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I padri senza diritti

L’inferno sommerso dei papà separati

La storia di Filippo – Questa è la storia di Filippo, che un giorno purtroppo è stato vittima di un brutto incidente per il quale ha rischiato la vita. Dopo 15 giorni di coma, finalmente il risveglio, seguito subito dopo da una brutta notizia: Filippo non può più camminare. Ma l’uomo di 45 anni, impiegato, si è fatto forza, respirava, era ancora vivo, e questo bastava per andare avanti insieme alla sua famiglia. Ma dopo un anno la moglie gli confessa che non ce la fa a vivere con un paraplegico. Ottenuta la separazione, la figlia viene affidata alla mamma e Filippo è costretto a cercarsi un nuovo appartamento.
Immaginate la vita di un uomo paralizzato: terapie quotidiane e dipendenza dagli altri. Ma nonostante questo, il giudice e gli assistenti sociali hanno deciso che, quando Filippo vuole stare con sua figlia, deve essere lui a recarsi in macchina presso la vecchia abitazione. Il dovere di andare a prendere la bambina spetta comunque a lui.
Nel frattempo nella casa in cui prima viveva anche Filippo, l’ex moglie, che già aveva ottenuto il divorzio da un matrimonio precedente a quello con Filippo, si è stabilita insieme alla bambina, un nuovo compagno e la figlia avuta dal primo matrimonio.

Ma Filippo non è solo. La sua storia colpisce particolarmente, ma come lui sono tanti i papà divorziati senza diritti.
Ernesto Emanuele, dell’associazione Papà separati, osserva che “oggi molti dei matrimoni finiscono col divorzio e anche il numero dei bambini coinvolti è fortemente aumentato. La maggior parte di questi casi viene risolta dal punto di vista legale, ma la battaglia continua fuori dal tribunale. Per questo serve una legge che liberi i tribunali da battaglie infinite e conceda la condivisione del patto educativo. Perché oggi la battaglia è tutta nel dimostrare chi ha tradito di più, chi ha fatto più male per poter scontare gli alimenti che tanto si devono passare”.
Papà separati è una Onlus nata per difendere i diritti dei figli ad avere rapporti frequenti con entrambi i genitori, affidatari e non.

L'esercito dei papà senza diritti – L’esercito dei papà divorziati senza diritti è enorme, ed è destinato ad incrementarsi di unità di soldati dato che le pratiche di separazione aumentano al ritmo del 2% ogni anno.
E’ una realtà diffusa nel nostro Paese quella dei padri separati e disperati, resa ancora più gravosa dagli orientamenti restrittivi della giurisprudenza, e una serie di discriminazioni e violazioni di legge, tanto che anche la Corte Europea in passato ha invitato le istituzioni italiane a trovare soluzioni idonee per le richiamate violazioni dei diritti umani perpetrata a danno dei padri separati.
Questo significa che in caso di divorzio al padre spetta quasi esclusivamente il compito di prestare l’assegno mensile, e il suo ruolo di educatore diventa marginale e secondario rispetto a quello della madre.
Le associazioni che si occupano di famiglia denunciano queste particolarità, e sottolineano che in Italia è ormai diffusa la prassi giudiziaria che privilegia quasi esclusivamente le madri, erigendole ad unico punto di riferimento educativo.
Fortunatamente ciò non accade sempre, ma quando queste situazioni si verificano, allora si manifesta una chiara violazione dei principi di uguaglianza inderogabilmente sanciti dalla Costituzione all'articolo 3 e connessi con la tutela dei diritti del minore, nonostante anche l’Italia abbia sottoscritto la Convenzione internazionale sui diritti dei minori, che sancisce la continuità, la regolarità e l’assiduità del rapporto padre-figlio.

