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Riflessioni

È tempo di letargo dopo un’estate terribile. Forse così torneremo a sentirci di nuovo umani

di Massimo Benedetti
Dopo l'estate, forse nel buio profondo della nostra intima tana, al risveglio riusciremo a trovare la vera essenza umana
Spiaggia e mare di Ostia

L’ultimo colpo di coda di un’estate torrida, per alcuni addirittura la più calda degli ultimi decenni e poi giù nella nostra tana, al buio, pronti ad affrontare la stagione fredda. Sì, quel che ci occorre è proprio un bel periodo di letargo, un periodo da passare a luce spenta ognuno dentro la propria tana. In quella condizione di sonno-veglia che possa disintossicarci dall’umana condizione raggiunta.

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D’altronde la colpa è anche un po’ del sole, che illuminando troppo con i suoi raggi ci ha restituito e messo a fuoco la nostra vera dimensione umana, in questa estate dove a bruciare, oltre a qualche bosco, è stato il residuo fisso di un’anima arcaica dimenticata dietro lo sfondo di uno smartphone. Tra un anticiclone tropicale e le tempeste di grandine ci siamo dovuti interrogare se è colpa della gonna che una ragazza indossa o del gruppo che poi la violenta, abbiamo dovuto discutere fra noi se un’orsa e i suoi cuccioli hanno la concezione, come noi umani, di confine e prendere quindi atto che li c’è un cartello con su scritto “Proprietà privata”, e non si deve scavalcare la recinzione.

Colpa di una luce forte che improvvisamente ci ha fatto scoprire che esistono zone periferiche delle nostre città, dove le leggi della giungla a confronto sono manuali di giurisprudenza. E ancor più grottesco e offensivo scoprire poi, che l’invio di un plotone di poliziotti il giorno dopo è come la squadra di bidelli che la preside inviava a scuola dopo carnevale a ripulire le aule quando la festa si era svolta nel sottobosco del giardino. E poi il caldo afoso, opprimente, che ha rallentato anche le più fresche menti dei nostri benpensanti.

Un’afa avvolgente che ci ha restituito concetti straordinariamente moderni come quello che i poveri consumano alimenti più ricchi e sani, o il concetto che un salario minimo più alto, impoverisce l’economia. Insomma un’estate torrida che ha sciolto gli involucri di domopak dentro i quali ci conservavamo e ha permesso di assaporare l’odore acre di putrido della decomposizione. Perché svuotare una piscina con dentro ancora i bagnanti o far partire un cantiere mentre i treni passano solo per risparmiare sulla paga orario dei lavoratori, è qualcosa di putrido.

Vuoi mettere una tavola imbandita con tanto di ragazza infarcita sopra o essere il presidente, e quindi avere la possibilità di esprimere la propria gioia baciando in bocca la prima che passa. Ma tanto tutto passa, un po’ come le stagioni e poi ci sarà sempre un carrozziere che saprà riparare il tettuccio di una macchina usata come gradinata o una madre che giustificherà il figlio dicendo che la capretta era già morta o pagherà il conto del ristorante in cui si e mangiato.

L’importante è trovare sempre il colpevole, perché solo così possiamo dire di aver risolto il caso. Solo così le cose succedono, ma non per colpa nostra. E occhio, perché già si comincia a ripuntare tutti il dito verso qualcuno e sappiamo come andò a finire l’ultima volta. Chissà se l’intelligenza artificiale con la quale abbiamo discusso sotto gli ombrelloni potrà arrivare a tanto. Intanto prepariamoci al nostro letargo. Forse nel buio profondo della nostra intima tana, al risveglio riusciremo a trovare la vera essenza umana.

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