettino di guerra. Identikit del piromane

Oltre ai piromani è determinante l’abbandono al quale è soggetto il territorio romano, sia nelle aree periferiche che in quelle centrali

Incendi a Roma

Incendi a Roma

Il numero di incendi quotidiani che affliggono la nostra Capitale raggiunge quelli di un vero e proprio bollettino di guerra. La città è completamente invasa dai fumi residui di incendi boschivi, nonché di sterpaglie, che a più riprese scoppiano nei vari quadranti di Roma. Come l’incendio nel centro autodemolizioni in zona Roma Centocelle.

La chimica del fuoco

Sappiamo dalla chimica del fuoco che per far sì che un incendio abbia ad originarsi, occorrono tre elementi fondamentali (triangolo del fuoco), un combustibile, un comburente e un innesco. Quando si parla di combustibile si fa riferimento a tutto ciò che in natura può incendiarsi. Ma per avere una fiamma ci deve essere un comburente specifico che è l’ossigeno dell’aria. Tuttavia queste due dimensioni sono solitamente presenti in tutti i contesti ambientali.

Quello che serve per dar vita ad un incendio è il cosiddetto innesco: la scintilla, il mozzicone di sigaretta, il pezzettino di diavolina o anche quella particolare, quanto rara condizione naturale definita come autocombustione. In un territorio particolarmente antropizzato, quasi saccheggiato e per nulla manutenuto e in una condizione stagionale di caldo estremo come quella che stiamo vivendo, la miscela diviene altamente esplosiva.

L’innesco per la fiamma

Ma a mancare vi è sempre quella incognita dell’innesco. Siamo abituati a ricercare, per una logica di pensiero, le cause derivanti dagli effetti e purtroppo anche in questo contesto, visto il numero altissimo di incendi, è inevitabile domandarci se siano tutti riconducibili ad eventi occasionali, di carattere naturale, o altrimenti volutamente innescati. Il dubbio in questo caso è lecito, così come lo è chiedersi se dietro a tutti questi incendi ci possano essere interessi di natura personale, politica o addirittura economica.

Non dobbiamo però dimenticarci di una condizione psichica molto frequente che si definisce piromania ossia “quell’insieme di condizioni che comportano problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti attraverso la violazione dei diritti altrui, come l’aggressione e la distruzione delle proprietà, che mettono l’individuo in contrasto significativo con norme sociali o figure che rappresentano l’autorità”. 

Piromania, identikit di una patologia tra le più gravi

La piromania – dal greco πῦρ (pyr, fuoco) e μανία (mania) ossia una vera e propria ossessione per il fuoco e le fiamme – è spesso associata ad alcuni dei disturbi di personalità più gravi. Come quello narcisistico (nel suo versante maligno), antisociale e psicopatico che però non inficiano l’esame di realtà, ossia la piena capacità di intendere di volere. Spesso il piromane con tratti narcisistici maligni si nutre anche del disprezzo degli altri pur di stare al centro dell’attenzione.

Attraverso il fuoco e la devastazione, il piromane nutre il suo senso di potenza e di dominio, che niente ha a che fare con la vendetta, bensì con una grandiosità del sé. Ed è proprio per questo che avvertono l’impulso irrefrenabile di provare nuovamente quella gratificazione, riducendo l’intervallo di tempo tra un incendio e l’altro.

Generalmente il piromane prova tensione o eccitazione emotiva prima di appiccare il fuoco, per poi scaricare tutta quella componente eccitatoria disfunzionale una volta perpetrato l’agito criminoso; per questa ragione, possiamo considerare il piromane come un offender seriale. Spesso conserva i cosiddetti trofei (accendini, sterpaglia etc) come gratificazione sostitutiva al fine di rivivere l’eccitazione e l’euforia di quel momento, contribuendo ad aumentare il senso di autoefficacia.

Tuttavia non tutti i piromani aderiscono a questo schema, poiché è possibile che decidano di tornare nel luogo in cui hanno appiccato l’incendio per alimentare le proprie fantasie. Piromani non si nasce ma lo si diventa e anche in modo graduale. L’essere umano non viene al mondo con una capacità empatica innata, ma è necessario che questa venga sviluppata riconoscendo gli altri come portatori di bisogni e di pensieri, sperimentando amore attraverso un rispecchiamento con le figure di attaccamento ed interiorizzando l’idea buona dell’altro.

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Il piromane e la sua apparente salute mentale

Il piromane, pur essendo gravemente disturbato, mostra una maschera di apparente salute mentale, grazie alla sua naturale freddezza e alla capacità di simulare le reazioni emotive degli altri, riuscendo così a nascondere la propria compromissione sociale ed emotiva, quindi difficilmente individuabile.

Dal punto di vista storico, la clinica ci racconta di una presenza standardizzata di questi individui ben distribuiti sul territorio. Di conseguenza dobbiamo obbligatoriamente interrogarci sulla condizione di estrema emergenza che vede soprattutto il territorio di Roma in questo momento colpito dall’emergenza incendi.

Perché tanti incendi proprio a Roma

Non potendo credere alla teoria di una concentrazione esclusivamente condensata nella Capitale, il nesso causa-effetto deve obbligatoriamente spostarsi anche fuori dai confini della prospettiva patologica. È qui che torna prepotente il terreno fertile offerto dalle altre due condizioni della chimica del fuoco. Diviene determinante l’abbandono al quale è soggetto il territorio romano, sia nelle aree periferiche che in quelle più centrali.

Altre concause per gli incendi a Roma

Lo sfalcio dei terreni, che una volta era attuato da chi lavorava la terra, viene improvvisamente a mancare in questa nuova dimensione post-industriale alla quale le politiche locali non riescono minimamente a fare fronte. Ad aggravare tutto lo scenario non c’è soltanto l’incendio della sterpaglia, così definito, quanto le montagne di rifiuti che si trovano all’interno delle stesse aree e che divengono responsabili della tossicità dei roghi. 

Roma è oggi più simile ad un avamposto bellico in uno scenario di guerra che ad una Capitale del mondo occidentale. Un paradosso tutto nostrano dove, agli sforzi per migliorare la qualità dell’aria, si risponde con una devastazione di luoghi e di intere aree senza precedenti. 

Con la collaborazione di Chiara Sartori, Dott.ssa in Psicologia Clinica e Forense