La legge 54/2006 sull’affido condiviso aveva dato una speranza a questi padri di poter trascorrere molto più tempo con i propri figli.
L’approvazione di questa legge ha segnato una svolta fondamentale per il diritto di famiglia italiano: nella maggior parte dei casi, infatti, si è passati da un paio di visite nel week end alla convivenza con i bambini per l' esatta metà del mese, in questo modo riconoscendo l’importanza della presenza di entrambi i genitori nella vita dei figli.
Senonchè i casi di giurisprudenza evidenziano una costante inosservanza delle norme previste dalla legge.
Infatti, ottenuta la possibilità di vedere di più i propri figli, i problemi che sorgono sono altri, come quello della casa di famiglia, quasi sempre sottratta ai papà.
Dove dovrebbero andare a vivere i padri?
Secondo i Tribunali i figli in affido condiviso devono vivere in due appartamenti dignitosi, e sono stabiliti diktat rigorosi anche per quanto riguarda la metratura dei nuovi appartamenti degli ex-mariti; ma i dati della Caritas riferiscono che sono più di 800 mila gli uomini al di sotto della soglia della povertà, uomini che non riescono a pagare un affitto e che spesso sono costretti ad alloggiare nei dormitori pubblici. Emergenza reale confermata dai dati Istat.

L'esperienza del signor Sgorlon – “Mai avrei immaginato di dover descrivere la mia nuova vita: quella del padre separato. Perlomeno non in questi termini. Di certo non pensavo sarei entrato in un girone infernale, in cui io e mia figlia che al tempo aveva 10 anni siamo stati spinti. Una storia che, a posteriori, avrei scoperto simile a tante altre di padri come me”, così dice il signor Sgorlon. “Una storia, la mia, in cui la separazione da consensuale diventa causa e in cui mi son ritrovato ben presto a dover dimostrare di essere un buon genitore, mentre una donna lo è evidentemente per definizione. Oltre a questo il Giudice sentenziò che, oltre a mia figlia io debba mantenere anche la ex, donna che lavora, e mica casalinga, mica disoccupata. Un contratto a tempo indeterminato. Io sono un impiegato di banca con uno stipendio normale. Eccoli qua, i nostri Giudici ci fanno sempre pagare assegni che, calcolati sul nostro 730 e non sui bisogni dei figli, altro non sono che redditi mascherati ed esentasse a favore della madre che non deve rendicontare le spese a fine mese. La legge invece, non prevede invece nessun Genitore collocatario prevalente. Questa figura che i giudici hanno tirato fuori dal cilindro, non ha nulla a che vedere con il ‘condiviso’. Ma questa ‘figura’ ha il beneficio della casa coniugale per un tempo indefinito. L’usufrutto è legato all’indipendenza dei figli, non alla loro maggiore età. E questo privilegio viene sempre assegnato alle donne, indipendentemente da chi sia il proprietario dell’immobile.
Ed ecco la crisi che aggrava situazioni difficili, padri separati che frequentano i ‘ristoranti’ della Caritas, che non arrivano a fine mese tra mantenimenti affitti e nuove spese. Perché il mantenimento va pagato sempre e comunque, anche se ci sono problemi di lavoro. E bisogna sperare che la ex non perda il suo di lavoro, perché la sua cassa integrazione siamo noi. E attorno a noi c’è il silenzio.
Mentre i politici in tv urlano il diritto alla casa per tutti, a noi basta una riga di una sentenza per cancellare questo diritto. Anche se è casa nostra. La casa con tutti gli arredi è assegnata alla donna, mentre l’uomo deve uscire in 30 giorni,con i soli effetti personali”.

Si tratta di un problema culturale? Il nostro diritto evidenzia un vuoto legislativo preoccupante: non vi è soluzione alcuna per i sentimenti di rabbia di certe madri verso i loro ex coniugi, che, quasi sempre a torto, impediscono ai figli di vedere i padri.
In questi casi si potrebbe procedere ricorrendo alle forze dell'ordine, o in alternativa, alla denuncia in sede penale (art 388 cod. pen.) o al ricorso in sede civile sia per ottenere il diritto di visita, sia per l'ipotetica violazione dei provvedimenti già emanati.
Azioni destinate ad alimentare le fiamme dell’Inferno legale che già avvolgono molti papà.

Bisognerebbe piuttosto riflettere sul fatto che il primo e più importante compito del genitore affidatario è quello di permettere all’altro genitore di esercitare positivamente il suo ruolo sui figli.
Non si tratta né di uomini né di donne, si tratta di padri e di madri, al di là di ogni adulterio e ogni guerriglia coniugale.

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