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Il collezionista di ossa, il mistero dei resti trovati alla Magliana

A Roma, nel quartiere Magliana, viene trovato uno scheletro perfettamente composto. corrispondeva ai resti di 5 persone diverse, chi sono?

Scheletro umano

Nel 2007 alla Magliana, venne trovato uno scheletro perfettamente composto che però corrispondeva ai resti di 5 persone diverse, oltre i documenti di un pensionato che lavorava in Vaticano, scomparso dal 2003.

Libero Ricci, l’uomo scomparso e le prime ipotesi

Il pensionato si chiamava Libero Ricci, classe 1926, 77 anni, artigiano e decoratore. Suoi erano il documento e le chiavi ma non le ossa dello scheletro. Ricci abitava sulla Portuense con la moglie quando sparì del tutto e si persero le sue tracce.  Era il 31 ottobre 2003 e disse che sarebbe andato a fare una passeggiata. Soffriva di demenza senile, una malattia degenerativa che fa perdere progressivamente la memoria.

Recentemente se n’è parlato a proposito dell’attore americano Bruce Willis.  È anche una malattia in aumento. Si stima che siano 55 milioni le persone che ne soffrono nel mondo. Un milione isolo in Italia, Alzheimer compreso. Secondo la Organizzazione Mondiale della Sanità, la demenza con l’Alzheimer rappresentano la settima causa di morte nel mondo.

Ricci temeva di far pesare la condizione della sua malattia sulla famiglia e aveva già tentato di allontanarsi per questo motivo. Ma una persona che soffre di quella malattia non lo si lascia andare in giro da solo. La sua sparizione destò molta apprensione. Si pensò che un’improvvisa perdita di memoria lo avesse colto e che gli fosse successo qualcosa di grave.

La Magliana ben conosciuta nella cronaca nera romana

Anche questo caso, come tanti altri che hanno segnato la recente storia dei “casi non risolti” di Roma, è accaduto alla Magliana, vero luogo “thriller” della cronaca nera. Oltre alle vicende della famosa banda criminale, qui ci fu la storia di Pietro de Negri, detto er Canaro, toeletattore di cani che imprigionò e si accanì sul corpo del pugile Giancarlo Ricci nel 1988 ed anche l’omicidio rimasto irrisolto di Duilio Sappia Civitelli, assassinato al binario 10 della stazione della Magliana, il 12 febbraio 1995.

Il pomeriggio del 27 luglio 2007, un intervento dei Vigili del Fuoco in via Pescaglia, fu necessario per sedare un incendio. Sul luogo vennero trovati, dentro un marsupio, dei documenti e delle chiavi di un uomo scomparso anni prima e anche uno scheletro bruciato, anche se alcune ossa mancavano e il teschio era molto spostato rispetto al resto del tronco.

Si pensò che documenti e scheletro fossero della stessa persona, appunto Libero Ricci ma non era così. Il ritrovamento lasciò interdetti i vigili, la cosa era ancora più complicata e incomprensibile. Erano ossa di 5 scheletri diversi, di altrettante persone decedute. Diverse dal pensionato. Una macabra composizione senza una spiegazione razionale, che sollevava molte domande, rimaste per adesso senza risposta.

Non un killer seriale ma di un collezionista di ossa

La dottoressa Chantal Milani, antropologa e odontologa forense, ha lavorato sui resti e ricostruito, partendo dalle ossa, soprattutto di quelle del cranio ritrovato, il volto di una di queste persone. Una donna, nella fattispecie.

Il progetto cui ha preso parte l’esperta era stato promosso dal Commissario Straordinario per le Persone Scomparse in capo al Ministero dell’Interno al fine di identificare i corpi senza nome. Erano state coinvolte alcune istituzioni romane, come l’Istituto di Medicina legale dell’Università la Sapienza diretta dal professor Vittorio Fineschi. La Milani è stata coinvolta dal medico legale, il professor Luigi Cipolloni, che si era occupato del caso già ai tempi del ritrovamento.

Secondo la Milani, è difficile immaginare che questo caso sia frutto di un serial killer. “Quella del serial killer è l’ipotesi che ritengo meno probabile – chiarisce a Il Giornale.it– È una ricostruzione di uno scheletro singolare, ma non ci sono altri casi simili correlati o episodi di scomparse correlabili. Un eventuale approfondimento in quella direzione necessiterebbe di un lavoro più sistematico, ma pour parler mi sembra fuori dall’insieme di elementi che caratterizzano l’operato di un serial killer”.

Dal cranio si è riusciti a ricostruire il volto di una donna

Prima della ricostruzione del volto – continua Milani, che ha lavorato sul teschio di una donna, denominata F1 che componeva lo scheletro – mi sono occupata di riprendere lo studio di quelle ossa. Passaggio preliminare inevitabile. La ricostruzione infatti è l’ultimo anello di una catena di analisi antropologiche. Il primo step è sempre la stesura del profilo antropologico che emerge attraverso l’analisi dei resti umani. Perché le ossa, anche solo attraverso analisi conservative, quindi non distruttive come può invece essere il Dna, spesso ci danno molte informazioni: ci dicono se si tratta di un uomo o una donna, l’età, la statura o la costituzione, e così via. A volte anche le condizioni di vita in cui ha vissuto”.

Il volto ricostruito serve ad agevolare la identificazione del cadavere

La Procura di Roma aprì un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere, l’inchiesta fu affidata al pm Marcello Monteleone. La Squadra Mobile della Polizia aveva repertato ogni oggetto ritrovato. Qualcosa da subito però non quadrava: i famigliari di Ricci non riconobbero come suoi alcuni vestiti e le scarpe ritrovati vicino allo scheletro. Così viene effettuato un esame del Dna, che nel 2010 dà esito negativo: nessuna delle ossa trovate appartenevano a Ricci, ma a 5 differenti persone, 3 donne e 2 uomini.

