Prima pagina » Opinioni » Il clima cambia, chi è responsabile? Mario Tozzi non vuole discutere: è l’uomo

Il clima cambia, chi è responsabile? Mario Tozzi non vuole discutere: è l’uomo

Il primo responsabile del cambiamento climatico è l’uomo. Lo sostengono gli scienziati di 195 Paesi. Ma altri scienziati, scettici, mettono in dubbio le loro tesi

Mario Tozzi

Mario Tozzi

Lo sostengono gli scienziati di 195 paesi riuniti nell’organismo delle Nazioni unite per studiare gli effetti del clima. Ma c’è un gruppo di altri scienziati scettici, che mette in dubbio le loro tesi. La politica mondiale alimenta i secondi perché investire per bloccare le emissioni di CO2 è un problema che non vorrebbe affrontare.

L’ultimo rapporto dell’IPCC ci dice che “il clima è una bomba a orologeria sempre più prossima a esplodere”, ma al tempo stesso “è una guida per disinnescarla”, ha commentato il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. “È una guida di sopravvivenza per l’umanità.” L’IPCC, ovvero Intergovernmental Panel on Climate Change è un organo composto da 195 paesi membri, dove migliaia di scienziati esaminano tutti gli di articoli scientifici inerenti al cambiamento climatico, fino ad oggi sono oltre 14.000 gli articoli scientifici analizzati. Questo megastudio ha dato vita al 6° rapporto di valutazione , AR6.

La superclimatologa costretta a difendersi da critiche infondate

È chiaro da decenni, ha affermato Valérie Masson Delmotte, copresidente dell’IPCC e paleoclimatologa francese, che il clima della Terra sta cambiando, e il ruolo dell’influenza umana  sul sistema climatico è indiscusso”.

Dal 1993 Valérie Masson Delmotte è ricercatrice presso il Laboratorio di scienze del Clima e dell’Ambiente della Commissione per l’Energia Atomica (CEA).  Dal 2008 è direttore di ricerca presso il CEA. La sua ricerca si concentra sull’evoluzione dei climi passati e sull’impatto del clima futuro. In particolare, ha partecipato alla ricostruzione della concentrazione di gas serra nell’atmosfera negli ultimi 800.000 anni. Ha anche lavorato sull’impatto del  riscaldamento globale sull’Antartide nel 2070. Ha contribuito a più di duecento pubblicazioni scientifiche. E si può dire che sia sempre stata in prima linea nella lotta contro lo scetticismo climatico.  

L’istituto delle Nazioni Unite riunisce scienziati di 195 Paesi

L’IPCC di solito è cauto nelle sua affermazioni. Ma se il tono s’è fatto preoccupato una ragione c’è: la situazione è grave. A molti governanti non piace sentirselo dire anche perché intervenire significherebbe cambiare molti dei piani di sviluppo economici e sociali. Tuttavia le condizioni climatiche che l’uomo sta inequivocabilmente modificando sono senza precedenti negli ultimi anni, secondo questi scienziati.

Se non si interviene in tempo per invertire la rotta, accadranno disastri che potrebbero creare seri problemi all’esistenza stessa della specie umana. Certo, al sistema Terra importa poco di noi, potrebbe risollevarsi dopo la nostra possibile estinzione, ma comunque impiegherebbe altrettanti anni per ripristinare l’equilibrio degli ambienti in cui siamo vissuti. Il problema non è per il Pianeta, adattarsi a 1,5 gradi in più in media, sarà difficile per l’umanità.

La temperatura media è +1,09°C, potrebbe arrivare a +1,5°C nel 2030

Con questo aumento molte conseguenze climatiche diventeranno irreversibili. L’ultimo report dice che se non dovessero essere attuate immediatamente soluzioni per ridurre l’emissione di gas serra, sarebbe impossibile evitare il raggiungimento del fatidico 1,5°C in più entro i prossimi 20 anni, anzi il rischio è di superare addirittura i 2°C di aumento. Attualmente la temperatura si è alzata di 1,09 ° C, con valori più alti sulla terraferma e meno alti sugli oceani. C’è una probabilità superiore al 50% che il grado e mezzo venga superato negli anni immediatamente dopo al 2030 e se non si tagliano le emissioni si raggiungeranno i 2° entro la fine del secolo (2100). Come sono arrivati a queste conclusioni?

