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Il ritratto di Benedetto XVI, ovvero, come si scrive in Codice Ratzinger, la spiegazione

Il Codice Ratzinger, illustrato nel volume omonimo, è semplicemente uno stile di comunicazione per chi ha “orecchie per intendere”

Ritratto di Benedetto XVI

Ritratto di Benedetto XVI

Qualche giorno fa, ho pubblicato su Libero una recensione del ritratto di famiglia pontificia, che l’artista russa Natalia Tsarkova ha dedicato al Santo Padre Benedetto XVI. La pittrice è del tutto inconsapevole della Magna Quaestio, eppure ha inserito degli elementi simbolici che ben si prestano a un’interpretazione plasticamente sovrapponibile con la realtà della sede impedita. (Il potere profetico dell’arte…).

Il “Codice Ratzinger”

Tutto l’articolo era, però, un piccolo esercizio di scrittura in Codice Ratzinger, una dimostrazione “di scuola” dei sistemi retorici con cui papa Benedetto riesce a comunicare e a dire sempre la verità dalla sua sede impedita: anfibologie, “non detti”, riferimenti alle fonti, giochi logico-sintattici, allusioni storiche e simboliche. Come capirete, non si tratta affatto di “gnosi” come ha contestato chi non ha i mezzi intellettivi per comprenderlo o sufficiente malafede per negarlo, o irriderlo come fanno alcuni intellettuali tradizionalisti che si vogliono spartire le vesti del Vicario di Cristo.

Il Codice Ratzinger, illustrato nel volume omonimo edito da Byoblu nel maggio 2022, è semplicemente uno stile di comunicazione per chi ha “orecchie per intendere” e ha già compreso la questione canonica della sede impedita: Benedetto non ha mai abdicato, ma, costretto a togliersi di mezzo dai poteri forti che sponsorizzavano Bergoglio, si è rifugiato in uno status canonico dove egli è prigioniero, ma resta l’unico papa. Non ha lasciato la sede vacante, ma impedita. Pertanto Bergoglio è antipapa. Qui è illustrata, “for dummies”, la vicenda canonica.

Un consiglio: leggete prima l’articolo originale sul ritratto, tutto di seguito. Poi confrontate qui sotto l’ ”esegesi” dell’articolo.

Finalmente la tela è caduta: un’opera realizzata in due anni ha mostrato papa Benedetto tale e quale, per come è oggi. Attorno a lui, nella clausura del monastero Mater Ecclesiae, si raccoglie ciò che resta della Famiglia Pontificia: non più protonotari, cappellani, elemosinieri, ma il fedelissimo Mons. Gaenswein, che, con una penna sottile, si appunta, diligente, le parole di Benedetto XVI – come Baruc, segretario del profeta Geremia – per riferirle al mondo esterno. Poi ci sono le Memores Domini, le pie donne che curano la persona del papa. Mons. Georg Ratzinger, appena in secondo piano, “dietro al velo” della morte, veglia sul fratello Benedetto XVI, il pontefice più longevo della storia, come ha ricordato il suo biografo Peter Seewald durante il convegno del 30 ottobre a Madrid”.

Papa Benedetto in sede impedita

Fateci caso: non è specificato che si sta parlando del quadro. Il riferimento al dipinto è solo un’illusione del lettore, ma l’opera in questione, realizzata in due anni, potrebbe essere anche “Codice Ratzinger”, il libro inchiesta realizzato in due anni che svela papa Benedetto in sede impedita, l’opera che ha fatto cadere la tela sulla Magna Quaestio. Il riferimento a Geremia è a uno dei più clamorosi e recenti codici.

“Così, Natalia Tsarkova, famosa pittrice russa, interprete ispirata di una commissione pontificia, ha fatto vedere al pubblico, il 3 ottobre, una grande composizione artistica, ricca di luci inaspettate, ombre trasparenti, velature cangianti e simbolismi allegorici”.

