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Fiction Generale dalla Chiesa. Il figlio Nando: “Di lui gli italiani non sanno nulla”

Lo scrittore, figlio del generale ucciso dalla mafia: “Le istituzioni non sono state solo corruzione. Ma sacrificio per tutti i cittadini”

Nando dalla Chiesa sorridente

Nando dalla Chiesa

Una miniserie in 4 puntate che descrive un visionario, osservante delle istituzioni. Un rappresentante delle forze dell’ordine legatissimo ai carabinieri, in grado di inventare un metodo innovativo per combattere i brigatisti. Un lavoro che tratteggia l’uomo, nella sua natura genuina e appassionata natura.

Parte questa sera “Il nostro generale” la miniserie dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale e prefetto italiano, barbaramente assassinato il 3 settembre 1982 in un agguato mafioso nel quale persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

La serie di Lucio Pellegrini, interpretata da Sergio Castellitto, si concentra sul periodo storico dal 1973, quando il generale Dalla Chiesa viene trasferito da Palermo a Torino, al 1982.

La fiction è stata scritta da Monica Zapelli grazie alla consulenza del giornalista Giovanni Bianconi. Per la realizzazione sono stati coinvolti i familiari del generale, insieme ad alcuni membri del Nucleo Speciale. Un lavoro di sinergia che insieme ai filmati d’epoca ha contribuito a un più efficace compimento dell’opera.

Abbiamo intervistato Nando dalla Chiesa, scrittore e politico italiano, figlio del generale, per conoscere meglio la fiction.

E’ sempre un’opportunità, quando la cinematografia mette in risalto figure come quella del generale…

“E’ un contributo alla ricostruzione storica che spesso è passata per accenni minori o riferimenti lontani, qualche volta retorici. Spesso, intrisi di malizia. Questa è una ricostruzione che parte dai fatti e sono i fatti raccontati con il punto di vista di chi ha combattuto il terrorismo, che non è mai stato esplorato”.

E’ questo l’aspetto che più viene messo in luce, rispetto a riferimenti del passato, precedentemente realizzati?

“Direi di sì. Dei precedenti ce n’è uno sui cento giorni che è però soltanto relativo a Palermo. Mentre qui la gran parte è dedicata alla lotta al terrorismo. C’è un tentativo di ricostruzione storica che mi sembra riuscito. E’ importante perché non è mio padre che ha fatto la lotta al terrorismo. Lui l’ha guidata. E con lui c’erano delle persone che hanno dedicato la vita. Di cui gli italiani non sanno nulla”.

Di qui l’esigenza, immagino anche rivolta al pubblico più giovane, di narrare l’esperienza di personaggi di siffatta caratura?

“Sì. Per far capire che le istituzioni non sono state soltanto quelle di una storia che ogni tanto emerge nei suoi tratti di corruzione e inaffidabilità. Sono state anche quelle sacrificate per tutti i cittadini. C’è stato un gruppo di persone che lo ha fatto. Consapevolmente”.

C’è un aspetto che desidera far conoscere maggiormente agli italiani, magari non meglio raccontato?

“Il film nasce da questa esigenza. Veramente bisogna non ricordare ciò che hanno dato queste persone?! Se c’è un pool di magistrati viene ricordato, se c’è un nucleo antiterrorismo non viene ricordato. Perché?”.

Il nostro generale“, inizialmente programmata per lo scorso settembre, andrà in onda il 9-10-16-17 gennaio in prima serata su Rai 1. E’ disponibile anche per la piattaforma RaiPlay.