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Il Carnevale e la geosinonimia gastronomica

di Massimo Persotti

Cenci, chiacchiere, frappe. Sono appena tre dei tantissimi nomi (Wikipedia ne riporta oltre trenta) del tipico dolce carnevalesco. Tanti nomi ma tutti riportano alla stessa 'delizia'. Per gli antichi Romani era la frictilia,  preparata proprio durante il periodo del nostro Carnevale. In tempi moderni, il dolce ha assunto forma e nome diverso a seconda della regione, addirittura della città. Gli esperti della lingua parlando di tipico caso di geosinonimia gastronomica. Per capirci, come spiega Treccani, sono parole di uso regionale che, nelle varie parti del territorio italiano, designano uno stesso oggetto. Il toscano cenci, in ossequio alla terra culla dell'italiano, ha un'attestazione nei dizionari moderni più chiara e la citazione anche del ben celebre Pellegrino Artusi.

Il cencio in toscana è il brandello, il ritaglio di stoffa. E in tal modo appaiono spesso alla visione: una forma stirata di pasta tagliata dall'aspetto spesso di un nastro. Anche la frappa, tipico di Roma e del Lazio, richiama un lembo frastagliato di un vestito, mentre il Veneto galani connotava in passato una guarnizione, un fiocco sfarzoso e grazioso da indossare in occasioni mondane e frivole. Ma il nome non identifica solo la forma, sovente richiama lo spirito della festa. Chiacchiere nel sud Italia, bugie a Genova e Torino, intrigoni a Reggio Emilia, ma lo stesso verbo frappare (che vuol dire ingannare, ciarlare, millantare) sono chiari riferimenti al gioco degli inganni e degli scherzi che contraddistinguono il Carnevale.

Strufoli, crostoli, guanti, rosoni, galarane, lattughe, sprelle, risòle … nella lingua come in cucina l'assortimento è garantito con grande soddisfazione del palato e non solo.

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