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Il Ponte sullo Stretto è necessario. Tutte le domande: vero o falso?

Il ponte sullo Stretto di Messina divide il Paese tra fautori del sì e del no. Proviamo a capire se sia un’opera importante o una cattedrale nel deserto

Stretto di Messina

Stretto di Messina

Il ponte sullo Stretto di Messina divide il Paese tra fautori del sì e del no. Proviamo a mettere a confronto i pareri delle due parti,  per cercare di capire se questo ponte sia davvero un’opera importante, necessaria per portare sviluppo al sud d’Italia o una “cattedrale nel deserto”, sempre che si faccia.

Il Senato, alcuni giorni fa, ha approvato il testo di conversione del DL35/2023 per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, con 103 voti favorevoli, 49 contrari e 3 astenuti. L’approvazione segue quella già avvenuta da parte della Camera e definisce l’assetto della Società Stretto di Messina Spa. Si tratta del primo passaggio formale per la realizzazione della struttura che dovrebbe collegare la Sicilia alla Calabria e i cui lavori, in base a quanto detto dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, dovrebbero iniziare nel corso del 2024.

Il Ponte sullo Stretto è un progetto tra i più controversi nella storia dell’Italia contemporanea. Il contenuto principale del decreto è la ricostituzione della Società Stretto di Messina Spa. Si tratta di una società nata nel 1981 con lo scopo di costruire il ponte, e che dopo decenni era stata messa in liquidazione nel 2013. Il testo prevede che il progetto esecutivo sia approvato entro il 31 luglio 2024, e da quel momento saranno necessari circa sette anni di lavori: il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha stimato che il ponte sarà percorribile nel 2032.

Di seguito ho voluto esporre i pareri del Governo e di vari ambientalisti e tecnici che esprimono dubbi sulla fattibilità dell’opera. Troverete quindi pareri contrastanti, a confronto, non miei, ma di questi esperti.

Come sarà il Ponte secondo il progetto approvato dal Governo

Il ministro leghista ha assicurato che sarà un’opera green e che offrirà 100.000 posti di lavoro. Costerà circa 14 miliardi di euro. Sarà un ponte sospeso, con una sola campata centrale di 3.300 metri, che lo renderà il ponte del genere più lungo al mondo. Sarà sostenuto da torri alte 399 metri, mentre al centro lascerà liberi 65 metri rispetto al livello del mare, per consentire il passaggio anche alle navi più grandi. Avrà 6 corsie stradali dedicate ai veicoli, tre per ogni senso di marcia, compresa la corsia d’emergenza e due binari ferroviari.

A regime, permetterà il passaggio di 6.000 veicoli ogni ora e di 200 treni al giorno. Il ponte sarà progettato per resistere a venti fino a 270 km/h e a terremoti che arrivano a magnitudo 7,1 della scala Richter. Sono previste anche le opere di collegamento: 20,3 km di strade e 20,2 km di strutture ferroviarie che collegheranno il ponte alle infrastrutture viarie e ferroviarie già in essere.

La storia del Ponte sullo Stretto è stata, finora, una presa in giro

Una delle critiche più feroci alla idea di costruire questo ponte viene dal fatto che se ne parla da tempi immemori, addirittura dalla guerra dei Romani contro Cartagine e non se n’è mai fatto niente. Idee, progetti, proposte ma poi al momento di fare la prima pietra non s’è mai posta. Ne ha parlato anche Michele Serra i uno dei suoi editoriali sferzanti in apertura del programma Che tempo che fa su Raitre domenica 19 marzo. “È da secoli, ha detto Serra, che raccontano di questo ponte. Parlano sempre di una prima pietra e non la mettono mai.”

Ma ora con la Meloni si è tornati a dire che il ponte si farà. Con quali coperture non è dato sapere. “Resta il fatto, dice sempre Serra, che per andare da Ragusa a Palermo coi mezzi pubblici ci vogliono oggi 12 ore, come al tempo dei Cartaginesi

Il progetto del 2011 a una sola campata è risultato il migliore

Il progetto definitivo era stato approvato nel 2011 ed è frutto di oltre 40 anni di studi che hanno portato a scegliere un ponte sospeso a campata unica. Un ponte a più campate non sarebbe stato possibile in quanto i piloni avrebbero dovuto essere posizionati a circa 150 metri di profondità e in presenza di correnti marine molto forti e poco prevedibili. Anche un tunnel avrebbe presentato molte incognite tecniche si stabilità e tenuta, a causa dell’elevata sismicità della zona. Infine, un ponte a campata unica ha un impatto più limitato sul fondale marino, risultando così meno problematico per la flora e la fauna marine.  