Gli studi scientifici e i modelli sui quali si basa la scienza ufficiale

Secondo alcuni i dati di questo rapporto sono allarmistici ed esagerati. I dati si basano sull’utilizzo di modelli climatici di ultima generazione. Sono programmi estremamente complessi che permettono di prevedere la variazione di alcuni parametri, tipo la temperatura superficiale o le precipitazioni, in relazione a come cambiano altri parametri, per esempio la temperatura media globale.  Le simulazioni utilizzate si chiamano CMIP6, ovvero Coupled Model Intercomparison Project Phase 6 e sono frutto di un lavoro coordinato di istituti di ricerca, laboratori, università che condividono i propri studi così da poter avere un unico grande data base.

L’impiego di molti più dati per le analisi del clima nel passato e nel presente ci consente di avere dei modelli più affidabili. Abbiamo dati globali, separabili in microzone, regioni, città. Continenti ed oceani sono stati separati in diversi blocchi e possiamo avere una fotografia del presente e delle prospettive future per ogni blocco.

Che dicono coloro che negano il ruolo dell’uomo nel riscaldamento globale

L’associazione negazionista più forte è la Global Warming Policy Foundation, creata dall’ex ministro delle Finanze di Margaret Thatcher nel 2009 Nigel Lawson. Questa fondazione pensa che il riscaldamento globale sia un fenomeno ciclico e naturale e che quindi l’essere umano non possa e non debba intervenire.

Eppure la quasi totalità degli scienziati, che operano nell’ambito IPCC, afferma che i cambiamenti climatici siano causati dalle attività antropiche, quali l’utilizzo indiscriminato di combustibili fossili. Se non si riduce la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, la temperatura potrebbe salire ancora entro il 2100 con danni irreversibili per la nostra sopravvivenza.

Non si tratta di confrontare opinioni. La scienza procede con le prove documentate.

Vorrei fare una riflessione non sugli scienziati scettici, che meritano comunque tutto il nostro rispetto di persone comuni, ma su chi scrive, utilizzando le loro ipotesi, come un’ascia contro l’altra parte, la scienza ufficiale.

Chi scrive sui media e parla in tv da giornalista, dovrebbe cercare le prove e a rendere chiaro il pensiero delle due parti. Trovo legittimo sposare una delle due tesi ma ritengo che dovremmo astenerci dall’ usare terminologie che sminuiscono la tesi cui ci si oppone, come eco catastrofisti e climato-realisti. Terminologie affatto scientifiche, che contengono in sé un giudizio inopportuno, primo perché proviene da fonte non deputata a farlo, secondo perché non aiuta a capire ma induce a un pregiudizio.

Dico subito, per onestà verso chi legge, che trovo molto più convincenti le tesi della scienza ufficiale, rispetto al gruppo degli scettici. Mi convincono le quantità di dati e le cospicue prove documentate che portano a sostegno del loro pensiero gli scienziati dell’IPCC. Dico anche che in questo campo non possono esistere opinioni, non vince la maggioranza, non è un dibattito politico. In questo campo vincono le prove scientificamente valide.

Il prof. Lindzen, lo scettico che sostiene che anche senza ghiacci gli orsi possono vivere nuotando!

Sono curioso di ascoltare le tesi degli scettici, proprio perché non sono uno scienziato, tanto meno un meteorologo e neanche un climatologo. Ascolto e riporto ciò che mi pare convincente per spiegare, per far capire, non per dileggiare, ma certe volte le persone si fanno male da sé. Ho ascoltato il prof. Richard Lindzen, un fisico e docente di meteorologia negli Stati Uniti, che esponeva le sue perplessità sulle responsabilità dell’uomo in merito al surriscaldamento globale.

L’ho sentito candidamente commentare che se gli orsi non avranno più dove camminare possono comunque nuotare, lo fanno bene anche per chilometri. Sì professore possono nuotare ma non per non toccare mai terra! Restano loro solo piccole piattaforme di ghiaccio galleggianti. C’è da chiedersi con quali risultati potranno cacciare in mare animali come le foche, più rapide e adattate nuotatrici di loro? L’assenza di un terreno sul quale cacciare porterà all’inevitabile estinzione dell’orso polare. Sia per difficoltà a cacciare che ad allevare la prole, sicuro oggetto di attacchi da parte degli orsi maschi.

Tutti gli esperti etologi e biologi prevedono l’estinzione dell’orso bianco se continueranno a sciogliersi i ghiacci. Non il prof. Lindzen. Un confronto con etologi e biologi lo aiuterebbe a formulare tesi più convincenti.

Il fenomeno ha avuto una decisa accelerata negli ultimi anni. Come rileva il Wwf, la calotta glaciale della Groenlandia sta scomparendo quattro volte più velocemente rispetto al 2003 e contribuisce già per il 20% all’attuale innalzamento del livello del mare. Andando avanti così, cioè con le attuali emissioni, si prevede che l’attuale tasso di scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia raddoppierà entro la fine del secolo. Se tutta la calotta polare presente dovesse sciogliersi, il livello dei mari potrebbe salire di quasi 6 metri.

