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“Er Carnevale de Meo Patacca” al Teatro Don Guanella

Dopo il brillante esordio al Teatro Tirso de Molina e i consensi di pubblico e critica ottenuti alle Terrazze dell’Eur la scorsa estate

Dal 14 al 24 aprile 2016  al Teatro ‘Don Guanella’ di Roma l’Associazione del Piano di Sopra mette in scena la commedia musicale ‘Er Carnevale de Meo Patacca’ scritta da Claudio Natili e Carlo Giustini. Protagonista nel ruolo di Meo Patacca è Avio Focolari.

L’Associazione Culturale Quelli del piano di sopra, dopo il brillante esordio al Teatro Tirso de Molina e i consensi di pubblico e critica ottenuti alle Terrazze dell’Eur la scorsa estate, ripropone al Teatro ‘Don Guanella’ di Roma ‘Er carnevale de Meo Patacca!’ , commedia musicale di tradizione romanesca in due atti scritta da Claudio Natili che ne cura altresì la regia e firma le musiche, e da Carlo Giustini. Si tratta di una farsa originata dalla maschera del ‘Miles gloriosus’ di Plauto che trova fertile radicamento  nella commedia dell’arte del 600 allorché l’epopea del personaggio capitolino eroicomico più longevo e smargiasso viene portata in scena dal commediografo e attore romano Giuseppe Berneri.

Da allora le gesta di Meo Patacca apparterranno per sempre alla tradizione popolare segnatamente trasteverina che  immortalerà  in seguito Jaccaccio, Rugantino e il Conte Tacchia, stereotipi della spavalderia e dell’insolenza, dell’impudenza e dell’ostentazione del  coraggio, ma anche  vittime designate come Cassandrino e Don Pasquale, caratteri ingenui e sprovveduti, divenute tutte icone universali del costume e della narrativa di genere.  Il lavoro degli autori si ispira molto liberamente all’opera in versi del Berneri ‘Roma in feste nei trionfi di Vienna’ pubblicata nel 1695 , che prende spunto da  un episodio realmente avvenuto il 12 settembre del 1683, la battaglia di Vienna, città baluardo della cristianità presa d’assalto dall’offensiva delle truppe ottomane e finalmente liberata dopo due mesi di assedio e di strenua resistenza.

La vicenda è ambientata nella Roma del potere temporale di papa Innocenxo XI, capo spirituale austero e moralizzatore, artefice della chiusura di tutti i luoghi di spettacolo, teatri in primis, nell’epoca in cui le compagnie teatrali itineranti portavano sulle piazze un repertorio di composizioni spesso improvvisate tra insidie di ogni tipo, prepotenze dei committenti  e censura clericale. E’ la Roma popolana dei rioni, colorita e chiassosa, fatta di botteghe di artigiani tuttofare, di millantatori guappi e di creduloni , di sbirri e ceffi  di malaffare ma anche di gente onesta e comune, un sottobosco propizio per la dimora di intrighi, raggiri e beffe, di matrimoni di interesse, una Roma autentica ricca di contrastata umanità.

Dopo essere sopravvissuta agli strali della censura nel corso del 700 ed essersi arricchita di contaminazioni con  l’ innesto di  trame apportate dalla satira pungente di due attori dell’800, Annibale Sansoni e Filippo Tacconi detto il Gobbo, la maschera di Meo Patacca è giunta ai giorni nostri ridestata dalla  maiuscola interpretazione cinematografica di Gigi Proietti del 1972 che ha spazzato così la stagione del dimenticatoio a cui era stata destinata.

Lo spettacolo messo in scena al Don Guanella è il risultato del lavoro di un nutrito cast di amici che antepone ad ogni altra considerazione la passione incondizionata per il teatro, l’arte, la musica e per la cultura del divertimento d’autore coniugate con un sano approccio goliardico e solidale. Il protagonista è un bravaccio spaccone e piacione, sempre in vena di battute irriverenti e scherzi improponibili, circondato da sudditi fedeli e un po’ beoti come si conviene ad un guappo impenitente e indiscusso.

Avio Focolari, un ibrido fra Ubaldo Lay e Franco Citti in versione bulli de noantri, è un convincente Meo Patacca. Attore nonché musicista dotato di personalità e mestiere, naturalmente a suo agio per disposizione sorretta da carisma misto a talento, riveste un ruolo che  esalta  un’interpretazione  da manuale. Il sipario si apre con il refrain corale ballato di ‘Festeggiamo er  Carnevale…’  mentre Ylenia De Angelis impersona lo spirito del carnevale danzando  inguainata in calzamaglia dorata. Fa seguito ‘Se ti innamori a Roma ’ cantata superbamente da Sara Signorelli e Alessandro Loreti la cui somiglianza con Maurizio Mattioli è impressionante. Fa da ambientazione del Carnevale la piazzetta di S.Teresa con la ‘Locanda  der Pellegrino’ di Sor Sparagna (imperturbabile Francesco Testa), la chiesa di don Fuffa (esilarante Rocco Aversano) e la bottega di Sor Du’ sole (Alessandro Loreti). Il primo scherzo tocca al mal capitato Oreste (Alex Lai) investito dal getto di una soluzione liquida che non è acqua salata ed è opera delle sorelle Pancrazia (Daniela Rosci) e Orazia (Pina Rossetti) disturbate dal fracasso dei nottambuli carnacialeschi.