L’azione del vento è la più cruciale in termini di sicurezza per una infrastruttura a campata unica. Per questo motivo il progetto è stato sottoposto a numerosi studi nelle gallerie del vento in Europa e Nord America. L’impalcato scelto resterà aperto al traffico stradale fino a quando le raffiche di vento non raggiungano la velocità di 158,2 km/h, mentre il traffico ferroviario possa proseguire fino a quando le raffiche non raggiungano la velocità di 194 km/h.

Il ponte non è tecnicamente fattibile

Antonio Risitano, ingegnere meccanico e docente universitario, in un video di un mese fa, apparso su Onda Tv, sostiene che il ponte che vogliono costruire non è tecnicamente fattibile. Si potrebbe fare ma con tre campate. I motivi sono geotecnici, ambientali, orografici. I venti che soffiano sullo Stretto sono un fattore determinante, sempre secondo Risitano. Non si ha idea della forza che sviluppano. Quel ponte non si può costruire secondo le solite regole dell’ingegneria civile, perché non si trova in una situazione statica. Le oscillazioni pazzesche che subirà sono tali per cui dovrà avere una struttura flessibile, che regga anche alle torsioni.

Incalza poi l’ingegner Risitano: “Vorrei proprio vedere chi sarà quell’ingegnere, non novantenne, che si prenderà la responsabilità dell’ultima firma. Ho visto il video delle simulazioni fatte al Politecnico di Milano, sulle oscillazioni del ponte, come viene nel progetto. Solo che fanno vedere la simulazione per un minuto. Se lo tengono sotto sforzo per 30’ o più quel ponte esplode.”

Il Ponte sullo Stretto è a prova di terremoto?

Il Ponte di Messina è stato progettato per resistere a terremoti di magnitudo 7,1 della scala Richter ed è stato progettato sulla base di dati scientifici. La campata unica sospesa, inoltre, è per sua natura resistente in quanto si comporta come un pendolo con un periodo di oscillazione lunghissimo.

Dal punto di vista geologico il ponte si può fare?

Secondo il geologo Andrea Moccia, in uno dei video che Geopop manda in rete su problematiche di carattere scientifico, l’analisi delle faglie e lo spostamento delle tre placche tettoniche in direzioni diverse ci consente comunque di dire che l’ingegneria moderna sarebbe in grado di realizzare un’opera in grado di resistere alle sollecitazioni sismiche.

“La Sicilia si allontana progressivamente dalla Calabria dello 0,5-0,8mm all’anno. Allontanandosi le faglie si attivano e attivandosi possono dare vita a un terremoto. Sismi e allontanamento agiscono congiuntamente. Le componenti che agiscono sulle placche sono due, una laterale e una estensionale. In 100 anni le due coste si potranno allontanare di di 10 cm. Per arrivare a un metro ci vogliono 1000 anni. Un progetto di un ponte è fatto su una base minore dei mille anni. Un metro di spostamento l’ingegneria riesce a gestirlo tranquillamente.

Ponte sullo Stretto: vero o falso?

Del resto in Giappone e in California sono costretti a fare i conti con zone sismiche anche più pericolose delle nostre eppure i ponti li fanno e resistono. Il ponte giapponese Akashi Kaikyo Bridge, lungo 1.991 metri è attualmente il più lungo a campata unica e verrebbe superato da quello italiano per circa oltre un km. Vedremo magari se anche il Golden Bridge di San Francisco saprà reggere al Big One previsto sulla baia prima o poi.

Il Ponte ridurrà i tempi di transito nello Stretto?

