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I mille rischi dei politici-primedonne: Vincenzo De Luca e via gigioneggiando

Crozza è bravissimo e ne fa delle parodie perfette. Ma su certi profili psicologici c’è più da allarmarsi che da ridere

Qualcuno li ha votati e li ha fatti vincere, dopo di che tutti quanti sono/siamo costretti a subirli: ed ecco i mille rischi dei politici-primedonne. Alla Vincenzo De Luca, per citare subito il caso più evidente. Ma di sicuro non il solo. Sia nella politica nazionale, sia in quella locale.

Soggetti che hanno un ego grosso così, e lo esibiscono pure. Compiaciuti al sommo grado. Convinti di potersi espandere ancora e ancora. A oltranza. A dismisura. Fino a giganteggiare.

Tipo la famosa rana della fiaba di Fedro. Per competere con il bue, e apparire altrettanto grande, la rana iniziò a gonfiarsi. A forza di gonfiarsi, scoppiò. Un epilogo tragico, a prima vista. Una specie di “happy end”, a pensarci meglio: perché lì la presunzione faceva una brutta fine. Ossia la fine che si merita.

Nella realtà odierna, invece, la deriva mediatica ha mischiato le carte e confuso i piani. L’importante è colpire l’attenzione. È diventare dei personaggi. Poi, per rimanere su De Luca, si ironizza sugli altri che cercano di fare la stessa cosa ma che evidentemente non sono all’altezza. “Personaggetti”, li liquidava appunto ‘O Sbraitatore ‘e Salerno. Prima di finire nel mirino di Crozza e di dover abbandonare, assai a malincuore, quella parolina ormai abusata dall’imitatore e ridotta a tormentone.

Pura vanità? Assolutamente no. E nemmeno solo un calcolo cinico da imbonitori che mirano a sfruttare la credulità e la dabbenaggine del pubblico di turno.

La questione è ancora più ampia. Più infida. Più pericolosa.

I mille rischi dei politici-primedonne

Il problema non si esaurisce nel fare leva sul bisogno innato, dei più, di avere comunque dei leader in cui credere. Nei quali identificarsi. E ai quali affidarsi. Laddove, come è noto, il desiderio si appunta dove può. E si incanala dove capita.

All’occorrenza, quindi, anche su figure mediocri, o del tutto posticce, che in assoluto farebbero ridere. Ma che in mancanza di meglio finiscono col rimpiazzare i capi carismatici, o quantomeno autorevoli, di cui non c’è più traccia.

Il problema – la patologia – è che gli elettori non tengono in alcun conto il profilo psicologico dei politici che si trovano a dover valutare. Per il semplice e terribile motivo che, salvo eccezioni, lo ignorano altrettanto per quanto riguarda loro stessi. Il diritto di voto viene confuso, anche su questo versante, con l’effettiva capacità di giudizio. Il diritto universale cancella la necessità di qualsiasi verifica individuale.

I criteri, si fa per dire, sono di altro tipo. Da un lato, la contrapposizione faziosa: voto quelli della mia parte per dare contro a quelli della parte opposta. E se i miei non sono un granché, pazienza. Meglio una mezza cartuccia nel mio fucile che una pallottola ad alto potenziale nelle armi altrui. Nelle armi del nemico.

Dall’altro lato, ci si concentra sui programmi. Ossia sui cataloghi delle buone intenzioni. O delle false promesse. Dimenticando che questi elenchi non sono affatto tassativi, tanto più in un sistema come il nostro che non prevede il vincolo di mandato, e che una volta eletti i politici agiranno sulla base e sulla spinta delle proprie motivazioni soggettive.

Anche sorvolando sull’opportunismo istintivo e sul tornaconto deliberato, per non mettere altra carne al fuoco, saranno influenzati pesantemente dal proprio carattere e dalla propria personalità.

Ossia dal loro ego.

Appunto: i mille rischi dei politici-primedonne.

Il narcisista, il superstizioso, l’ossessivo, il sanguigno…

Di questi temi delicatissimi e cruciali si occupò approfonditamente, già parecchi anni fa, lo psichiatra e psicoterapeuta Piero Rocchini, che i politici li conosceva bene per essere stato consulente psicologo della Camera dei Deputati per ben nove anni.

In una serie di libri intimamente connessi e che in parte utilizzavano gli stessi contenuti, “Le nevrosi del potere”, “Manuale di autodifesa del cittadino” e “Onorevoli sul lettino”, scandagliò a fondo la questione. Per un verso, esponendo le linee generali. Per l’altro, riportando ampi stralci, ovviamente anonimi, dei dialoghi che aveva avuto con i suoi “onorevoli pazienti”.

Le tipologie passate in rassegna si commentano da sole:il narcisista, il superstizioso, l’ossessivo, l’ipocondriaco, il dipendente, il depresso, il sanguigno. Un elenco che si potrebbe certamente ampliare. E che meriterebbe di essere attualizzato in riferimento al quadro politico, e mediatico, che si è sviluppato nel frattempo. Che si è aggravato nel frattempo.

Limitiamoci a un paio di direttrici, per non allargare troppo il discorso.

La prima è più che mai legata a quanto sta accadendo negli ultimi mesi, nell’ambito dell’emergenza da Covid-19: inalberando il vessillo della salute pubblica, e facendone una priorità che annichilisce qualunque altra opzione, ci si erge a Guardiani Indiscussi e Indiscutibili. Trattando i cittadini come bimbetti immaturi e capricciosi, da inchiodare a prescrizioni rigorose e puntualmente sanzionate.  

Domanda: dove finisce la necessità oggettiva di essere rigorosi e dove comincia, invece, la smania di dominio? È spirito di servizio o è ebbrezza da potere?

La seconda ci riporta a quanto già scritto all’inizio. Alla deriva mediatica che privilegia le frasi a effetto in stile Twitter e gli assolo da talkshow o da conferenza stampa in diretta tv. I moniti sprezzanti alla De Luca. I paternalismi ammiccanti alla Giuseppe Conte. E via pavoneggiandosi.

Una volta c’era il cosiddetto “cursus honorum”. Adesso c’è una sorta di “cursus spettacolorum”. I politici come showmen, o aspiranti tali. Battute e lazzi a volontà. Decisionismi da operetta. La popolarità mediatica al posto del consenso politico degno di tal nome.

Intelligenze, o furbizie, sottratte al mercato delle vacche.

Braccia, o facce, sottratte all’avanspettacolo.

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