Le analisi successive furono affidate all’Istituto di Medicina Legale di Roma insieme al laboratorio “Circe” del dipartimento di scienze ambientali di Caserta, dell’Università di Napoli, che risalirono alla data indicativa della morte e all’età delle 5 persone i cui resti erano stati “accomodati” per formare uno scheletro, come si trattasse di un solo individuo.

Al computer viene eseguita la ricostruzione del volto basandosi sul cranio. I tessuti molli si appoggiano sulle ossa sottostanti la faccia, in qualche misura la vestono. Ogni cranio presenta elementi caratterizzanti della persona. Per cui non è difficile arrivare al volto finale con mote probabilità di successo.

Il volto che emerge”, sostiene l’antropologa, “non vuole essere inteso come la fotografia esatta dell’individuo, ma un volto che è compatibile con quel cranio e può essere suggestivo, mirando a richiamare l’attenzione di un osservatore che può riconoscerne anche solo alcuni aspetti”.

Le cinque le persone a cui appartenevano le ossa

All’epoca del ritrovamento si ricorse all’analisi del radiocarbonio “Bomb Spike”. Venne stabilito che: “Il teschio e la spina dorsale sono di una donna tra i 45 e i 55 anni (F1). È deceduta tra il novembre 2002 e il novembre 2006.

Altre ossa (F2) appartengono a un’altra donna, più giovane, tra i 20 e i 35 anni, morta tra il novembre del 1992 e il febbraio del 1998.

I resti della terza donna (F3), anche lei giovane, tra i 35 e i 45 anni, ne datano il decesso tra l’aprile del 1995 e il dicembre del 2000.

Il primo maschio (M1) aveva tra i 40 e i 50 anni quando è morto tra il febbraio 2002 e l’ottobre 2006.

Il secondo (M2) aveva tra i 25 e i 40 anni, ed è morto tra il febbraio 1986 e l’ottobre 1989”.

Sulle ossa inoltre non sono presenti tracce di zinco o altri materiali con cui di solito vengono fabbricate le bare. I resti quindi forse non provengono da sepolture. Inoltre risalgono a epoche molto lontane tra loro, il che significa che il possibile collezionista potrebbe aver operato per molti anni e forse in diverse regioni d’Italia. Ma come e dove uno si procura delle ossa completamente scarnificate, eppure di morti recenti (alcune sono addirittura risalenti a decessi del 2002-2006)?

Chi erano, come e perché sono state unite le ossa

Partono le ricerche tra le persone scomparse tra il ’92 e il 2006 a Roma, ma non vengono riscontrate corrispondenze.  A seguito dell’esito dei risultato del DNA la Procura della Repubblica di Roma avvia una nuova indagine per omicidio volontario plurimo e occultamento di cadaveri. Chi erano queste persone? Come mai le loro ossa, o parte di esse, si ritrovano insieme in questo posto? Che c’entra Libero Ricci con tutto questo, visto che non possedeva conoscenze tecniche al riguardo? I suoi documenti potrebbero essere finiti lì quasi per caso, a seguito di uno scippo per esempio. Quello che lascia interdetti è il dettaglio che segue.

La donna individuata come F1 presentava parte del Dna mitocondriale – che unisce gli individui per linea materna – in comune con Libero Ricci: in altre parole poteva essere una sua parente indiretta, forse un’antenata in linea femminile.

Il giallo è davvero fitto, soprattutto se si considera Ricci potrebbe essere accostato ai cinque cadaveri più per caso che per prove certe.

In molti chiamarono la trasmissione Chi l’ha visto?  

L’inchiesta non approdò a niente e venne archiviata a marzo 2011 dal gip Nicola Di Grazia su richiesta del pm Monteleone. Forse la ricostruzione del volto compiuta dalla Milani è l’unico elemento che potrebbe permettere il riconoscimento da parte di un parente:

Magari! Anche se sono un po’ perplessa” –ha detto la ricercatrice– “riguardo ad alcuni aspetti del caso in generale. Quello del collezionista di ossa è un caso sicuramente eclatante nel quale è molto singolare l’attenzione nella disposizione delle ossa. È tuttavia un caso in cui credo non possano essere ancora escluse le ipotesi più semplici, ripartendo da una nuova interpretazione di alcuni dati”.

Due furono le ipotesi principali percorse dagli inquirenti. La prima: quei resti sarebbero relativi agli omicidi commessi da un serial killer. Tuttavia mancavano delle azioni rituali e ripetute e tra un presunto omicidio e l’altro sarebbe intercorso troppo tempo. La seconda: chi aveva composto lo scheletro in quel modo sarebbe stato un trafugatore di cimiteri. Venne effettuato, per sicurezza, anche il confronto con il Dna di Emanuela Orlandi, ma il test diede esito negativo. Improbabile anche l’ipotesi che quello fosse una sorta di “cimitero” della Banda della Magliana.

Il film Il Collezionista di Ossa, analogie e differenze

Un’ultima considerazione. Nel film “Il collezionista di ossa”, del regista Philip Noyce, una poliziotta, interpretata da Angelina Jolie, si trova a collaborare con un criminologo forense, interpretato da Denzel Washington, paralizzato a letto, per risolvere raccapriccianti omicidi attribuiti ad un serial killer.  I due, grazie agli indizi lasciati sui luoghi degli omicidi dall’assassinio seriale, riusciranno a mettere insieme i frammenti per arrivare a scoprire che il killer sta reiterando dei delitti riportati all’interno di un romanzo poliziesco di inizio secolo: il Collezionista di Ossa. Quindi niente a che vedere con la storia della Magliana.