VERO

Lo Stretto di Messina costituisce un vero e proprio collo di bottiglia che separa fisicamente la regione più grande d’Italia e quasi il 10% degli italiani dal resto del paese. Lo stretto è attraversato ogni anno da quasi 100.000 corse di traghetti su cui transitano circa 11 milioni di passeggeri e 5 milioni di tonnellate di merci, 1,8 milioni di veicoli leggeri e 0,8 milioni di veicoli pesanti, oltre 60.000 carri ferroviari e quasi 6 milioni di tonnellate di merci, secondo i dati del 2019. (ingenio-web 12.4.2023) Quindi ben venga un ponte, secondo i fautori del si, dato che la Sicilia è una delle isole più popolate al mondo, e la presenza di un collegamento stabile per persone e merci, potrebbe ridurre notevolmente i tempi di percorrenza, del 50% per gli spostamenti ferroviari e del 70% per quelli stradali.

FALSO

Chi si oppone al progetto, sostiene che i vantaggi sulla mobilità si potrebbero ottenere anche migliorando la rete interna dei trasporti ferroviari in Calabria e in Sicilia. Secondo Agostino Santillo, vicepresidente del gruppo del Movimento 5 stelle alla Camera intervistato da Fanpage.it,l’unica certezza è che si riattiva un carrozzone mangiasoldi, la Stretto di Messina Spa, e si crea una nuova girandola di poltrone. Tutto il resto è avvolto nella nebbia”.

Secondo gli ambientalisti i flussi di traffico non ripagano l’opera. Il gruppo di lavoro del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili documentò che il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito e complessivamente coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono 4.500 persone, un numero assai esiguo a confronto con altre direttrici nazionali, che non servirebbe a dare introiti adeguati alla manutenzione del Ponte.

Il Ponte non apporterà miglioramenti socio-economici ai territori interessati

FALSO

L’infrastruttura ridurrà il divario tra il Meridione ed il resto d’Italia e d’Europa. La mancanza di un collegamento stabile penalizza la qualità dei trasporti, inoltre la realizzazione del ponte permetterà di riqualificare gran parte della rete ferroviaria e stradale.

VERO

La domanda che si pongono i siciliani è: perché concentrarsi sul ponte se poi l’alta velocità in Sicilia è una chimera, i treni sono più lenti e più vecchi, le linee sono soprattutto a binario unico e non elettrificate? Da decenni l’isola è bersaglio di bollettini istituzionali che annunciano il rilancio delle infrastrutture che però si realizzano tardi, o in versione parziale, o addirittura mai. In Sicilia sono 173 le località servite con 1.369 chilometri di linea ferrata. Solo 791 sono elettrificati, con un doppio binario per 223 chilometri e a binario unico per 568 chilometri.

Secondo l’architetto Marco Ponti, intervistato su La7 il 24.4.2023:  “C’è il rischio che il Ponte rimanga sottoutilizzato. Serve male tutte le città dello stretto, si rischia che la gente continui ad andare col traghetto perché ci mette di meno. Bisogna andare su di 50 km per arrivare sul ponte e giù di altri 50 km per arrivare dall’altra parte in città, in entrambe le direzioni. Usare il traghetto è più conveniente. La gente per esempio non usa il tunnel sotto la Manica perché col traghetto ci mette meno tempo”.

Serve solo per le merci che dal canale di Suez vanno al Nord Europa

Cateno De Luca, ex sindaco di Messina e leader di Sud chiama Nord, dice la sua relativamente alla funzionalità dell’opera. “Il ponte sullo stretto di Messina – ha detto De Luca all’agenzia Direnon è il problema della Sicilia. Piuttosto, il ponte va visto nel ruolo che si vuole assegnare a Sicilia e Calabria nell’ambito del traffico di merci che passano dal Canale di Suez e che vanno a finire nei porti degli Stati del nord Europa. Quella è la lobby che sicuramente ha fatto saltare il corridoio Berlino-Palermo dell’alta velocità. La scelta qui è semplice: se il governo italiano vuole dare un ruolo diverso al meridione e farlo diventare la piattaforma che intercetta le merci in transito per il nord Europa, allora il ponte di Messina è utile. Non serve, invece, se si vogliono solo abbreviare i tempi di percorrenza. Da questo punto di vista, non c’entra nulla“.

Il Ponte ostacolerà il transito delle grandi navi?

