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Il vino “nuoce alla salute”, On. Salvatore De Meo: “Inaccettabile autogol per l’export italiano”

Il Presidente della Commissione Affari Costituzionali: “C’è differenza tra uso e abuso. Si vuole creare un alibi”

Un calice di vino rosso al tramonto

Un calice di vino rosso

A quanto pare l’Irlanda appare decisa a introdurre delle etichette per vino e bevande alcoliche, compreso il vino italiano. La specificazione indicherà i rischi sanitari del consumo e i legami con tumori e altre patologie.

Il vino come le sigarette?

Un po’ come siamo soliti leggere sui pacchetti di sigarette. Se dunque arriverà anche l’ok da parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, su ciascuna bottiglia di bevande alcoliche che circolano nel Paese Nordeuropeo, sarà obbligatorio specificare i rischi di malattie del fegato, tumori, aborti spontanei.

Una decisione corretta? Quanto una scelta del genere può rivelarsi dannosa per i prodotti italiani? Lo abbiamo chiesto all’On. Salvatore De Meo, Presidente della Commissione Affari Costituzionali al Parlamento Europeo.

“Una decisione inaccettabile”

“E’ una cosa inaccettabile” – ha detto De Meo -. “Il Parlamento Europeo ha espresso una risoluzione finalizzata al rafforzamento delle misure per la lotta contro il cancro. E all’interno di essa è stato specificato ed escluso categoricamente che si possa mettere sull’alcol un’etichetta simile a quella delle sigarette. Questo perché all’interno dell’alcol ci sono diverse tipologie di prodotto e soprattutto perché, continuiamo a insistere, bisogna implementare le azioni di sensibilizzazione. Bisogna far capire che c’è una netta e sostanziale differenza tra l’uso e l’abuso. Perché l’abuso di qualsiasi cosa fa male. Noi dobbiamo educare le persone a un consumo oggettivamente responsabile. Abbiamo esempi legati al fatto che il proibizionismo non fa ridurre l’utilizzo di alcol. Anzi. Non c’è pertanto alcuna motivazione scientifica perché questa loro fuga in avanti abbia senso”.

Un paradigma che non vale per tutti

E’ una politica che danneggia altri stati?

“Certo. Stiamo preparando un’interrogazione, perché vorremmo capire in quale modo la Commissione intende reagire a questo tipo di “provocazione”. Qualche anno fa l’Irlanda aveva già tentato di inserire questa etichetta e ci fu una riunione di consiglio. E 14 Stati membri, tra cui l’Italia, si dichiararono contrari. Ci fu poi questa forte presa di posizione del Parlamento molto chiara. Che non significa sottovalutare quelli che possono essere i rischi dell’alcolismo. Noi insistiamo che sull’etichetta ci siano delle informazioni di responsabilità. Così come molte case vitinvinicole stanno facendo”.

Lo dico con una battuta: ma una volta non veniva consigliato un bel bicchiere di vino a ogni pasto?

“Questi sono dei detti popolari che non sbagliano mai (ride ndr). Scherzi a parte, oggi la scienza o una parte di essa cerca di dare una lettura diversa, che non può essere considerata in valore assoluto. Perché un bicchiere di vino a me personalmente potrebbe far male. Ma a un’altra persona, un quantitativo maggiore, potrebbe non creare alcun problema. Non c’è un paradigma che vale per tutti. Per questo non c’è una dottrina scientifica univoca. C’è una parte della dottrina scientifica e accademica che utilizza una sorta di terrorismo psicologico, anche per sensibilizzare le persone a un uso diverso rispetto al passato che dev’essere moderato. Siamo molto preoccupati: si rischia di confondere le idee. Non dando un contributo all’ammirevole volontà di tutelare la nostra salute. Si pensa che un’etichetta possa aiutare, ma è un alibi. Perché se io esagerassi sarebbe per mancanza di cultura. E’ fumo negli occhi, per ideologizzare alcune battaglie”.

Che cosa deve temere il Made in Italy? Può essere danneggiato da tutto ciò?

“Non sono preoccupato che un’etichetta del genere possa incidere sul consumo di questi prodotti. Sappiamo che il nostro vino è apprezzato al di là dei nostri confini. E’ cultura, identità territoriale. Ci sono mille aspetti dietro un bicchiere di vino. La preoccupazione più grande è quella di dare un durissimo colpo all’export italiano in particolare, ma europeo in genere. Questo sarebbe un autogol“.