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Femminicidio di Genova: Clara sapeva che le istituzioni sottovalutano le denunce

Il femminicidio di Clara a Genova ha delle connotazioni più inquietanti degli altri femminicidi, che purtroppo sono aumentati durante la pandemia

Femminicidi

Immagine simbolo che rappresenta la lotta contro la violenza sulle donne

Il femminicidio di Genova ha delle connotazioni più inquietanti degli altri femminicidi, che purtroppo sono aumentati durante la pandemia. Perché le convivenze forzate hanno evidenziato fenomeni di rilevanza psichiatrica che si manifestano con un aumento di violenza. Un aumento che in quanto avvocata familiarista riscontro anche nella mia attività professionale. Alle separazioni e divorzi, nelle crisi coniugali, si sono purtroppo aggiunti fenomeni di violenza su donne e minori.

Ma cosa c’è dietro questi femminicidi? Voglio premettere che non mi piace questo termine, ma occorre utilizzarlo, in quanto la legge lo definisce così. Cosa qualifica in modo grave questi delitti contro la vita della persona?

Femminicidio di Genova: rassegnazione a un destino ritenuto ineludibile

I giornali hanno parlato di questo fatto contrassegnandolo come rassegnato, cioè che la vittima, Clara, avesse provveduto a pagare il proprio funerale, per non pesare sul figlio disabile e sul padre anziano. Dunque una forma di depressione implicita per questa donna che non riusciva a liberarsi di questo ex compagno disoccupato e ludopatico.

La ludopatia come tutte le dipendenze è terribile. Probabilmente si rivolgeva alla donna per ottenere denaro. La perseguitava, vandalizzava le vetrine, la ossessionava con chiamate, minacce, ma paradossalmente lei non lo ha mai denunciato. Forse questo passaggio della vicenda è il più inquietante. Perché non lo aveva denunciato?

Perché evidentemente aveva sfiducia nelle istituzioni. Quante donne sono state uccise nonostante le denunce?

Quanti allarmi sottovaluti e minimizzati e poi conclusi con l’omicidio? La donna era già rassegnata a un destino che riteneva ineludibile. E quindi si è lasciata andare ad una situazione che sapeva di non poter gestire e che nessuno la avrebbe aiutata. Si sentiva sola. Sola nel privato e sola da parte delle istituzioni. Questo delitto lascia dietro di se la disperazione di tutte le donne in pericolo, che non vedono un appiglio.

Dal punto di vista mediatico occorre smettere di parlare di raptus, di follia omicida di un momento. Gli uomini uccidono perché continuano a ritenere le donne una loro proprietà privata e non vogliono rinunciare. Donne come oggetti che se funzionano bene, altrimenti vengono rottamati. Mi chiedo se parlarne possa essere un motivo di emulazione, se parlarne possa avere gli effetti contrari a quelli sperati. Questo per dire che è un fenomeno delicatissimo, feroce, complesso e pericoloso. Se ci sono donne che si pagano la tomba, vuol dire che questi femminicidi sono fuori controllo e dobbiamo fare qualcosa subito.

Laura Vasselli, Avvocata Familiarista

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