FALSO

L’obiettivo del ponte è di ridurre i disagi e garantire continuità territoriale. Nel progetto si manterrà un franco di 65 metri in presenza di massime condizioni di carico e di 70 metri in assenza di treni e mezzi pesanti.

VERO

Probabilmente l’ex Sindaco De Luca non sa che con questo ponte le grandi navi portacontainer neanche passerebbero. “Con un passaggio, in condizioni di massimo carico, di 65 metri, com’è nel progetto attuale, si bloccherebbe il transito delle più grandi portacontainer in rotta dall’Oceano Indiano al Nord, passando per Gioia Tauro, il più importante scalo italiano di transhipment. Inoltre, le grandi portacontainer in partenza da altri porti italiani (Genova, Napoli, Livorno e Salerno), dovendo circumnavigare la Sicilia, subirebbero un aggravio del costo e dei tempi di navigazione. Innalzare l’impalcato di 15 metri (per avere la certificazione del franco navigabile) comporterebbe una riprogettazione integrale dell’opera.”

E’ quanto viene affermato dal gruppo di esperti ambientalisti, tra i quali c’è anche Aurelio Angelini, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio all’Università di Palermo, che per Kyoto Club, Lipu e Wwf ha redatto il dossier “Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte“. In buona sostanza l’approvazione del decreto legge voluto dal governo che rilancia il progetto del 2011 del ponte sullo Stretto di Messina “non supera le criticità di fondo sollevate dagli ambientalisti sulla insostenibilità dal punto di vista ambientale, economico-finanziario e sociale dell’opera“. 

La diminuzione del traffico marittimo ridurrà l’inquinamento?

VERO

L’infrastruttura avrà un ruolo chiave nella riduzione dell’inquinamento prodotto dai traghetti, talmente frequenti da rendere l’area d’interesse tra le più inquinate del Mediterraneo.

Tra i punti a favore del ponte citati da Salvini c’è l’impatto sulle emissioni inquinanti: “Si risparmieranno almeno 140 mila tonnellate di Co2 nell’aria e si ripulirà il canale di Sicilia“, ha detto, definendo il Ponte sullo Stretto di Messina “la più grande opera green al mondo“. Gli aspetti menzionati dai sostenitori del ponte sono in effetti anche quelli legati alla riduzione del traffico: si ridurrebbe anche il numero di navi che attraversano lo Stretto, soprattutto i traghetti che attraversano il tratto di mare trasportando auto e treni.

FALSO

Il Governo ritiene che la strada sia spianata ma il General Contractor Eurolink  (capeggiato da Webuild) che ha progettato il ponte, non ha mai prodotto gli approfondimenti tecnici ed economico-finanziari sul progetto definitivo redatto nel 2010 dell’opera, richiesti a suo tempo dal Governo Monti nel 2013, né il progetto ha mai superato la fase conclusiva di valutazione di impatto ambientale.

Comunque se il ponte portasse a una riduzione dell’attività di passaggio dei traghetti questo farebbe paradossalmente solo bene alla fauna marina, ma visto che sul Pnrr sono previsti 500 milioni per potenziare questo servizio, c’è da dubitare che si ridurranno i traghetti.

Costa più non farlo che farlo?

VERO

La mancata realizzazione del ponte ha già comportato il pagamento di penali ed indennizzi dovuti in esito ai contenziosi in essere fra lo Stato e gli aggiudicatari dei contratti di appalto caducati. L’esborso di risorse pubbliche a fronte di un’opera mai realizzatasi sarebbe dunque contrario ai principi di efficienza ed economicità dell’agire pubblico.

Secondo Ministero e analisti, i costi totali dell’opera si aggireranno sui 14 miliardi di euro. L’ultima stima ufficiale parla a dire il vero di 13,5 miliardi di euro, incluse le opere a terra, come indicato dal Governo nell’allegato al Def. Il Documento di economia e finanza ha però sottolineato anche come, al momento, le coperture e le risorse pubbliche per il progetto siano insufficienti. Nel 2011 il costo totale era invece stato individuato attorno agli 8,5 miliardi.

FALSO

Le penali sono da addossarsi, come responsabilità politica, a chi ha voluto progettare un’opera senza prima accertarsi delle coperture finanziarie, senza predisporre un piano di manutenzione, senza pensare ai danni all’ambiente naturale e alle conseguenze dell’impatto dell’opera stessa sul tessuto socio economico. Proseguire nell’intento di realizzare un’opera che può diventare dannosa, non è un buon criterio per risparmiare le penali.

