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Ebola, quel Pulitzer che infrange il silenzio dei media

Il tema torna oggi al centro dell’attenzione mediatica in occasione del Pulitzer a Daniel Berehulak

Cosa ne è stato di Ebola? L’allarme contagio, i casi sospetti e il tam-tam mediatico che ha riempito le cronache giornalistiche di mezzo mondo, per mesi, sono finiti nel dimenticatoio. Mentre tutto tace, del terribile virus che ha minacciato l’occidente, proprio a partire dalle nostre coste, e falcidiato 9 paesi africani non si hanno dati definitivi.

Il tema torna oggi al centro dell’attenzione mediatica, seppur in altra veste, con tutta la sua drammaticità in occasione dell’ultima edizione del Premio Pulitzer.

Daniel Berehulak, fotografo freelance australiano è stato premiato per le fotografie, pubblicate dal New York Times, con cui ha raccontato l’epidemia di Ebola nell’Africa occidentale. Nel 2014, Berehulak ha trascorso più di 14 settimane in Liberia e Sierra Leone. “La maggior parte degli inviati si trattengono qui dai 5 ai 10 giorni”, aveva commentato il freelance in un’intervista rilasciata al TIME lo scorso anno, parlando dei rischi ai quali si è esposto per portare a termine il suo documentario. Berenhulak ha sfidato l’epidemia di “silent killer”, armato di coraggio, macchina fotografica ma anche di: “300 paia di guanti, 35 tute di protezione, occhiali, maschere chirurgiche, disinfettanti per le mani e diversi rotoli di nastro”.

Un coraggio che non è passato inosservato, tanto che la commissione Pulitzer ha definito il suo lavoro “gripping” e “courageous”. Berehulak ha dedicato il suo successo “a tutti coloro che hanno condiviso con me questo lavoro, permettendomi di documentare questo spaventoso e terribile virus”. 

Ma Ebola è ormai davvero consegnata alle vetrine culturali e alla storia? Oppure no?

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