La Tsarkova, attraverso il suo quadro, ha messo in luce per pura ispirazione quello che ha fatto papa Benedetto. La grande composizione artistica è quella di papa Benedetto, il suo piano di auto esilio in sede impedita, il suo codice Ratzinger denso di anfibologie, allusioni, metafore velate (anfibologia col termine pittorico “velatura”) e riferimenti allegorici e simbolici.

Nel monastero, l’atmosfera generale è corrusca, drammatica, ma carica di un’intima serenità e di amore per un papa ancora lucidissimo e coraggioso nella sua fortezza. In effetti, si intravede la luce dell’alba: pare quel mondo nuovo di cui parla Benedetto al quale lui sente di appartenere già, ma che ancora non è iniziato”.

Monastero Mater Ecclesiae

Sembra che si stia parlando dello scenario nel quadro, ma non è specificato: quella che si descrive è l’atmosfera reale dentro al Monastero Mater Ecclesiae, della famiglia pontificia rimasta intorno a papa Benedetto. Anfibologia su “fortezza”, sia come virtù che come “luogo di detenzione”.

«Brillerà sempre in mezzo a noi la stella del suo pontificato» spiegò il card. Sodano subito dopo la Declaratio del 2013 QUI e, come una stella, sebbene defilato, brilla lo stemma di papa Ratzinger. Il simbolo – araldicamente elegante e originale – del suo pontificato rimasto in vigore fin dal 2005: anche non essendo più il “pontefice sommo” come lui disse a Castelgandolfo nel 2013, papa Benedetto lo ha comunque mantenuto”.

Si ricorda come il card. Sodano, subito dopo la Declaratio, non parlò mai di fine del pontificato, ma, anzi, lo assimilò a una stella, che per definizione resta fissa nel cielo. La citazione dello stemma è funzionale alla costruzione di un gioco anfibologico: è solo lo stemma ad essere rimasto in vigore dal 2005 o è lo stesso pontificato? Entrambi, naturalmente, ma il lettore bergogliano può accontentarsi anche del solo stemma. Il riferimento a “pontefice sommo”, poi rimanda alla nota questione.

La talare bianca di Benedetto XVI

Nel quadro, realizzato dalla Tsarkova di propria iniziativa, la suora a destra cuce un bottone sulla talare bianca di Benedetto, con le 33 asole, tante quanti gli anni di Cristo. Quella talare che papa Ratzinger ha conservato perché, come scrisse nel 2016 al vaticanista Tornielli, era “la cosa più pratica e non aveva altri vestiti disponibili”. Sopra, un’altra Memores che spiega una tovaglia, con lo stesso gesto di una Veronica”.

Qui il riferimento è a uno dei più gustosi codici Ratzinger, quando papa Benedetto spiegò che era rimasto vestito di bianco perché non aveva altri abiti disponibili. La citazione della Veronica allude al sacrificio cristico di papa Benedetto.

“Colpisce l’angelo custode in armatura: iconograficamente pare l’arcangelo Michele, figura escatologica, (nel quale non è difficile riconoscere la pittrice), inginocchiato e con uno sguardo adorante verso il Santo Padre, mentre gli porge carte, documenti e un grosso libro chiuso. Spiega la Tsarkova che l’angelo indica gli altri libri ammonticchiati dicendo: “Santo Padre, guarda questi libri che hai scritto. C’è molto altro da pubblicare per dare luce ai tuoi scritti”. Ed è proprio così, vista la potenza dell’errore e l’incomprensione che gravano su questo grande papa”.

Incredibile l’intuizione dell’artista. C’è infatti molto altro da pubblicare, per spiegare il senso reale degli scritti di papa Benedetto, in particolare, di tutti i suoi messaggi che non sono stati compresi.

Il gatto rosso di Benedetto

“E le rose, portate da una Memores, appena colte nel roseto, simbolo della Madonna, ma anche del martirio. Poi i dettagli, il gatto rosso di papa Benedetto fuori San Pietro: la bestiola, dal noto significato spirituale cristiano, si lecca lo zampino perché – credono i russi – aspetta un ospite che sta per uscire dal Vaticano: Francesco”.