Meco (Marcello Galletti, macchiettista formidabile) è l’ubriacone che beve per dimenticare l’ossessione della moglie Orazia ma più beve e più se la ricorda. Orazia e Meco hanno un figlio terremoto, il piccolo Ninetto (Francesco De Fabiani, autentico enfant prodige!) che si guadagna qualche scudo a bottega da Sor Du’ sole estraendo i denti quando non risuola le scarpe! E poi c’è Lucrezio (Maurizio Melaragni), cognato di Meo, in attesa dell’apertura del negozio del dentista ciabattino. In preda al dolore, entra in scena con una vistosa fascia che gli inanella il viso come il fiocco decora l’uovo di Pasqua ed è bersaglio degli sfottò di tutto il quartiere.

Darà il meglio di sé allorché, spogliatosi dei panni di spalla di cotanto eroe, si travestirà da Marchesa da Camerino  per organizzare l’irresistibile finale che dovrebbe incastrare il vero Marchese.  Finalmente l’ingresso di Meo Patacca infiamma la platea; la presentazione è da puro autocompiacimento e i suoi accoliti ne riconoscono l’autorità suprema ritmando in coro la verità rivelata. ‘So’ bello, bullo e ballo tanto bene, er mejo de Trastevere che c’è…E quando che arrivo ve dovete da scansà…’ E’ solo il preannuncio forte e chiaro che innesca una girandola goliardica di lazzi e frizzi e soprattutto burle e inganni che rappresentano il sale dell’umorismo popolare di cui Meo Patacca è dispensatore pressoché esclusivo.

Coadiuvato dalla verve di Peppe L’Oca(il divertente Claudio Emiliani) suo luogotenente frastornato, imbastisce lo scherzo dei cerusichi, falsi medici con maschera protettiva antipeste, ai danni di Marco Pepe (Salvatore Lambiasi). Di grottesco effetto le battute da nonsense fra i due compari come gli ambigui intercalari. L’impresa di Vienna contro gli infedeli e il racconto degli impalati è la prova mai rischiata dell’ardimento e del valore del ‘liberatore’, è assunto inconfutabile come ‘è vero che a Vienna c’è il mare’.

L’amore fra Rosina (deliziosa Monia Bucchi) e Farfujia (il balbettante spassoso Emanuele Pedini) ) è osteggiato dal solito Marco Pepe che merita un avvertimento. Poco importa se l’imprevisto accidentale orienterà gli eventi verso il coup de théatre ; il lieto fine rimarrà illeso. Vibrante interpretazione da soprano del serenante sostituto, ancora Oreste, alias Alex Lai, servitore del marchese di Gavignano (l’inimitabile caratterista Renato Merlino) che asseconda il labiale di Geppa (Nicolò Stanghetti) spasimante di Fiammetta (Eleonora Pedini).

La Sora Cencia (Isabella Di Belardino) è una popolana disorientata dalla ovvietà insignificante di  un marito, Marco Pepe, credulone e ipocondriaco. In tutto questo tourbillon di umanità peccatrice, c’è chi, come don Fuffa, il prete stravagante e fustigatore ( Rocco Aversano), vuole redimere tutti a suon di sganassoni. Il marchese di Gavignano   cerca   moglie e si scatena la caccia spietata  fra le beltà vere o presunte di Trastevere ma contro ogni  tentativo messo in atto da mamme e figlie poco gaudenti ma molto pretensiose, a prevalere sarà Stella (Annalisa Marcone) la donna a ore che tutti cercano per un po’ di calore ma nessuno vuole. L’esibizione di Annalisa Marcone è da incorniciare. Splendida, esuberante soubrette, recita e canta con irrisoria sicurezza.

Una padronanza espressiva e degli spazi che tramortisce. E’ ormai una conferma. La scena finale la ruba ancora Meo Patacca con l’ultima trovata che lascia nella costernazione il suo seguito di seguaci e sta per mettere in gramaglie Mara ( divertentissima Simonetta Sioni) l’ingombrante innamorata non corrisposta. Ma Meo Patacca è garanzia di immortalità conquistata nei secoli e il mito sopravvive come l’emblema della romanità che la sua maschera legittima. La passerella di  costumi del Carnevale che chiude lo spettacolo è un campionario pirotecnico che inebria mentre la sigla di chiusura è un crescendo di toni  che coinvolge lo spettatore e lo irretisce, è l’esaltazione  in musica dell’appartenenza ad una città senza tempo.

Bravi tutti gli artisti, compresi Claudio Caruso e Silvia Loreti nel ruolo di popolani; cantano ballano e recitano con grande disinvoltura. Un cast di assoluto livello, una commedia musicale confezionata con professionalità in ogni componente, una  originale rappresentazione nel rispetto della tradizione .

Aiuto regista Maria D’Alessandro. Arrangiamenti musicali di Adelmo Musso. Luci-fonia-grafica di Fabio M.Forzato. Coreografie di Stefania Toscano. Assistente coreografa Eleonora Pedini. Costumi di Tina De Marco. Scene di Jacopo De Bonis, movimenti scenici di Stefania Toscano. Assistente di scena Elena Tomei che ha curato le fotografie del backstage. Organizzazione e ottimizzazione di Rita Pucci e Gabriella Galli.

Sebastiano Biancheri

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