Oggi l’Artico si sta riscaldando due volte più velocemente di qualsiasi altra parte della terra e il ghiaccio marino sta diminuendo di oltre il 10% ogni 10 anni.

Il dibattito è già finito?

C’è chi ha detto che il dibattito fra IPCC e scettici è ormai finito, il consesso degli scienziati di tutto il modo avrebbe le prove che cercava. (Antonio Scalari, giornalista scientifico, comunicatore della scienza, su valigiablu.it 24.5.2023).  Secondo Scalari spesso anche coloro che intervengono nel confronto, in qualità di esperti, poi non lo sono veramente. In quanto studiosi di branche scientifiche parallele, o comunque studiosi non competenti in materia.

Di recente è intervenuto su La7 Franco Prodi, fisico dell’atmosfera che non si è occupato del cambiamento climatico durante la sua carriera. Questi “scettici” (se proprio non vogliamo chiamarli negazionisti) rilasciano interviste, organizzano convegni, fanno circolare petizioni. Nella quasi totalità dei casi non hanno mai pubblicato nulla di rilevante, riguardo al cambiamento climatico, su riviste scientifiche a revisione paritaria. Le loro tesi si scontrano con ciò che afferma la comunità scientifica. Il negazionismo sfrutta diverse tecniche e argomentazioni. Ma c’è una costante nel suo modus operandi: prendere di mira il consenso scientifico e la sua stessa legittimità. La presenza di pseudo esperti sui media, che si rivolgono direttamente al pubblico, suscita l’impressione ingannevole che il dibattito, nella scienza, sia ancora aperto”.

C’è proprio chi non vuole portare avanti nessun confronto: Mario Tozzi

Contestare il legame tra emissioni e riscaldamento globale è come il terrapiattismo.”

Sostiene in un post su Facebook, il geologo e divulgatore scientifico, Mario Tozzi. Poi ha aggiunto di non voler più partecipare ai talk show o convegni in cui “anche lontanamente, si profili l’ombra di un negazionista” per non dare “nessuna validità di controparte scientifica a chi nega l’evidenza scientifica dei fatti. Non vanno né contrastati, né invitati, vogliono solo fare confusione e ritardare ogni regolamentazione del sistema economico”.

Il clima sulla Terra cambia sempre – sottolinea Mario Tozzima stavolta è diverso. Lo dicono i dati dei ricercatori e la logica. Oggi il cambiamento è velocissimo e riguarda tutto il pianeta, non solo certe zone. Dipende dall’anidride carbonica, dai gas serra in atmosfera e gli unici esseri viventi che possiamo immetterli siamo noi. Non s’è mai visto un leone che accende il gas o un canguro che si cuoce il cibo sulla brace. Gli altri fattori che cambiano il clima sono sempre attivi come il sole o le condizioni astronomiche, ma lavorano su tempi lunghissimi, qui parliamo di tempi brevissimi”.

Per il geologo, “va spazzato via il negazionismo d’accatto, privo di qualsiasi appiglio scientifico, che ha come obiettivo solo far perdere tempo“. Dire che gli scienziati “non siano d’accordo sul cambiamento climatico “è una fake news. Gli scienziati si confrontano sulle riviste scientifiche. “Chi la pensa diversamente su un tema, deve scriverlo, in modo che faccia testo. Se non lo scrivi, da un punto di vista scientifico vale zero, è una chiacchiera e sul clima l’accordo è praticamente unanime”.

I disastri aumentano in quantità e intensità, in modi mai visti da millenni

I fatti incontrovertibili sotto i nostri occhi parlano di incendi a Palermo, nell’isola di Rodi, in Algeria, piogge torrenziali su Milano, alberi sradicati, inondazioni in Romagna, chicchi di grandine grossi come palle da golf che sfondano vetri, ammaccano lamiere, bufere con polveri sahariane. Non è solo l’area del Mediterraneo ad essere interessata a fenomeni metereologici di straordinaria potenza.

Notizie preoccupanti arrivano dall’Asia, inondazioni in Cina e violenti tifoni in Giappone, la riduzione della superfice gelata nell’Artico con gli orsi polari costretti a nuotare per spostarsi da un iceberg all’altro. Angelo Romano, antropologo, ancora su valigiablu.it il 28.7.2023 si lamenta che ci sia ancora “chi semina dubbi, sminuisce, inquina il dibattito pubblico sostenendo che non è la prima volta che d’estate in Italia fa molto caldo e chi parla di crisi climatica usa toni apocalittici”.