In passato, il costo complessivo per realizzare l’opera era stato stimato in 6,6 miliardi di euro. Oggi, tenendo conto dell’inflazione e dell’aumento dei costi, secondo il Governo, sono diventati 13,5 miliardi di euro. In realtà, considerando tutte le spese, i costi reali saranno superiori e potrebbero andare oltre i 15 miliardi di euro. Una quantità simile di denaro, peraltro nello stesso periodo in cui viene riformato il codice degli appalti e vengono ‘accelerate e sburocratizzate’ le procedure, potrebbe portare anche al rischio di infiltrazioni criminali negli appalti, forniture, consulenze e altri ambiti della progettazione e realizzazione.

La realizzazione del Ponte porterà più occupazione ?

VERO

L’impatto economico potenzialmente positivo riguarderebbe anche l’occupazione: non ci sono stime precise, ma Salvini ha parlato di “decine di migliaia di persone” e recentemente anche di 100.000 posti di lavoro, per la realizzazione del ponte. Oltre alle imprese di costruzione, ci sarebbero tutte le aziende dell’indotto collegato.

FALSO

Anche i dati sull’occupazione indicati dal Governo, a detta del rapporto di Kyoto Club, Lipu e Wwf, sono sovradimensionati. Sulla base di informazioni fornite da Webuild il monte ore dei mesi lavorativi per la costruzione del ponte (ottenuto sommando il monte ore mensile parziale di ciascuna categoria di lavoratori: operai generici, saldatori, minatori, operai di macchina, ecc.) sarebbe di 85.131 ore, che, considerato l’impiego orario mensile di ciascun addetto a 40 ore a settimana, porta ad un’occupazione media mensile di non più di 507 addetti.    

Il Ponte deturpa la bellezza del paesaggio che lo ospita.

FALSO

La soluzione della campata unica è stata scelta per limitare l’impatto che la costruzione avrà su flora, fauna e fondali. Da questo punto di vista rappresenta un’infrastruttura sostenibile.

 VERO

Nel progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina, osservano gli ambientalisti,  manca dal punto di vista paesaggistico una visione olistica che consideri la armatura eco-paesaggistica dell’intera area e non c’è alcun rispetto dei vincoli e prescrizioni esistenti dettati dalla pianificazione territoriale locale (Guida del piano territoriale paesaggistico regionale della Sicilia, Piano d’Ambito 9 del Messinese, Quadro territoriale regionale paesaggistico della Calabria) che, d’altra parte, non contempla la realizzazione del ponte. I quasi 1,5 milioni di metri quadri di paratia verticale costituiti dal sistema Piloni-Trave-Asse di attraversamento rompono l’unitarietà e la continuità scenografica del contesto dello Stretto con un impatto estetico-percettivo e ambientale dai profondi risvolti sociali, collettivi e individuali.

Nel dossier degli ambientalisti viene sottolineato che “la creazione di una barriera trasversale, qual è il ponte, alla migrazione e la distruzione di aree di sosta e alimentazione contrasterebbe nettamente con la responsabilità di conservazione degli uccelli migratori“. Lo Stretto di Messina è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie diverse di uccelli (ad oggi censite oltre 300), con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di individui di rapaci (38 specie diverse) e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie, sia durante il giorno che la notte.

Viene prima la difesa dell’ambiente o la crescita economica?

Questa è la domanda che mio sento di farmi e di farvi a fine dell’articolo. Torna la disputa tra chi sostiene la necessità di opere che consentano una crescita economica del Paese e chi non vuole che questo vada sempre a discapito delle esigenze ambientali, che si traduca in un danno che necessariamente si ripercuoterà sul nostro futuro, attraverso i disastri cui stiamo già assistendo: scioglimento dei ghiacci, diminuzione delle biodiversità, innalzamento del livello del mare, cambiamento climatico, fenomeni di siccità alternati a inondazioni, danni alle colture e agli allevamenti, frane per via di un territorio non gestito, non curato, non mantenuto, che non riesce a salvaguardare le attività umane vitali.