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Guerra in Ucraina, la nave russa inabissata e la “propaganda bifronte”

Il Ministro degli Esteri di Kiev, Kuleba, non conferma la versione Usa sull’affondamento dell’incrociatore Moskva. E non è l’unico caso, come denuncia da tempo Toni Capuozzo

L'incrociatore Moskva in fiamme prima di inabissarsi nel Mar Nero, guerra ucraina

L'incrociatore Moskva in fiamme prima di inabissarsi nel Mar Nero

La guerra in Ucraina, tra le altre cose, ha creato due tifoserie contrapposte, ognuna manicheamente convinta che il Male alberghi presso la controparte. Eppure, in un contesto militare le zone grigie sono infinitamente più numerose di quelle bianche e nere. Come dimostra anche il clamoroso sviluppo sull’incrociatore russo Moskva, recentemente colato a picco nel Mar Nero.

L'incrociatore Moskva in fiamme prima di inabissarsi nel Mar Nero, guerra ucraina
L’incrociatore Moskva in fiamme prima di inabissarsi nel Mar Nero

Kuleba smentisce il Pentagono

Ha destato molto scalpore, nei giorni scorsi, l’affondamento della nave ammiraglia della flotta della Russia, sulle cui cause c’è stata fin dall’inizio una forte incertezza. Come infatti riportava il Corsera, il Cremlino aveva attribuito a un incidente l’esplosione fatale, e a una tempesta il successivo inabissamento dell’unità al largo di Odessa. Per contro, come scriveva Sky TG24, il colonnello Maksym Marchenko, Governatore della Regione, aveva sostenuto la tesi di un attacco di Kiev con missili Neptune. Tesi poi avallata e rilanciata ufficialmente dal Pentagono, oltre che – ça va sans dire – dalla (quasi) totalità dei media mainstream.

Maksyim Marchenko
Maksym Marchenko

In un secondo momento, però, il Ministro degli Esteri dell’Ucraina Dmytro Kuleba ha rilasciato un’intervista esclusiva a France24. Durante la quale, a domanda diretta dei cronisti transalpini, il diplomatico si è rifiutato di confermare formalmente la versione made in Usa. Limitandosi a dichiarare che «la verità è che la nave ammiraglia si trova in fondo al Mar Nero».

Dal momento che per il Governo di Volodymyr Zelensky non avrebbe senso non rivendicare un simile successo, l’ipotesi più verosimile è che fosse un caso di “propaganda buona”. E potrebbe non essere affatto l’unico.

La guerra in Ucraina e la propaganda bifronte

«La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo». Così parlò Toni Capuozzo a La Nuova Bussola Quotidiana, aggiungendo che «in guerra la prima cosa per chi fa informazione è quella di coltivare dubbi». E che «in un conflitto non ci si può permettere il lusso del tifo».

Toni Capuozzo
Toni Capuozzo

Il decano degli inviati di guerra, co-firmatario di un appello a rifuggire la semplicistica narrazione dominante, ha ricordato che la manipolazione bellica è bifronte. «Anche chi è aggredito ha bisogno della sua propaganda per convincere la comunità internazionale a sostenerlo».

Propaganda di guerra
Propaganda di guerra

Il popolare ex volto del TG5 ha citato tra l’altro la nota tragedia di Bucha, in cui non tutto sembra tornare. Per esempio, «in quella sfilata di corpi non c’è sangue», il che potrebbe significare che «hanno sparato a quei corpi quando erano già morti». Inoltre, alla liberazione della città il sindaco ha esultato senza fare alcun riferimento alla strage, di cui si è iniziato a parlare solo quattro giorni dopo.

Immagini di devastazione da Bucha, guerra ucraina
Immagini di devastazione da Bucha, in Ucraina

«In guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte» ha ribadito al Fatto Quotidiano il giornalista, le cui perplessità gli sono costate il marchio di filo-putiniano. Un’associazione aveva addirittura chiesto, forse in analogia con la censura della RAI contro Alessandro Orsini, che gli venisse revocato il “Premio Ischia Internazionale di Giornalismo”. L’istanza è stata cestinata dalla Fondazione che assegna il riconoscimento, non prima però di suscitare la replica, tra il serio e il faceto, del diretto interessato. Che ci aveva tenuto a precisare che «non erano frasi pro Putin. Pro ricerca della verità, piuttosto».

Verità che, già secondo Tito Livio, “soffre spesso”, soprattutto – aggiungiamo – quando c’è chi ne rivendica il monopolio. Verità che però, concludevano gli antichi Romani, alla fine “non muore mai”.