D’estate fa caldo, vero, ma il problema è quanto e come

Poi ci sono i media. Romano fa riferimento ad un articolo di Giuliano Ferrara su Il Foglio: “A luglio fa caldo da secoli: facciamocene una ragione invece di sacrificarci all’ideologia”. In effetti i fenomeni citati non spiegano il mutamento climatico, sono fenomeni metereologici. La differenza è che il clima si misura in ere di migliaia di anni, la meteorologia si misura in ore o giorni. Una grandinata distruttiva non significa che il clima sia cambiato.

Ma una serie di dati raccolti nel tempo, ci possono indicare che il clima stia cambiando. Il risultato di tale cambiamento può essere una serie di disastri atmosferici ripetuti, bufere, siccità alternata a bombe d’acqua, innalzamento della temperatura media, scioglimento dei ghiacciai e della calotta gelata e del permafrost dell’Artico e dell’Antartide, l’indebolimento progressivo della corrente del Golfo, tutti fenomeni in grado di cambiare per un periodo lunghissimo le temperature e il tipo di clima sul pianeta.

Il clima è impazzito? Un titolo volgare, per disinformare

Le notizie a volte non sono date in modo corretto. In tv vige il sensazionalismo. Si usano titoli tipo Il clima è impazzito? No, forse è il direttore di Rete 4 che è impazzito a far passare un titolo tanto stupido, nella striscia Diario del Giorno. Andrea Giambruno, compagno di Giorgia Meloni, conducendo il programma, ha sostenuto che le ondate di calore che hanno colpito l’Italia “non sono poi una grande notizia”.

Quando l’inviata a Bari, Rossella Grandolfo, ha provato a dire che “Va data ragione agli scienziati dell’IPCC dell’Onu, che studiano tutto questo e che purtroppo per tutti noi hanno confermato che le ondate di calore rispetto agli anni Ottanta sono aumentate e soprattutto si sono ravvicinate”, il conduttore ha immediatamente minimizzato. D’altronde le coordinate date dal titolo della puntata erano già distorcenti: Clima impazzito o è solo estate?

Come quando si attribuisce un comportamento folle a un fiume che straripa o a una parte di montagna che frana. Pazzi sono coloro che hanno costruito le loro case nel letto del fiume o sui bordi della montagna, che magari hanno condonato nel tempo quella costruzione abusiva, col beneplacito del Comune e del Governo.

La natura non impazzisce. I suoi eventi atmosferici sono conseguenza di altri eventi che sorgono a monte, nel tempo. Che d’estate faccia caldo è un’ovvietà che uno come Giuliano Ferrara non dovrebbe sostenere senza porsi la domanda: “Ma i cicli di calore sono stati sempre uguali? Ci sono delle ragioni che fanno presupporre che non sia la solita ciclica condizione atmosferica?”.

Negare il ruolo umano nel riscaldamento globale serve ai politici che non vogliono fare

Carlo Cacciamani, a capo dell’agenzia meteorologica e climatologica nazionale italiana spiega in un’intervista a The Guardian: “Non è che non si parli di calore, quello che manca è la profondità, ha detto. Devono esserci ulteriori spiegazioni sul motivo per cui questo sta accadendo e su cosa lo sta causando”. Stefano Caserini, professore di cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, “ci sono i giornali di destra che, se non negano apertamente la crisi climatica, sono inattivisti. Nei prossimi anni sperimenteremo ancora più ondate di caldo e attualmente il dibattito qui non è realmente in corso”. 

Non è un caso che giornali con tendenze reazionarie neghino il ruolo dell’uomo nel cambiamento climatico. Ammetterlo significherebbe porsi il problema di come limitare i danni che facciamo all’ambiente con i nostri sprechi e i nostri stili di vita consumistici. Non rientra nel pensiero “filo trumpiano” (non saprei a quale intellettuale di destra, di casa nostra, fare riferimento, forse a Gasparri o a Facci?) pensare di fare dei sacrifici e delle rinunce per salvaguardare l’ambiente.

Trump ‘ha apertamente dichiarato che non è disposto a cambiare il suo stile di vita e a sprecare meno, a consumare meno. Durante la sua permanenza alla Casa Bianca, fece uscire gli Usa da qualsiasi accordo ambientalista stretto in precedenza da altri Presidenti. Forse quando il livello del mare salirà davanti alle coste orientali degli Stati Uniti si ricorderanno di quelle parole e di quei gesti?