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Il Direttore del Corsera: “L’Italia ne uscirà, ma basta ricette facili”

Luciano Fontana, autore del libro “Un paese senza leader”, esprime la sua opinione sull’attuale situazione politica italiana

Luciano Fontana, direttore del “Corriere della Sera” è stato intervistato questa mattina a Radio Radio, durante la trasmissione “Un Giorno Speciale”, condotta da Francesco Vergovich. Luciano Fontana è autore di “Un paese senza leader”, edito da Longanesi. Un libro che è stato defiito “profetico”. A seguire l’intervista di Francesco Vergovich, con la partecipazione di Marco Guidi.

Profetico o meno, cosa sostiene il suo libro?

Il mio libro sosteneva e sostiene tuttora che avremmo messo in piedi un sistema istituzionale e una legge elettorale che condannava alla paralisi e che ci saremmo presentati  alla fine della cosidetta “Seconda Repubblica” con un sistema o frantumato o caduto o in ascesa senza però una prospettiva concreta. Senza una visione del progetto da offrire al Paese. La frantumazione, le difficoltà, l’incapacità mi sembra che dopo le elezioni si siano addirittura aggravate.

Interviene Marco Guidi con una domanda: nel libro lei fa un’analisi un po’ devastante. Si parla infatti dei leader che lei ha conosciuto da vicino: Berlusconi, Renzi, Salvini, Grillo, Di Maio, D’Alema, Veltroni, Prodi. E si pone  questo problema: è possibile ricostruire una classe dirigente? La risposta che abbiamo attualmente non riguarda tanto se sia possibile o impossibile, ma che tutto questo è difficilissimo. E gli ultimi risultati mi fanno pensare che sia una difficoltà al limite dell’impossibilità. Lei ha ancora un po’ di ottimismo o rispetto a quando ha scritto il libro, è molto più pessimista?

Diciamo che la situazione che lei ha descritto purtroppo è reale e purtroppo non spinge all’ottimismo. Io penso però che il Paese abbia sempre avuto la forza di uscire dalle situazioni difficoltà. Siamo molto più bravi nelle emergenze che nella quotidianità. Certamente la classe politica ha bisogno di un cambio di prospettiva molto radicale in questo momento. Il cambio di prospettiva deve essere quello della responsabilità di capire che la politica dell’immediatezza, della adesione ai follower, delle parole forti e delle ricette facili è una politica che non porta da nessuna parte. Ci vuole ricostruzione, una specie di traversata nel deserto e soprattutto c’è bisogno di creare le condizioni perché la prossima legislatura (anche se francamente non penso che durerà tanto. È nata in condizioni così complicate da rendere impossibile una durata di cinque anni) venga giocata in una maniera diversa. Perlomeno quando gli elettori andranno alle urne sapranno di poter scegliere il partito che preferiscono ma anche saper indicare una prospettiva di governo concreta. E poi la misureremo con il voto successivo. Se si facessero almeno quelle due/tre cose che permettono al futuro di partire in una maniera più certa, sarebbe già un grandissimo passo avanti.

Ma gli stessi politici ritengono di fare di  più di due o tre cosette. Luigi Di Maio ha parlato di “fare la storia”.

Quello che stiamo vedendo è che per il momento non si ha nemmeno una figura che riesca a riassumere questa storia, quindi un Presidente del Consiglio che dia questa prospettiva. Ci sono tante misure messe in campo, alcune anche rivoluzionarie. Pensate alla flat tax o al reddito di cittaddinanza. E quando dico rivoluzionarie evito di dire se siano positive o negative. In tutto questo non hanno ancora spiegato al Paese come si troveranno i 100 miliardi che servono per mettere in campo queste misure. Questa ricchezza il Paese non la ha. E di solito si spendono e si distribuiscono i soldi che si hanno. Questo vale per un paese e vale per le famiglie. Insomma, ci sono tante incognite. Prima di scrivere la storia, vanno sciolti alcuni nodi e vanno date alcune risposte. Di storico questo momento c’è in atto una delle crisi più lunghe della storia repubblicana e una delle situazioni più incerte. Vedremo con serenità e senza pregiudizio. Finora ciò che abbiamo osservato  non è molto incoraggiante. Concediamoci però la speranza che una di queste condizioni cambi.

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