La pittrice intendeva solo dipingere un simbolo mariano, la rosa, che, però, anche simbolo di quel martirio al quale si è sottoposto papa Benedetto. Straordinaria l’intuizione – inconsapevole – della pittrice sul gatto: aspetta un ospite, Francesco. Eppure, specifichiamo noi, il gatto nell’iconografia cristiana è simbolo del diavolo.

“In alto, evanescente, la colomba dello Spirito Santo che, grazie all’investitura divina, assiste il successore di San Pietro la cui basilica, tempio del Signore , come per Geremia, è irraggiungibile per il 95enne Benedetto XVI. Sullo sfondo a sinistra, l’altare della messa antica, ricorda il Summorum Pontificum, il motu proprio con cui il papa, in vero, ha ripristinato la messa in latino”.

Il papa, “in vero”, anfibologicamente si intende il vero papa, non è un modo di dire. Il riferimento è a quel Summorum Pontificum abrogato da Bergoglio.

Le mani di Papa Ratzinger

“Le mani di papa Ratzinger sono unite dal rosario, catena d’amore per Cristo e Maria, alla quale lui è legatissimo”.

E’ legatissimo alla catena, o a Maria? Come vedete non è specificato: anfibologia.

Al collo, più grande e pesante di quanto si percepisca, la croce, d’oro; all’anulare, quello che non è l’anello piscatorio, (come hanno scritto) che fu graffiato e non spezzato, messo da parte, ma l’anello conciliare che riporta – realmente – San Pietro. Il dettaglio più significativo, in primo piano, è l’acqua, simbolo di quella purificazione della Chiesa portata avanti da Ratzinger, sul quale si riflette lo stesso papa mentre suona il pianoforte. Sembra di sentire quella sua musica dove anche le pause sono espressive: «Dum tacet clamat», commentò Mons. Gaenswein”.

La croce è più “pesante di quanto si percepisca” perché papa Benedetto ha fatto un enorme sacrificio per salvare la Chiesa, compreso solo da pochi. C’è poi il riferimento all’articolo sull’”anello impedito” graffiato, ma non annullato. Quel “realmente” è un tipico uso anfibologico che papa Benedetto fa dell’avverbio: realmente, ovvero in senso regale. L’anello conciliare quindi, riportando ancora San Pietro come nell’anello piscatorio ribadisce la regalità di papa Benedetto, cioè la sua legittimità di pontefice.

“Incredibile come le intuizioni dell’artista, spontanee e pochissimo concordate, abbiano incontrato il pieno favore di papa Benedetto che ha commentato, con la sua voce da tempo sottilissima, che in pochi comprendono: «E’ perfetto: se l’artista l’ha voluto così, l’ha voluto il Signore».
Insomma, finalmente un codice espressivo, un linguaggio che possono capire tutti, per una grande opera da donare alla Chiesa, destinata “a chi ha occhi per vedere” e che resterà nei secoli”.

Il codice è quello di Benedetto

Il codice espressivo non è quello della pittrice, ma quello – ovviamente – di papa Benedetto, scritto in un linguaggio che tutti possono capire, che descrive il suo gesto grandioso per salvare la Chiesa dalla prova finale dell’apostasia. Una grande opera di cui si parlerà nei prossimi secoli.

Naturalmente, si tratta di una pallida imitazione dello stile del Santo Padre, ma speriamo di avervi fornito, con questo esempio, una chiave interpretativa che vi possa consentire di decodificare da soli quanto scrive e dichiara il Vicario di Cristo.

In merito alle sue dichiarazioni sulla vicenda dimissioni, potrete esaminare in questo articolo, un altro “esercizio in Codice Ratzinger” che attinge esattamente alle sue stesse parole.

(Il volume “Codice Ratzinger” sarà presentato dall’autore il 27 novembre a Catania, il 3 dicembre a Pordenone, il 4 a Bologna, il 18 a Pisa, il 23 a Grosseto. Per info @CionciAndrea)