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Ergastolo a Giandavide De Pau: la corte d’assise chiude uno dei casi più inquietanti degli ultimi anni a Roma

Giandavide De Pau condannato all’ergastolo per il triplice omicidio del 2022 a Prati. Ricostruzione dei fatti, perizia psichiatrica e reazioni alla sentenza

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La corte d’assise ha condannato all’ergastolo Giandavide De Pau, riconosciuto responsabile del triplice omicidio avvenuto nel novembre 2022 nelle vie di Prati. Una decisione maturata dopo una camera di consiglio protratta per ore, segnale della complessità del caso e del peso delle prove portate in aula. Il verdetto mette un punto fermo su una vicenda che ha colpito al cuore la capitale, per brutalità dei delitti e rapidità con cui si sono consumati.

Ergastolo a De Pau: come si è arrivati alla condanna

La ricostruzione dei fatti, ormai consolidata, parte da un appartamento di via Riboty. Qui Yan Rong Li e Jung Xia Yang, sex worker attive nella zona, hanno un appuntamento con De Pau. Nel giro di pochi minuti la situazione degenera e le due donne vengono uccise con decine di coltellate. L’uomo riprende tutto con il cellulare, un elemento che gli inquirenti ritengono dirimente per attribuire piena responsabilità all’imputato. Sulle ragioni, invece, non è stato possibile ottenere certezze. Gli investigatori hanno analizzato diversi possibili impulsi o stati alterati, senza però arrivare a un’interpretazione definitiva.

Dopo aver lasciato via Riboty, come confermato dalle telecamere presenti in strada, De Pau raggiunge un altro appartamento non lontano, in via Durazzo. Lì vive e lavora Marta Castano Torres, sex worker colombiana. Anche per lei l’incontro si trasforma in un’aggressione feroce: cinquanta coltellate, alcune inflitte quando la vittima era già a terra senza vita. Una violenza che, secondo la procura, rivela un livello di pericolosità tale da rendere inevitabile la richiesta della pena massima prevista dall’ordinamento.

Perizia psichiatrica: perché i periti hanno ritenuto De Pau capace di intendere

Un nodo centrale del processo ha riguardato la salute mentale dell’imputato. La difesa, guidata dall’avvocato Alessandro De Federicis, ha puntato sul ruolo del consumo di cocaina sostenendo che l’abuso continuato avrebbe compromesso la lucidità dell’uomo, rendendo impossibile attribuirgli piena imputabilità. La perizia psichiatrica disposta dal Tribunale ha però respinto questa tesi.

I periti hanno affermato che la condotta di De Pau nei minuti successivi ai primi due delitti mostrava una gestione consapevole delle proprie azioni: il passaggio da un luogo all’altro, l’uso del telefono, il tentativo di muoversi senza attirare attenzione. Tutti elementi incompatibili con un crollo della capacità di intendere. La loro relazione ha avuto un’incidenza decisiva nella scelta della corte.

Reazioni dopo il verdetto: sollievo e impegno rinnovato

All’uscita dall’aula, le parti civili hanno accolto con sollievo la decisione. Gli avvocati Emilio Malaspina e Angela Speranza Russo, che assistono i familiari di Marta Castano Torres e che lo scorso anno hanno fondato l’associazione «Per Marta e le altre», hanno sottolineato l’importanza di una sentenza capace di confermare la responsabilità dell’imputato e di riconoscere la gravità di quanto accaduto. Per loro il verdetto rappresenta un passo significativo anche sul piano simbolico, perché restituisce dignità alle tre donne uccise e rafforza il lavoro di chi ogni giorno tutela persone esposte a rischi elevati.

Un caso che interroga Roma e i suoi equilibri sociali

La condanna all’ergastolo chiude formalmente il procedimento, ma lascia aperti interrogativi sul contesto in cui i fatti si sono verificati. I magistrati hanno evidenziato come il profilo di De Pau fosse segnato da comportamenti problematici, dipendenze e passaggi in ambienti legati alla criminalità. Una serie di elementi che non giustificano gli omicidi, ma che mostrano un tessuto urbano in cui fragilità e violenza possono insinuarsi con facilità.